Monkodonja: istraživanje protourbanog naselja brončanog doba Istre Knjiga 1. Iskopavanje i nalazi građevina
Gespeichert in:
Hauptverfasser: | , , |
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Format: | Buch |
Sprache: | Croatian German |
Veröffentlicht: |
Pula
Arheološki muzej Istre
2015
|
Schriftenreihe: | Monografije i katalozi / Arheološki Muzej Istre
25 Monografije i katalozi / Arheološki muzej Istre |
Online-Zugang: | Abstract Inhaltsverzeichnis |
Beschreibung: | 588 Seiten Illustrationen, Diagramme, Karten 7 Karten |
ISBN: | 9789536153930 |
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519
Sintesi e conclusioni
Per dodici anni di seguito, dal 1997 al 2008,
ogni anno per quattro settimane, quattro istitu-
zioni scientifico-culturali - il Museo archeologi-
co delFIstria in Pola, la Freie Università! di Berli-
no, FUniverza di Lubiana e il Museo civico di
Rovigno ֊ hanno collaborato agli scavi archeolo-
gici sul castelliere di Moncodogno e nella vicina
necropoli a tumuli di Monsego. Accanto ai
numerosi studiosi delle varie istituzioni, alle
ricerche hanno inoltre partecipato studenti pro-
venienti da diversi paesi stranieri. In unoccasione
l'équipe di ricerca era composta da appartenenti a
ben 11 differenti nazionalità. L’impresa è stata
finanziata dalle istituzioni tedesche, croate e slo-
vene, alle quali, come a tutti coloro che hanno
sostenuto finanziariamente l’impegnativa impre-
sa, i capi-progetto desiderano pubblicamente
esprimere la propria riconoscenza anche per
questo tramite.
L’insediamento
Finora scavi di tali proporzioni non erano mai
stati effettuati in un insediamento fortificato
dell’età del bronzo né in Istria né nel resto della
costa orientale adriatica, ancorché ricerche sul
campo ce ne siano state parecchie, come si può
leggere nel capitolo sulla storia delle stesse. Il fine
principale della ricerca era comporre un quadro
dettagliato dell’aspetto di uno dei tanti abitati
protostorici fortificati, perché sussiste tuttora un
grande divario, nel senso di carenza di dati, fra la
mera osservazione e semplice registrazione di
murature visibili in superficie e una conoscenza
approfondita delle tecniche edili e modalità d’uso
delle aree interne alle mura di cinta degli insedia-
menti collinari dell’età del bronzo. Questa discre-
panza non è caratteristica solo dell’Istria o della
Dalmazia, ma si ripete in tutta l’Europa. O meg-
lio: sono note e spesso anche ben documentate,
in parecchi siti, mura di cinta circondanti inse-
diamenti umani; difettano alquanto, invece, scavi
capillari ed esaurienti. In ogni caso il rapporto
tra conoscenza dell’aspetto e conoscenza dei
destinatari, struttura e tipi più o meno conosciuti
di insediamento, è quanto meno sproporzionato.
Fatti empiricamente dimostrati circa l’aspetto
concreto di un abitato rappresentano tuttora una
rara eccezione. Per questo la lettura in chiave sto-
rico-sociale dell’età del bronzo, negli ultimi tempi
assai in voga, è invalida di uno dei suoi puntelli
Summary and conclusions
For twelve years, from 1997 to 2008, Monko-
donja and the belonging mound burial-ground
of Mušego were explored in campaigns that last-
ed four weeks at a time, by four institutions that
collaborated on this project, the Archaeological
Museum of Istria in Pula (Arheološki muzej
Istre, Pula), the Free University of Berlin (Freie
Universitat Berlin), the University of Ljubljana
(Univerza v Ljubljani), and the Rovinj Heritage
Museum (Zavičajni Muzej Grada Rovinja). The
participants of this exploration were scientists
from diverse institutions, as well as students from
various countries, once even from as much as
eleven. The whole undertaking was financed by
German, Croatian and Slovenian institutions.
The authors would on this occasion once again
like to express their deep gratitude to the donors,
whose financial means enabled these extensive
archaeological explorations.
The settlement
Such extensive excavations within a Bronze
Age fortified settlement in Istria, and beyond
that on the whole eastern coast of the Adriatic
Sea, have not been carried out to date, although
relatively numerous researches exist, as is
described already in the chapter dealing with
research history. The aim of our research was to
reach a profound insight into the appearance of
one of the many known fortified settlements.
There is still a considerable gap in the know-
ledge, between the observation and registering of
enclosing walls or its outlines and the under-
standing of various construction techniques of
the walls as well as the use of space behind them.
This discrepancy is characteristic not only of
Istria and Dalmatia, but can be encountered in a
whole European territory. Walls that enclose set-
tlements are well-known and often also very well
documented. However, the extensive excavations
of settlements were rarely conducted. In any case,
the knowledge about the arrangement, use,
structure or even the type of buildings within the
hillforts is astonishingly small in relation to the
number of more or less well-known sites. The
empirically proven evidence regarding the con-
crete appearance of settlements is still very frag-
mentary. In this way the socio-historically orient-
ed statements about the Bronze Age, which are
so popular nowadays, must in large part do with-
Sl. 334 Monkodonja 2005.
Fig. 334 Monkodonja 2005.
520
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
principali, vale a dire una comprensione ragione-
volmente fondata dell’aspetto e forma degli abita-
ti. Ne deriva che l’interpretazione stessa di detto
periodo si riduce per lo più alla conoscenza di
tombe e depositi.
Grazie alle ricerche condotte a Moncodogno, il
divario in questione potrebbe in qualche misura
venir superato. Nella circostanza si è cercato di
ampliare le cognizioni dei dati di fatto sul popo-
lamento del territorio istriano durante l’età del
bronzo e di contribuire in genere a una migliore
comprensione delle condizioni di vita di
quell’epoca e delle sue strutture sociali.
L’area in cui sorge l’abitato collinare di Monco-
dogno appartiene al comprensorio urbano di
Rovigno/Rovinj, città di mare situata sulla costa
occidentale della penisola istriana nell’Adriatico
nord-orientale, ritenuta una delle più belle della
Croazia. Moncodogno si trova in una zona poco
urbanizzata chiamata Spanidigo, nei pressi
dell’abitato suburbano di Cocaletto/Kokuletovica,
distante quasi 5 km dal centro di Rovigno e 2 km
dalla frastagliata costa marina, ricca di isole e
insenature. L’insediamento è situato su una piatta
altura, non particolarmente accentuata, nella
prima catena di colline maggiori e dopo una
serie di collinette minori sparse lungo l’immedia-
ta fascia litoranea. L’altezza sul livello del mare si
aggira fra i 75 e gli 82 metri (fig. 3 e 22).
L’area insediamentale emerge dal fertile terri-
torio circostante (fig. 1) in forma di collinetta dai
dolci versanti. Lo stanziamento, avvenuto nell’età
del bronzo, ma anche interventi più recenti
hanno conferito alla sua superficie la forma di un
plateau ovale, la cui superficie è altimetricamente
cadenzata da più livelli, con un dislivello comune
di oltre 10 m. Le dimensioni del plateau ammon-
tano in lunghezza e larghezza a poco meno di
300 e rispettivamente a 200 metri (fig. 2, allegato
1) e fanno di Moncodogno uno fra i maggiori
abitati collinari di cui lìstria abbonda e che si
denominano come gradine, gradisca, kasteliri о
castellieri e similmente. Nella lingua standard
croata il termine più usato è gradina/gradine, un
termine che si usa anche in questa pubblicazione.
I castellieri preistorici sono tipici del mite
ambiente climatico istriano. Già nel 1903 C. Mar-
chesetti ne aveva identificati e mappati oltre 300
(fig. 5), la maggior parte dei quali nascosti da
una fitta e pressoché impenetrabile macchia, che
li ha preservati dall’invadenza della moderna edi-
lizia, motivo per cui sono estremamente interes-
santi per l’archeologia. Tuttavia le tracce che cela-
no e il loro grado di conservazione sono diversi
da un sito all’altro. È nel periodo avanzato del
out the most fundamental basis of their assess-
ment, i.e., without a thorough knowledge of the
settlement structure and arrangement, and rely,
therefore, mainly on the limited knowledge
based mostly on the research of graves and hoard
finds.
The excavations at Monkodonja should help to
overcome this gap to a certain degree. We have
striven to enlarge the current knowledge about
the settlement of Istria in the Bronze Age. We
hope that the present book will contribute to the
more general understanding of Bronze Age living
conditions and resulting social structures, not
only as far as Istria is concerned, but also
beyond.
The territory of the hillfort settlement of
Monkodonja is administratively part of the Istri-
an town of Rovinj, located on the west coast of
the large Istrian peninsula in the northeastern
part of the Adriatic Sea. The site is located in the
sparsely populated area of Španidiga, in the
vicinity of the suburb Kokuletovica/Cocalleto,
almost 5 km from the city centre of Rovinj and
approximately 2 km away from the strongly
indented sea coastline. The hillfort settlement is
situated on a not particularly prominent, levelled
hill, which forms a part of the first line of hill
elevations set behind the lower hillocks of the
immediate coastal area, approximately 75 to 82
m above sea level (Figs. 3 and 22).
Compared to the fertile surroundings (Fig. 1),
the settlement site appears more like a hilltop,
limited with gentle slopes on all sides. Thanks to
the occupation from the Bronze Age and, to a
lesser degree, to some smaller subsequent trans-
formations, the site has been transformed in an
oval plateau that is divided into different terraces
with a common height difference of almost 10 m.
The length of the longitudinal and transverse axe
of the settlement measure somewhat less than
300 and 200 meters respectively (Fig. 2 and
Chart 1). Such an area can be regarded as large
in comparison with numerous other hillforts
lmown in Istria, which are called Gradina,
Gradišče, Kaštelir, Castelliere and the like.
Such prehistoric fortified sites on elevations
are typical for the agriculturally productive
Mediterranean climate of Istria. As early as in
1903, C. Marchesetti identified and mapped
more than 300 of such sites (Fig. 5). Mostly, these
sites remained untouched until modern times,
making them very desirable for archaeological
excavations notwithstanding the often practically
impassable dense macchia shrubland that covers
them. However, traces of prehistoric settlements
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
521
Bronzo Antico che si inizia un'utilizzazione più
intensiva di queste posizioni; tracce precedenti
sono eccezionalmente rare. Una parte dei siti in
parola è rimasta stanziata fino al Medioevo
oppure addirittura fino all’età moderna. Se ne
può concludere che i castellieri furono occupati
in differenti periodi di tempo e con maggiore o
minore intensità e, a giudicare dalle ricerche
archeologiche sin qui condotte e dai reperti cera-
mici raccolti in superficie, è quasi certo che l’età
del bronzo appartiene a uno dei periodi di più
frequente e massiccio insediamento umano sulle
alture.
Durante il ventesimo secolo vennero effettuate
relativamente poche ricerche archeologiche siste-
matiche, il che non toglie che il sapere sui castel-
lieri dell’età del bronzo sia andato costantemente
allargandosi. Degli studiosi che se ne sono occu-
pati, ne citeremo in ordine cronologico solamen-
te alcuni dei più importanti: C. Marchesettì, A.
Gnirs, R. Battaglia, quindi in particolare B. Bačič,
A. Vitasovič; si sono distinte inoltre K. Buršič
Matijašič e prima di tutti K. Mihovilič. Nono-
stante le riserve di quest’ultima studiosa circa il
rilievo da dare ai singoli, gli altri due autori di
questo volume non possono qui sottacere il suo
eccezionale contributo agli scavi e alle ricerche
nel loro complesso. In virtù delle sue conoscenze
specialistiche e del suo talento organizzativo Kri-
stina Mihovilič ha coordinato e reso possibili gli
scavi di Moncodogno. L’idea della necessità di un
pluriennale progetto di ricerca nel sito era partita
da B. Teržan, che con le sue referenze professio-
nali e linguistiche le ha offerto la collaborazione
necessaria e un determinante sostegno. B. Hànsel
ha preso parte, a sua volta, a tutte le fasi del pro-
getto, ivi compresa naturalmente questa pubbli-
cazione. Tutti e tre gli autori in parola vanno
orgogliosi del proprio contributo all’ampliamento
di conoscenze sui castellieri dell’età del bronzo in
Istria e non solo. Nel contempo sono, eccome,
consapevoli delle non poche manchevolezze sus-
sistenti. Sono molte le questioni rimaste aperte,
gran parte delle quali è, in effetti, emersa durante
gli scavi e le susseguenti ricerche. In diversi punti
del volume si incontreranno perciò formulazioni
vaghe in merito ad alcune osservazioni e relative
interpretazioni. Nel giudicare i nostri errori e
lacune i lettori e tutti i fruitori di quest’ampia
pubblicazione dovrebbero senz’altro tenere pre-
sente l’atteggiamento di fondo degli autori nei
confronti dei risultati raggiunti. In ogni caso, i
tre autori confidano che le future generazioni
proseguiranno questo cammino applicando
nuovi metodi e le innovazioni tecniche che già
can be either more or less preserved and can dif-
fer considerably from site to site. More intensive
use of these sites begins in the later stage of Early
Bronze Age period with only few earlier excep-
tions, while some locations continue to be occu-
pied all the way to the Middle Ages and even to
the present. Therefore we can state that the hill-
forts were settled in different time periods and
with varying intensity, although it should be
stressed that the Bronze Age represents a period
with relatively intensive and dense occupation, as
is apparent from the archaeological research con-
ducted up to now, but also from the collected
pottery finds from the surveys.
Only a small number of systematic archaeo-
logical excavations were carried out in the course
of the 20th century. Nevertheless, it can be said
that knowledge regarding the Bronze Age hill-
forts was constantly growing. Mentioned here in
chronological order are only the most important
amongst the involved researchers: C. Marcheset-
ti, A. Gnirs, R. Battaglia, notably B. Bacic, A.
Vitasovic, K. Bursic-Matijasic and, above all, K.
Mihovilic. The other two authors of this book
wish at this point to draw once again the atten-
tion to all the research that she has conducted
prior to our excavations, notwithstanding her
objections to specifically emphasize her work.
With her expertise and organizational skills she
not only made possible the excavations at
Monkodonja, but also coordinated them. It was
B. Terzan, though, who came up with the origi-
nal idea of a long-term research project, and it
was her professional and linguistic references
that enabled collaboration and later offered a
decisive support for it. B. Hansel has been
involved in all stages of the project, including the
present publication. The three authors are
pleased to have their part in advancing the level
of knowledge about the Bronze Age hillfort set-
tlements in Istria, as well as those in the wider
region. But on the other hand, they are likewise
aware of its by no means negligible deficiencies.
Many questions remained unanswered and could
be posed only during the excavation or even in
the subsequent research. Consequently, in the
evaluation of observations made on the terrain
and their interpretation the readers will come
occasionally across uncertain formulations. The
users of this extensive publication ought to con-
sider our eventual mistakes and shortcomings
against the backdrop of the knowledge achieved.
The three authors likewise hope that successive
generations of archaeologists will continue their
work, bringing excavations thus to good continu-
522
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
oggi vengono utilizzati nella scienza che ci
riguarda. Sebbene gli scavi abbiano compreso
solo una determinata percentuale della superficie
complessiva deirinsediamento, si è comunque
ottenuto un assai solido quadro d’insieme della
sua strutturazione. Dobbiamo rilevare, ancora
una volta, che nessun altro abitato fortificato in
Istria è stato neanche lontanamente indagato in
maniera così sistematica e accurata.
Descriveremo ora, brevemente, le peculiarità
fondamentali del castelliere. Come quasi tutti gli
altri castellieri anche Moncodogno è interamente
circondato da una macchia impenetrabile. Tra
resti di murature e costruzioni dell’età del bronzo
si trovano piccoli appezzamenti agricoli, fino a
poco tempo fa coltivati e oggi trasformati in
prati, sentieri percorsi dalle pecore al pascolo e
muretti innalzati di recente a delimitare possedi-
menti privati. La superficie del castelliere è qui e
là ricoperta da poca o nessuna vegetazione, in
alcuni punti prevalgono basse piante cespugliose
(fig, 21). Dal plateau si spalanca un’ampia vista
sul mare, a cominciare dalle Isole Brioni a sud,
attraverso la città di Rovigno fino al Canale di
Leme a nord. In mezzo si notano alcuni isolotti e
insenature, adatti al potenziale approdo di imbar-
cazioni, tra questi si distingue l’insenatura di
Vestre come porto idoneo per Moncodogno.
Dall’altra parte, verso Finterno della penisola, la
spianata di Moncodogno appare come una delle
tante colline nei pressi della costa, senza distin-
guersi in modo particolare (fig. 22). Per quanto
dal castelliere il mare si veda benissimo, dalla
costa invece non lo si nota subito. La larga fascia
di 2 km che separa le collinette, distribuite lungo
la sponda marina e l’insediamento stesso, offriva
infatti protezione aggiuntiva nel caso di attacchi
improvvisi dal mare. Questa zona compresa tra il
castelliere e la costa è caratterizzata da fertili
campi, oggi intensamente coltivati.
Moncodogno sorge in una zona tipicamente
carsica. Il colle dell’abitato preistorico si eleva
non troppo bruscamente dai campi circostanti,
una feconda pianura ricoperta di terra rossa. Vi
predomina il bianco calcare in strati orizzontali
con piccole fenditure e con qualche cavità. A dif-
ferenza di altre alture disabitate, che devono la
loro forma arrotondata all’azione di processi allu-
vionali, l’abitato del Bronzo si situa su una collina
che venne artificialmente spianata, dotata di ter-
razze piatte, pressoché orizzontali (fig. 208).
Queste ultime sono il risultato di interventi di
scalpellatori e tagliapietre intrapresi sin dall’ini-
zio dello stanziamento. Evidentemente la superfi-
cie originale non si è conservata in alcun punto,
ation, especially with the use of the nowadays
rapidly evolving, methodological and technical
advancements in our scientific field. Although
the excavations covered barely a few percent of
the settlement surface, they nevertheless gave us
a sound and reliable insight into the structure of
the settlement. As already mentioned, there are
no other hillforts in Istria, which would be sys-
tematically and thoroughly excavated to such a
degree.
The settlement of Monkodonja can be charac-
terized shortly as follows: as is the case with
many other hillforts, the slopes of the settlement
are overgrown with almost impassable macchia
shrubland. Located between the Bronze Age
walls and structures are smaller, once agricultur-
ally used plots of land, at present meadows, as
well as sheep paths, and modern dry stone
boundary walls, which delimit singular private
properties. The settlement area is in places
devoid of or covered only by sparse vegetation,
represented by flat to bush-like shrub (Fig. 21).
The sea view from the plateau stretches a long
way, from the Brijuni/Brioni Islands in the south,
across the town of Rovinj, and further on
towards the north to Limski Kanal/Lim Canal,
featuring some smaller islands and bays, ideal
locations for natural harbours and ports. Look-
ing in the opposite direction, as seen from the
sea towards the interior, the plateau appears as
one of many coastal hills, its positioning being in
no way prominent (Fig. 22). The settlement
offers a splendid, wide-stretching sea view, but
looking from the sea the hill is not noticeable at
first sight. The 2 km wide area between the coast,
with its rather flat, hilly edge, and the settlement,
offered additional security against unexpected
attacks from the sea. This area between the coast
and the settlement is used nowadays intensively
for agriculture.
Monkodonja is located in a typical Karst land-
scape. The hill with the Bronze Age settlement
rises in gentle slopes from its surroundings rep-
resented by fertile red soil fields. White lime-
stone, appearing in horizontal layers with smaller
cracks, but also several caves, is characteristic of
the place. While the other unpopulated hilltops
were rounded off due to weathering, the Bronze
Age settlement is located on an artificially lev-
elled plateau with flat, almost horizontal terraces
(Fig. 208). The latter are the result of stone-quar-
rying activities carried out at the very beginning
of the hill occupation. It is apparent that the
original surface of the hill is not preserved,
because all living space that is horizontal and
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
523
perché tutte le superfici orizzontali tra loro
degradanti furono riattate dai primi abitanti. In
tal modo venne creato sul posto il materiale edile
indispensabile per la costruzione delle mura e
delle case. Una testimonianza dell’imponente
quantità di materiale edile estratto dal colle, ori-
ginariamente molto più alto, è l’ultimo resto di
una stalagmite, situata proprio al livello dell’inse-
diamento protostorico (fig. 23), stalagmite che
poté formarsi solo alfinterno di una grotta, il cui
fondo nell’età del bronzo fu un livello di frequen-
tazione. Sopra la stalagmite doveva elevarsi un
colle massiccio, attraverso il quale filtrava acqua
in quantità sufficiente a modellarla. Con i lavori
di scalpellatura l’altura venne mi ratamente tra-
sformata in un’area edificabile piatta, orizzontale,
percorsa da passaggi leggermente degradanti (fig.
24).
La specifica forma di erosione alluvionale, che
interessa l’ambiente carsico, incide pure sul grado
di conservazione di resti stanziali, come il caso di
Moncodogno. Alla base vi sono anzitutto i calca-
ri bianchi, che si presentano generalmente brulli
e privi di strati sedimentari. Spesso su questa
base si riscontrano i resti litici di costruzioni pro-
tostoriche crollate, anche se, in seguito al dilava-
mento pluviale, gran parte del loro materiale sia
stato disgregato scomparendo senza traccia. I
processi atmosferici agiscono in maniera aggres-
siva distruggendo con l’andare del tempo tutto
quanto incontrano su una superficie rocciosa. In
mezzo e sotto le pietre rimaste di solito non esi-
ste alcun sedimento terroso: semplicemente l’ac-
qua che penetra scorrendo dilava dal colle tutti
gli strati sedimentatisi nel tempo, che possono
trattenersi solo quando incontrano solidi ostacoli
fisici. Fortunatamente uno di questi ostacoli è
rappresentato dalle mura dell’età del bronzo e dai
loro resti, dietro ai quali si trovano qui e là sedi-
menti di terra, argilla e parti bruciate di antiche
costruzioni. Strati del genere si son potuti trovare
anzitutto lungo il lato interno della principale
muraglia difensiva e fra i suoi resti crollati. La
stratificazione sedimentaria è dunque possibile
solamente in situazioni eccezionalmente favore-
voli e in nessun caso su tutta l’area insediativa.
Nei luoghi in cui l’acqua ha dilavato il materiale
terroso trasportandolo nelle profondità della
massa rocciosa spesso rimangono in superficie,
rispettivamente lungo il livello di frequentazione
dell’epoca, reperti di ceramica e di altro genere,
risalenti a differenti periodi cronologici. Le stra-
tificazioni terrose di epoche diverse, a prescinde-
re dal loro spessore, sono semplicemente scom-
parse nelle fessure delle rocce naturali, mentre i
divided by steps, was carved by the first settlers.
They created a smooth, horizontal stone surface
that is appropriate for construction, in the proc-
ess acquiring also the necessary building material
for the construction of fortifications and dwell-
ings. The remains of a stalagmite, discovered on
the level of the Bronze Age settlement (Fig. 23),
bears witness that enormous quantities of stone
building material must have been removed from
the hill that was originally much higher. The sta-
lagmite could have been created only in a cave
whose bottom was subsequently transformed
into the occupation surface of the Bronze Age
settlement. That means that originally there had
been a hemispherical or rounded, weathered
peak which was later levelled into a flat, horizon-
tal settlement area, consisting of terraces con-
nected by shallow steps. That which at the begin-
ning was the rounded top of a hill, disappeared
as a result of quarrying (Fig. 24).
The specific form of erosion in the Karst
determines the conservation level of settlement
traces on hillforts, and thus, in Monkodonja as
well. The white limestone, which appears often
bare and without any sediment layers, represents
the predominant geological base of the land. On
top of this bedrock ruins of prehistoric structures
have been found, although a fair amount of stone
material dissolved due to the effects of regular
rainfall and disappeared without trace. Weather-
ing affects destroy aggressively everything that
lies on the bedrock. Frequently, there are no trac-
es of soil found on, below or between the stones.
Water that drains and disappears underground
simply washes away all the layers accumulated
through time. Layers of soil are preserved only in
the areas with exposed physical obstacles. Fortu-
nately, the walls from the Bronze Age or its
remains represent such an obstacle behind which
sediments of soil, day and burnt remains of
former buildings were preserved. They are found
mainly on the interior side of the main fortifica-
tion wall or in its debris. Sediments exist only in
places where particularly favourable conditions
prevail and not at all everywhere in the settle-
ment area. In places where water washed away
soil material under the surface, often pottery and
other finds from different time periods can be
found together on the bedrock regardless of their
original provenance. While the once sheltering
soil mass disappeared in the crevices of the bed-
rock, the fragments from different time periods
remained on a single level. The contents of vari-
ous layers from different periods of time are thus
deposited together and appear to stem from the
524
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
reperti ovvero i frammenti ceramici sono rimasti
a giacere allo stesso livello sebbene siano crono-
logicamente differenti. In tal modo reperti di
epoche diverse si sono depositati in un unico
strato creando talvolta l’impressione errata che si
tratta di ritrovamenti coevi. Non è stato dunque
possibile procedere sempre né dappertutto, ma
solamente in alcuni punti dove le stratificazioni
si presentavano ben compatte, alla suddivisione
cronologica degli oggetti archeologici in base alla
loro appartenenza ai singoli strati.
Gli scavi
Detto in generale, le tecniche di scavo devono
conformarsi al grado di conservazione dei resti
insediativi. Nel nostro caso bisognava trovare il
metodo più adatto per trattare gli accumuli di
pietre crollate. Si è scavato generalmente nei
posti in cui, tra la pietraia, spuntavano materiale
terroso e vegetazione. È stato necessario cercare e
individuare tra le pietre crollate le parti di mura
ancora integre e poi ripulirle. Si è perciò proce-
duto sbancando gli strati di poco spessore delle
pietre crollate ed erose dai processi alluvionali
fino a raggiungere i punti in cui apparivano i
primi contorni murati. Di solito le mura sono
state raggiunte dopo aver rimosso diversi livelli
di depositi, da tre a sette, accuratamente docu-
mentati con disegni e fotografie, e con appunti
registrati neH’apposito diario. Gli strati venivano
rimossi stando ginocchioni, il più possibile vici-
no alle tracce archeologiche, usando attrezzi pic-
coli e lo scopino (fìg. 33). Per ogni pietra si è
vagliata l’opportunità o meno di estrarla e quan-
do, cercando di stabilire se si trovasse o no nella
sua posizione originale. Si è cercato di appurare
inoltre se le pietre facessero parte di qualche
muratura crollata, o di un suo tratto, oppure se si
trovassero al livello di qualche eventuale via,
pavimento di edificio o di un simile orizzonte
dell’età del bronzo dai contorni ben definiti. È un
metodo di lavoro che ha richiesto molto tempo
ma irrinunciabile: in caso contrario céra il peri-
colo reale che i resti più recenti e meno conser-
vati, che non giacevano sulla roccia naturale,
venissero involontariamente rimossi. Sulla super-
ficie di una roccia liscia sono state scoperte
numerose buche di palo per sostegno: senza que-
sta scoperta la struttura e la forma delle abitazio-
ni di Moncodogno sarebbero state difficilmente
o solo parzialmente comprensibili (fig. 32).
Scavi sono stati effettuati in 14 posti diversi,
posti che si è convenuto di chiamare «sonde».
Per la loro numerazione si è ricorsi ai numeri
romani. Erano di dimensioni differenti (allegato
same time period, which is of course not neces-
sarily the case. Consequently, the chronological
differentiation of archaeological finds according
to the soil layers they belong to was possible only
in areas with well-preserved settlement stratigra-
phy.
The excavation
The excavation methods often had to be
adjusted in regard to the level of preservation of
settlement remains. Above all we had to resolve
the issue of how to properly excavate the piles of
stone rubble. Excavations were carried out most-
ly in places where beside the ruins also soil and
vegetation were still preserved. First we had to
uncover and identify, and then finally clean the
preserved parts of original structures. The col-
lapsed and due to erosion crumbling stones were
removed in relatively thin layers, until the con-
tours of the stone walls began to appear. Usually
the latter were uncovered after three to seven
horizontal levels, all of which were documented
in detail with drawn plans and photography, as
well as in the excavation diary. The layers were
removed in kneeling position, in close proximity
to the archaeological remains, using trowels and
brushes (Fig. 33). Each stone was examined as to
whether and when it could be removed, or if it
was actually in situ. Much attention was put into
observations if the stones represent part of a
larger collapsed section of the wall or if they are
lying on the eventual surface of a potential path
or a dwelling floor or even on some other level
from the Bronze Age. This method has been very
time-consuming, but nevertheless essential, as
there was an actual danger of removing later or
poorly preserved wall remains that did not lie on
the bedrock itself. An unexpectedly large number
of postholes was discovered on the levelled bed-
rock surface, without which, however, it would
be very difficult or only partly possible to discern
the construction and form of dwelling structures
(Fig. 32).
The excavations were carried out in 14 differ-
ent locations, the researched areas of which were
defined as trenches (we named trenches accord-
ing to the Croatian expression “sonda”) and enu-
merated using the Roman numerals. These
trenches vary in size (Chart 1) and cover alto-
gether a surface of almost 2,800 square meters.
The largest area was excavated in the northwest
of the acropolis (Sonda III, VIII and X), while
later also additional four smaller areas (Sonda
XI, 1-2, and XII, 1-2) were opened in the central
and eastern part of the acropolis in accordance
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
525
1) e tutte assieme formavano una superficie di
2800 mq. La maggioranza delle aree sondate si
trova nel settore nord-occidentale dell’acropoli
(sonde III, Vili e X), al cui centro e nel suo set-
tore orientale sono state aperte, in concomitanza
con le prospezioni geofisiche, altre quattro sonde
minori (sonde XI, 1-2 e XII, 1-2). Superfici mag-
giori sono state scavate nel settore della porta
occidentale, nella muraglia difensiva principale e
nei suoi dintorni (sonde IV, V e VI), e lungo il
lato interno della stessa muraglia, tra la porta
occidentale e quella settentrionale, per una lun-
ghezza di oltre 50 metri (sonda IX). Un altro pic-
colo sondaggio (sonda VII) è stato praticato
all’esterno dell’entrata settentrionale. Al fine di
scoprire la situazione nell’area della muraglia
principale, nel settore meridionale dell’abitato è
stato effettuato un altro sondaggio (sonda XIV),
mentre le terrazze della città bassa sono state
esplorate con le sonde I, II e XIII. Infine due
campagne di ricerche archeologiche sono state
dedicate esclusivamente alle tombe a tumulo del
vicino colle di Monsego/Musego, di cui si tratterà
in una pubblicazione a parte.
Oltre a quanto suddetto sono state documen-
tate in dettagliati disegni la situazione fuori della
muraglia principale tra l’entrata settentrionale e
la grotta, nonché dell’area della città bassa e del
settore orientale dell’acropoli. Siamo riusciti ad
ottenere un buon quadro delle condizioni sul
versante settentrionale del colle, dove c’è una
grotta perpendicolare con le sue immediate vici-
nanze. Nel corso di alcune successive campagne e
dopo a scavi ultimati, prospezioni geofisiche
sono state effettuate da B. Music e da I. Medaric
(fig. 297-318). La rimozione della macchia da
una parte dell’area circostante la principale mura-
glia difensiva è sopravvenuta, per motivi di natu-
ra finanziaria, solo al termine degli scavi. Una
volta estirpata la vegetazione, si è avuta una
visione più chiara della struttura delle mura e
delle costruzioni che sorgevano sulle pendici del
colle (fig. 1 e 65).
Sarebbe stato senza dubbio utile poter esplora-
re anche nell’area antistante alle mura una super-
ficie maggiore. Comunque, dopo dieci campagne
di ricerca, il grado di conoscenze raggiunto a
Moncodogno è stato tale da richiedere e permet-
tere di porre termine agli scavi. A quel punto la
conclusione delle ricerche sul campo è stata rite-
nuta una scelta ragionevole e sensata. Ciò non
toglie che, trascorso un determinato distacco di
tempo, nuove esplorazioni sarebbero certamente
giustificate, anzi perfino auspicabili.
with results of the geophysical prospection. Larg-
er areas were explored also in and around the
western gate of the main fortification (Sonda IV,
V VI), and along the interior side of the main
fortification wall, between the western and
northern gates, where a section more than 50
meters long was examined (Sonda IX). Another
trench of smaller dimensions was located outside
of the northern gate (Sonda VII). Better under-
standing of southern section of the main fortifi-
cation wall was reached in the trench XIV, while
the terraces of the lower town were researched in
trenches I, II and XIII. The two excavation cam-
paigns, which were dedicated exclusively to the
burial mounds on the neighbouring hill of
Musego, will be presented in a separate, forth-
coming volume.
Furthermore, detailed archaeological plans
were made of the areas between the northern
gate and the cave outside the main fortification,
in the area of the lower town as well as in the
eastern part of the acropolis. We gained a rather
clear notion of the vertical cave and its surround-
ings on the northern slopes of the hill. The geo-
physical survey was conducted by B. Music and I.
Medaric (Figs. 297-318), both from Ljubljana, in
later excavation campaigns and even after their
conclusion. Unfortunately, the clearing of mac-
chia vegetation in the area around the main forti-
fication wall was carried out only after the com-
pletion of excavations due to financial reasons.
The area since exposed allowed us to gain some
new insights regarding the construction of forti-
fication walls and other structures on the slopes
of the hill (Figs. 1 and 65).
After ten excavation campaigns in Monkodon-
ja, a level of knowledge was attained, which
required and allowed the conclusion of excava-
tions. This in turn made the end of field research
seem understandable and logical. Still, renewal of
excavations after a certain temporal distance
would be by all means justified and most desira-
ble.
Arrangement of the settlement
The main contours of the settlement could be
recognized already before the excavations took
place (Fig. 29). The area of the settlement was
evidently planned in advance as is revealed by its
oval form that consists of several clearly distinct
areas that are enclosed and thus separated by
broad stone walls (Chart 1). Almost in the centre
of this oval area, placed slightly to the east, is a
prominent, elevated and almost square-shaped
section with a height of up to 82 meters above
526
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
La suddivisione dell’insediamento
A grandi linee la struttura principale dell’abita-
to era ben delineata anche prima dell’inizio degli
scavi (fig, 29). Si tratta sicuramente di uno spazio
miratamente pianificato di forma ovale, che si
compone di diverse parti tra di loro separate e
delimitate da larghi muri di pietra (allegato 1).
In mezzo allo spazio ovale si trova, leggermente
spostata verso est, un’area centrale sopraelevata,
di forma pressoché quadrangolare, dove l’altezza
sul livello del mare raggiunge 82 m. Attorno allo
spiazzo centrale era stato eretto un possente
muro i cui lati misurano dagli 80 ai 100 metri.
Sui lati occidentale e settentrionale la loro lar-
ghezza ammonta a oltre 3 metri, larghezza che
non è stata riscontrata in alcun altro muro
dell’insediamento. Questo centro dell’abitato,
chiaramente delineato, viene indicato come
«acropoli», a ovest del quale ce un’area apparen-
temente di circa 5 metri più bassa, a forma di
semicerchio allungato, che corrisponde alla con-
cezione simmetrica che sta alla base della dispo-
sizione dell’abitato. Anche attorno a quest’ultima
è stato eretto un muro, ma di dimensioni minori
rispetto a quelle dellacropoli, Il suo punto di
svolta è orientato esattamente in direzione
dell’insenatura di Vestre, particolarmente adatta
agli approdi. Abbiamo indicato questa sezione
dell’insediamento, che è inferiore rispetto
all’acropoli e un pochino meno estesa, come
«città alta». Ancora più in basso vi sono delle ter-
razze, che circondano proprio lo spazio centrale
rialzato testé descritto. Le superfici delle terrazze
differiscono in larghezza e si estendono a diffe-
renti livelli, che vanno da uno a cinque gradini.
Abbiamo chiamato questo settore «città bassa».
L’abitato ovale è interamente circondato da
mura per una lunghezza complessiva di oltre 800
metri (fig. 335). La muraglia principale è interca-
lata da due o probabilmente tre punti di accesso.
Quello settentrionale è volto verso l’interno della
penisola; immediatamente davanti allo stesso si
trova una via serpeggiante che scende verso la
grotta perpendicolare, rientrata da est non è visi-
bile in superficie: la sua esistenza viene supposta
in base ai risultati di ricognizione geofisica. La
forma esatta di questa porta si potrà conoscere
solo se vi saranno futuri scavi, rientrata principa-
le all’abitato, la più importante, era situata a
ovest. La sua rappresentativa facciata era volta
verso la fertile pianura e specialmente in direzio-
ne del mare.
Accanto ai tre settori fortificati del castelliere
vi sono ancora alcune aree abitative extra muros,
che però non sono state esplorate.
sea level. It is enclosed by a massive fortification
wall with sides which length measures from 80 to
100 meters. The wall sections in the west and
north have a width of more than 3 meters what
makes them the most massive walls of the entire
hillfort settlement. This clearly recognizable, cen-
tral part of the settlement was given the name
“acropolis”. Located in front of the latter to the
west, is an elongated semi-oval area enclosed
with a relatively narrow wall. The westernmost
point of this wall is oriented exactly towards
Vestar, a sea bay that is very suitable for mooring
ships. The position of the described area named
“upper town”, which is located up to 5 meters
lower than the acropolis area and is also some-
what smaller from the latter, illustrates the delib-
erate planning symmetry of the entire settlement.
Still lower lying terraces encircle the already
described central elevated part of the settlement.
These terraces represent flat surfaces with differ-
ent width, while their height varies in five diverse
levels, all together denominated as the “lower
town”.
The whole settlement is enclosed by a limiting
wall of the main fortification that runs along the
oval-shaped plateau in a length of more than 800
meters (Fig. 335). It is certainly equipped with
two, probably even with three gates, the one in
the north having a zigzag shaped entrance way
that leads towards the perpendicular cave. A gate
in the east could not be identified on the surface
and was only later detected due to the geophysi-
cal prospection. A more exact appearance of this
eastern gate will have to be clarified through
future excavations. The gate in the west was the
most important one and was hence designated as
the main gate. Its representatively designed
entrance opens up towards the fertile plain and
the sea.
In addition to the three fortified parts of the
settlement, there are some additional settlement
areas extra muros, which were not encompassed
by our excavations.
Our thesis that the entire settlement has been
symmetrically planned finds additional support
in the fact that an imaginary central axis runs
through the entire settlement between the pre-
served main gates of the acropolis and of the
main fortification wall (Chart 1). The settlement
outlines are dependent of the naturally rounded
hill encountered by the first settlers only to a cer-
tain degree. In this respect, rather more decisive
were stonemasonry works including the targeted
hewing of stone blocks for the construction of
fortifications. Thus, the first settlers formed their
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
527
In favore della nostra tesi per cui tutto lo spa-
zio in questione venne costruito in maniera pia-
nificata secondo una determinata geometria,
depone anche il fatto che Fimmaginaria asse che
attraversa l’abitato passa esattamente attraverso i
due accessi che si sono conservati (allegato 1). La
forma dell’insediamento non deriva, infatti, sola-
mente dalla forma naturale del colle, bensì pure
dall’intervento dei suoi primi costruttori, dato
che i processi naturali e quelli alluvionali, così
caratteristici per formazioni geologiche del gene-
re, hanno contribuito solo fino a un certo punto
all’aspetto definitivo dell’area abitativa. In ogni
caso decisivo è stato il fattore umano ovvero i
precisi lavori di scalpellatura grazie ai quali fu
anche ricavato il materiale necessario a erigere le
mura. I primi abitanti crearono dunque un abita-
to a seconda delle proprie necessità, visto e con-
siderato che non si può in alcun modo addebita-
re al puro caso un insediamento da bell’inizio
pensato, e conseguentemente realizzato, come
tripartito in tre aree principali, poste ad altezze
diverse e fra loro recintate.
La suddivisione del castelliere in tre parti
rispecchia probabilmente i rapporti sociali all’in-
terno della comunità. Una situazione sul campo
che merita comunque un tentativo di interpreta-
zione di genere gerarchico - sociale. Tutto lascia
presumere che l’intenzionale separazione fisica
delle tre parti, cronologicamente e spazialmente
strettamente collegate, rispecchi la situazione
sociale della società dell’epoca, per quanto la dif-
ferenziazione in questione non si possa ancora
comprendere del tutto né spiegare in maniera
precisa.
Sebbene tracce delle opere di fortificazione
siano evidenti praticamente in ogni castelliere
istriano delletà del bronzo, solo con gli scavi a
Moncodogno si è riusciti a comporre un nuovo
dettagliato quadro dell’andamento dei lavori e
della tecnica impiegata nella costruzione delle
mura difensive. Poiché le conoscenze finora inca-
merate sono state esaustivamente presentate
nell’opera di K. Bursic Matijasic,1 qui saranno
riportate prevalentemente o esclusivamente le
osservazioni inerenti a Moncodogno, mentre le
comparazioni con fenomeni similari nel resto
dell’Istria saranno lasciate in secondo piano.
La muraglia difensiva principale
La muraglia difensiva principale è sorprenden-
temente ben conservata per una lunghezza di
circa 800 metri. Guardando dall’esterno in alcuni
1 Bursic Matijasic 2007.
settlement according to their needs and wishes.
The initially desired and subsequently realized
settlement concept featuring a tripartite division
was thus erected on three different levels, each of
which was separated from one another by an
enclosing wall. The tripartite division of the set-
tlement probably mirrors the social relations
within the society. One is tempted to interpret
the discussed concept as a proof for existing
hierarchical social structure of residents. It
appears that the separation of three settlement
areas, otherwise tightly connected in time as well
as in place, reflects a social order of the commu-
nity, although it should be stressed that a clear
definition of this differentiation still eludes us.
What is new for the Bronze Age of Istria is
that thanks to these excavations we are now in a
position to make a whole series of detailed state-
ments concerning the process and modes of con-
struction of fortifications, although traces thereof
can be seen on almost all of the many existing
hillforts. K. Bursic-Matijasic made a thorough
summary of the knowledge that exists to date,1
therefore we present here only the insights that
we gained while excavating at Monkodonja,
without referring too much to related phenome-
na in Istria or elsewhere.
The main fortification wall
The main fortification around the lower town,
measuring around 800 meters in length, is sur-
prisingly well-preserved, as its uncovered height,
seen from the outside, reaches up to 3 meters
(Fig. 51). According to one of the radiocarbon
measurements (Measurement 34), the construc-
tion of the settlement most probably began
exactly with the erection of the main fortifica-
tion. The well-preserved sections of the wall,
especially on the northern side of the settlement,
show that the width of the wall tapers in its
upper part. The massiveness of the originally
erected fortification cannot, therefore, be precise-
ly specified with the width value. In some places
the wall is up to 2 meters thick, in others its
width is considerably smaller, but never amounts
less than one meter. The stone blocks were
placed in dry stone technique on top of each
other to form the outer and inner front of the
wall. This created mainly uniform, regular hori-
zontal joints, placed in height intervals from 30
to 40 cm apart from each other and running over
long stretches of the wall, while the vertical joints
were placed irregularly and were not placed sym-
1 Bursic Matijasic 2007.
528
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
punti l’altezza rimasta arriva anche a 3 metri (fig.
51). In base a una datazione radiocarbonica (no.
34), l’edificazione dell’abitato prese l’avvio proprio
con l’innalzamento di questa muraglia difensiva
esterna. I suoi tratti alti, tuttavia ben conservati,
specie nel settore settentrionale dell’insediamen-
to, dimostrano che nella parte superiore il muro
si restringe un pochino, motivo per cui non si
può affermare con esattezza quale fosse la sua
larghezza in origine. Le nostre ricerche hanno
rivelato che, in alcuni punti, la larghezza può
raggiungere i due metri, ma è in genere minore,
comunque non inferiore a un metro. I blocchi di
pietra sul manto interno ed esterno sono disposti
nella tecnica a secco con fughe orizzontali uni-
formi tra loro distanziate di 30-40 cm. Le fughe
verticali non sono invece sempre simmetrica-
mente distribuite rispetto agli intervalli nelle
parti inferiori del muro (fig. 64). In seguito
all’erosione alluvionale un grande numero di
blocchi di pietra si è frantumato in pezzi più pic-
coli. Osservandoli attentamente è possibile nota-
re che i pezzi a prima vista minori, in effetti,
fanno parte di un blocco più grande, regolar-
mente rettangolare (fig. 31 e 67).
Tutti i muri dell’abitato sono stati costruiti con
la stessa tecnica edilizia: sia il lungo muro ester-
no, designato come «muraglia difensiva principa-
le», sia le mura attorno all’acropoli e alla città
bassa. Di regola il lato esterno delle mura si
innalza sul margine di un gradone già scalpellato,
un procedimento che riduce la quantità di lavoro
necessaria per raggiungere l’altezza complessiva
voluta, di cui non possiamo fornire dati esatti. In
questo modo le fondamenta del lato esterno
risultavano più elevate, ostacolando vieppiù gli
eventuali assalti esterni, mentre dal lato interno
rendevano più facile ai difensori salire sulle
mura.
Lungo una porzione un po’ più lunga di muro
tra le due porte (sonda IX) è stato scoperto,
parallelo al muro stesso, un ordine di buche di
palo per sostegno, ordine distante dal muro
appena un metro (fig. 86 a-b). Stratigrafìcamente
l’ordine di pali si può senza dubbio collegare alla
prima fase del processo edilizio. Successivamente
un altro ordine di buche è stato spostato verso
l’interno del castelliere, alla distanza nuovamente
di un metro esatto rispetto al muro nel frattempo
allargato durante la seconda fase del processo di
edificazione. Questo secondo ordine era scoperto
però solo nel tratto più breve. In tutti e due i casi
si tratta di buchi adatti ad accogliere grandi pali
verticali di legno con pietre di rincalzo (fig. 79) e
die si differenziano chiaramente dai buchi riser-
metrically according to the joints below (Fig. 64).
Many of the large stone blocks within the pre-
served walls disintegrated into small pieces due
to weathering. On closer inspection it is possible
to see how the seemingly smaller stones were
once part of a large, rectangular hewn block of
stone (Figs. 31 and 67).
The long fortification walls around the acro-
polis and the lower town, the latter always
referred as the main fortification, were erected in
the same building technique. Their course was
defined already at the beginning, as the outside
front of the walls was constructed exactly on the
edge of a high step carved out of bedrock. In this
way the wall was higher on the outside and con-
sequently harder to attack, while on the inner
side the lower height of the wall facilitated the
defence. This construction technique reduced the
efforts that were needed to reach the desired
height of the fortification walls, which could not
be exactly determined.
In the longer section of the investigated main
fortification wall, between the two gates (Sonda
IX), we discovered a row of postholes that ran
parallel to the wall on the inside and were locat-
ed approximately a meter apart from the wall
(Fig. 86a-b). Taking into account the stratigra-
phy, we could clearly assign this row of postholes
to the first construction phase of the wall. A sec-
ond row of postholes located farther towards the
settlement area followed later, at a same distance
of approximately one meter from the wall which
was widened in the second building phase. How-
ever, this second row was uncovered only in a
relatively short stretch. These postholes differ
from those used for dwellings, inasmuch they
include solid stone wedges (Fig. 79) and were
probably used for large, vertically standing piles
which should be regarded as pertaining to the
fortification walls, supporting the inner side of
additional wooden platform along the wall (Figs.
81, 82a-b).
Restoration works on the fortifications can be
seen on several places on the wall. We discovered
reinforcements and rebuilding of the walls prac-
tically in all excavation areas that featured wall
remains. We refer to these wall reinforcements as
the later construction phase. A new inner front
was erected during this time period using small-
er stones in comparison with those used to build
the original wall, making it thus up to 3 meters
thick (Chart 2 and Fig. 86a-b). Further strength-
ened sections are in the vicinity of the two gates.
On various places we got an impression that the
inner front of the main fortification has been
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
529
vati ai pali delle case. Pertanto se ne può conclu֊
dere che gli ordini di pali in questione apparte-
nevano al muro difensivo e che supportavano
presumibilmente la parte interna di una piatta-
forma di legno aggiuntiva costruita lungo il muro
stesso (fig. 81, 82 a-b).
Tracce di riparazioni della muraglia principale
si notano in diversi posti. Complessivamente
aggiustamenti e rinforzamenti del muro, designa-
ti come fase posteriore del processo edilizio, sono
stati constatati in tutte le parti delle mura scavate.
In questa fase venne realizzato un nuovo manto
interno con l’impiego di pietre minori rispetto al
muro primario, sicché tutta la cinta raggiunse
una larghezza di 3 m (allegato 2, fig. 86 a-b). Nei
pressi delle due porte furono realizzati ulteriori
rinforzi. In più punti si è avuta l’impressione che
il nuovo manto interno della muraglia principale
sia stato costruito in maniera più sbrigativa,
come se ci fosse un certo assillo di tempo.
Sul versante relativamente piano del colle, tra
le due porte, furono erette barriere aggiuntive
per rendere la difesa più efficace. Praticamente
tutto il versante tra le mura e i piedi dell’altura
venne ricoperto da blocchi di pietra eretti e spes-
so aguzzi, alti fino a un metro (fig. 181, 182). Si
tratta di una struttura difensiva accostabile ai
cosiddetti cavalli di Frisia (“Spanischer Reiter” o
“Chevaux de Frise”), conosciuti per lo più dalle
epoche più recenti. È una forma di fortificazione
su pendice comunque conosciuta anche in altri
abitati coevi dell’Istria, in Apulia e Grecia (fig.
183-188). Il loro scopo era sbarrare la via ad
assalitori a cavallo. Di prim’acchito la situazione
appare paradossale, perché tra i reperti di Mon-
codogno sono state sinora trovate solo modeste
tracce di ossa equine. Ne possiamo dedurre che i
cavalli venissero impiegati a scopi bellici e non,
come altri animali, per l’alimentazione umana.2
Le porte / entrate al castelliere
Le due porte nella muraglia principale merita-
no un’attenzione particolare. Una volta esplorate,
è risultato che, come tecnica di costruzione, sono
assai diverse. In comune hanno un passaggio
molto stretto, a gradini. Le murature di ambedue
sono state più volte rinnovate e rinforzate, e
architettate secondo strutture complesse, che
richiamano a labirinti. I dettagli che abbiamo
appreso sulla tecnica e sul procedimento della
2 Secondo le affermazioni di N. Benecke dell’Istituto
archeologico germanico, che è probabilmente il maggiore
esperto di storia del cavallo, è esclusa la possibilità che
nellTstria dell’età del bronzo non venissero usati anche
cavalli.
erected rather hastily and with less precision,
what could be due to the time pressure under
which it was built.
On a relatively gentle slope between the two
gates on the outer side, a series of additional
obstacles were erected in order to make defence
more effective. The construction of the up to one
meter high, towering and often tapering stone
pillars, can be compared to the so-called ‘chevaux
de frise” or “Spanish rider” of the early modern
period. It covered the whole slope between the
wall and the lowlands (Figs. 181-182). Such
defensive structures on the slopes of fortified set-
tlements, which are known as well from other
locations in Istria, but also from Greece and
Puglia (Figs. 183-188), only make sense as a pro-
tection from mounted attackers. However, due to
the modest presence of horse-bone remains in the
settlement of Monkodonja the situation seems a
bit contradictory. If horses were not involved, as
the evidence that stems from bone finds suggests,
there was also no need to erect defence structures
on the slope against riders. It must therefore be
assumed that horses were used for military pur-
poses, but that they were not eaten.2
The gates/entrances to the settlement
A special consideration should be given to the
gates of the hillfort. The two excavated entrances
on the main fortification differ significantly in
the way they were constructed, although they
both feature a very narrow corridor or passage
with stairs. Their walls had been repeatedly
renewed and strengthened, the approach ren-
dered more complicated and labyrinth-like.
Details of the way and processes of construction
were deduced primarily from a thorough exami-
nation of the joints in the masonry.
Located to the west was the largest and most
secured gate that was oriented towards the sea
(Figs. 103-105, 322). From a simple, narrow
opening in the wall, through time a representa-
tive structure of complicated design was created
with repeated attempts to widen and expand the
walls. Initially, the entrance was set in the section
where the wall protruded outward in a right-
angled turn. Soon afterwards transverse barrier-
wall was added, and behind it an access-room as
well as a second narrow passage to the settlement
was created. Then, a side entrance with a large
2 According to the informations handed to us by N. Be-
necke, Deutsches Archäologisches Institut Berlin, argu-
ably the best expert regarding the history of the horse, the
possibility that there were no horses in Bronze Age Istria
should be excluded.
530
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
loro edificazione si devono anzitutto all’attenta
osservazione delle fughe tra le parti aggiunte.
La porta maggiore, la più solida, si trova a
ovest in direzione del mare (fìg. 103-105, 322).
Da quello che all’inizio era uno stretto passaggio
tra le mura, è stato successivamente ricavato, con
continui ampliamenti, un accesso rappresentativo
di forma assai complessa. Dapprima l’entrata
venne situata, e quindi protetta, in un muro pie-
gato ad angolo retto, poi vennero innalzati una
barriera traversale e in seguito anche un vano di
accesso con un ulteriore angusto passaggio, non-
ché un accesso secondario cui venne annesso
una specie dì spazio ֊ cortile. Con questi accorgi-
menti il complesso d’entrata si poteva controllare
e difendere meglio (fig. 100-102). Infatti, un
muro è stato costruito leggermente curvo, ovvero
senza angoli, a partire dalle parti aggettanti della
porta fino alla muraglia difensiva sul retro. Ciò
permetteva ai difensori una visione migliore,
perché questo muro rinsaldava anche lo stretto
passaggio, che ne risultava rinforzato; siamo
dunque al cospetto di un intervento sulla mura-
glia principale, nei pressi della porta d’accesso,
per niente fortuito, bensì strategicamente studia-
to. Ce lo confermano sovrastrutture simili nelle
porte sul lato occidentale delle mura dell’acropoli
di Moncodogno, come pure sulle mura dei
castellieri di Monte Orcino e delle Isole Brioni
(fig. 117-120, 323, 324). Anche lì le entrate ango-
lari delle fasi più antiche vennero negate con la
costruzione dei muri connettivi arcuati, che si
estendono in direzione della muraglia principale.
Sarebbe certamente interessante ricercare se que-
sti cambiamenti e innovazioni nella costruzione
delle fortificazioni possano essere collegate a
cambiamenti nelle tattiche dì combattimento,
come si potrebbe concludere di primacchito.
Come ultimo atto edificativo delle porte, in
esse o lungo le vie di accesso, venivano eretti par-
ticolari vani, in cui non è stato trovato reperto
alcuno, l’interpretazione della cui funzione non è
per niente semplice. Si tratta di costruzioni a
forma di quarto di cerchio, rettangolare oppure
di forma interamente asimmetrica, sempre senza
entrate. La loro funzione doveva essere identica o
simile (fig. 100, 116, 133, 173). Forse questi pic-
coli ambienti si potrebbero mettere in relazione
con le sepolture accolte nelle vicinanze delle
porte, ovvero con le ripetute aperture delle
tombe e traslazioni di resti mortali. Come dimo-
strano le tombe A e B della porta occidentale
(fig. 140-170), le sepolture presso le entrate all’in-
sediamento rivestivano un ruolo e significato
speciali, intesi come tributo d’onore agli antenati
inner courtyard in front of the initial fortification
wall was built. With these changes a much better
control over the entrance complex was gained
and consequently also its defence became more
effective (Figs. 100-102). A slightly curved wall
led from the protruding corner of the original
gate walls towards the main fortification wall that
lay in the back. This made the entrance without
corners and thus easier to defend because the
passage to the gate became integrated into the
course of the wall and hence reinforced. This
modification on the main fortification wall sur-
rounding the entrance was by no means coinci-
dental. Rather it was strategically well thought
over, as is evident with very similar modifica-
tions of the gate to the acropolis area, as well as
on the fortifications at Vrcin and on the Veliki
Brijun/Brioni Grande Island (Figs. 117-120, 323
and 324). With the addition of transverse barri-
er-walls, the angled gate layouts were in all those
sites integrated into the curved contours of the
fortification. It would be interesting to conduct
specific investigation whether these regularly
occurring modifications in the concept of
defence constructions could be in connection
with different forms of warfare, as one should
surmise at first sight. However, we are still not
able to offer a reliable explanation for this recent-
ly identified fortification concept connected with
the gates.
As a last step in the construction of the
entrance gate complex somewhat unusual struc-
tures, devoid of any finds, were erected either by
or within the access passageways. Their interpre-
tation is in no way simple. They appear in the
shape of one quarter of a circle, rectangular or
asymmetric form and have as a rule no entranc-
es. Most probably they had the same or at least
similar function (Figs. 100, 116,133 and 173).
Hypothetically, we could relate these structures
with the burials in the vicinity of the gates, that
is, with the repeated opening of the tombs and
the relocating of the remains of deceased. Name-
ly, the entrance gates to the settlement had a spe-
cial significance as a place for burying and hon-
ouring the deceased ancestors, as is evident in
the case of two grave stone cists, A and B, located
at the west gate (Figs. 140-170). The same phe-
nomenon can also be observed at gates on the
settlements at Vrcin and Brijuni/Brioni. Definite-
ly we cannot treat these instances as a mere coin-
cidence. It is clear that gates and graves are con-
nected in a certain way. Through all the phases
of the gate construction in the settlement of
Monkodonja a distinct respect towards at least
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
531
defunti. Lo stesso fenomeno si riscontra nelle
entrate dei castellieri di Monte Orcino e del
Castelliere sulle Brioni. È certo che non si tratta
solo di un caso. Si può chiaramente affermare
che porte di accesso e tombe erano in un mutuo
rapporto significante. È infatti constatato che
attraverso tutte le fasi del processo di costruzione
delle porte fu osservato un trattamento di spicca-
to riguardo verso almeno una delle sepolture.
Nelle tombe furono sepolti defunti che godevano
di speciale considerazione. Tutte appartengono
alla fase più arcaica delle porte, anzi alcune sono
forse persino precedenti, una situazione, questa,
che richiede una spiegazione, perché tombe e
porte, da un punto di vista odierno, non si pon-
gono in un rapporto diretto. Qui, in Istria, nei
castellieri dell’età del bronzo, i defunti che veni-
vano sepolti nei pressi delle entrate avevano il
compito di controllare e, in un certo modo, assi-
curare l’accesso e l’uscita dall’abitato, ovvero il
percorso verso la comunità stanziata alfinterno
delle mura. Ogni passante che attraversava la
porta doveva essere consapevole della presenza
degli antenati. Le tombe non servivano solamen-
te a sottolineare una situazione di frontiera rap-
presentata dalla porta come passaggio, ma erano
anche portatrici di un significato metafìsico per
tutta la comunità dell’insediamento. Come luogo
di sepoltura scientemente prescelto, le porte non
rappresentavano solamente un confine tra il via-
vai quotidiano, concreto, bensì erano in stretto
contatto con la morte e naturalmente con il suo
contrario, la vita. Lontrata nell’abitato era perciò
contemporaneamente anche entrata nella vita o
dipartita da essa. Questa è una delle possibili,
eventuali chiavi di lettura dei resti dì sepolture
scoperti presso le porte.
Costruzioni simili, a forma di quarto di cer-
chio e prive di entrate, sono state trovate anche
sul lato interno del muro della porta settentrio-
nale, benché il passaggio in quanto tale avesse
una forma del tutto dissimile rispetto a quello
della porta occidentale (fìg.124,133). Dal lato
interno la porta settentrionale venne ulterior-
mente rinforzata con una fortificazione rettango-
lare, intesa come bastioni. A giudicare dalla lar-
ghezza e dalla portata dello zoccolo inferiore che
ci è rimasto, si può supporre che i bastioni fosse-
ro alti come torri. Il bastione esplorato a ovest
disponeva, nella sua fase primaria, di un vano
interno probabilmente vuoto, in seguito riempito
di pietre tanto da farlo diventare una costruzione
massiccia. La collocazione della porta sul lungo
lato settentrionale della muraglia principale era
stata evidentemente dettata dalla posizione della
one of the tombs was discernible. All interments
contained remains of the deceased, which obvi-
ously got preferential treatment and belong to
the early construction phase of the entrance gate
of the settlement, while some can even be earlier.
The discovered situation demands an explana-
tion, as gates and graves often are not connected
in such a direct way. In the Bronze Age hillforts
of Istria the deceased individuals buried at the
gates in a way control and protect the passage
from and into the settlement, that is, they are
overseeing the way towards the living communi-
ty inside the walls. Anybody who passed through
the gates had to be conscious of the presence of
ancestors. In this way the graves not only under-
line the boundary character of the gates in the
sense of a passage, but also bear a metaphysical
significance for the entire community within the
settlement. The gates as a border between the
concrete everyday leaving and coming had been
consciously chosen as a burial place and so stood
in close relation to death and of course to life as
its opposite. According to this the entrance to the
settlement was at the same time also the entrance
to life or departure from it. In such way we could
eventually explain or interpret the occurrence of
graves by the gates.
Similar constructions in the form of one quar-
ter of a circle and without any entrance were dis-
covered also at the northern gate, on the inner
side of the fortification wall. This gate however
has a rather different shape in comparison to the
western gate (Figs. 124 and 133). It was rein-
forced with rectangular constructions on the
inner side, forming a bastion-like gate (“Zangen-
tor”) that narrowed the passage to the settlement.
In view of the huge fundamental stone blocks
and their bearing capacity as well as the amount
of rubble in the vicinity, we could suppose that
these bastion-like structures were originally
higher than fortification wall and probably had a
function of towers. The excavated western bas-
tion was in its early construction phase most
probably hollow with an inner space. Subse-
quently it was filled with stones and as a result
became a massive construction. The positioning
of the gate on the long northern side of the main
fortification was apparently determined by the
location of the cult cave on the hill slope, which
could be accessed by a zigzag pathway leading
through the area with artificially-made terraces
(Figs. 128 and 129). The location of the gates
therefore cannot be explained solely by logical
arguments of a strategic nature or communica-
tion system. The zigzag course of the pathway,
532
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
grotta cultuale sulle pendici del colle, alla quale
conduceva, attraverso il settore delle terrazze
organizzate artificialmente, una via serpeggiante
(fig. 128, 129). La posizione della porta non è
spiegabile esclusivamente con argomenti logici dì
circolazione e carattere strategico. Da questa
porta scende una via serpeggiante in maniera
insolita verso uno slargo architettonicamente
predisposto accanto alia grotta perpendicolare,
slargo che doveva avere un probabile ruolo nella
pratica dei culti ctoni.
Il muro dell’acropoli
Gli scavi effettuati nei settore nord-occidentale
hanno fornito un buon quadro riguardante la
struttura murale dell’acropoli. 1 processi di
costruzione e rielaborazione sono potuti essere
documentati in dettaglio per un tratto lungo
quasi 100 m. In diverse fasi, in seguito ai conti-
nui rifacimenti, il muro originale relativamente
stretto venne considerevolmente allargato (alle-
gato 4).
Nel posto in cui sorgeva la porta primaria set-
tentrionale, più tardi riadattata, il muro era com-
posto di vani riempiti con pietre. Grazie a queste
pareti traverse o muri a cassetta, il muro, già di
larghezza imponente di quasi 5 m, acquistò una
stabilità tale da consentire di portarlo a un’invi-
diabile altezza. Sin dalla prima fase del processo
edilizio il lato occidentale delle mura dell'acropo-
li assunse una forma possente e imponente. Ciò
si deduce dall’entrata meridionale ad altezza
d’uomo ben conservata (fig. 325), che era proba-
bilmente sovrastata da un muro con parapetto. Il
lato occidentale delle mura, dove si è scavato, era
stato in qualche modo concepito in maniera sim-
metrica. La sua parte centrale sporgeva verso
ovest ed era delimitata da entrate laterali rien-
tranti. Le due porte, con aperture larghe circa
1,20 m, non erano particolarmente vistose, ma
erano tuttavia visibili sulla prominente facciata
occidentale della fortificazione (allegati 4 e 6, fig.
202).
Al settore occidentale venne impresso un
aspetto del tutto differente dopo che, durante la
fase più tarda del processo edilizio, subì radicali
interventi di rinnovamento e sovrastrutturali
(allegati 4 e 7, fig. 323, 4 e 6). In questa fase furo-
no eliminati tutte le curvature e aggetti e, come
conseguenza, il muro si estese, leggermente
ricurvo, senza interruzioni dal margine setten-
trionale a quello meridionale dell’acropoli. Cera
solamente ancora un accesso sulla parte meridio-
nale del lato occidentale, il quale rimase in fun-
zione per tutta la durata dell’esistenza delfinse-
which is rather specific and should be under-
stood rhythmically, leads from the northern gate
towards thoughtfully shaped widening that sur-
rounds the entrance to the perpendicular cave,
which probably was used as a place where
chthonic cults were practiced.
The fortification of the acropolis
The acropolis fortification was excavated in its
north-western section where a rather good
understanding of the fortification structure was
reached. The processes of its construction and
rebuilding could be followed in detail over a dis-
tance of nearly 100 meters. With constant addi-
tions the original, relatively narrow wall was con-
siderably reinforced and widened through sever-
al construction phases (Chart 4).
At the section, where an earlier northern gate
had been subsequently walled up, a completely
renewed wall consisted of the so-called cassettes,
that is, of spaces filled up with stones. These
spaces were formed with transverse stone walls
placed between the outer and inner front of the
fortification wall. Such type of construction tech-
nique made the fortification structure solid and
stable and together with imposing width of up to
almost 5 meters allowed that the walls could
reach an enviable height.
The western wall of the acropolis fortification
was imposing already in the first construction
phase. This is indicated also by the southern gate,
which represents a well-preserved passageway
with a height of a mans stature (Fig. 325) and, in
all probability, also a battlement above it. The
excavated western fortification wall of the acro-
polis was in a way symmetrically planned as can
be seen from its central part, which protruded
towards west and was flanked on both sides by
two recessed entrances. These gates with a width
of only up to 1.2 meters were not obvious at first
sight, while at the same time they were visible
because of the exposed western facade of the
acropolis fortification (Charts 4 and 6, Fig. 202).
This outward form of western side of the
acropolis wall changed completely after a thor-
ough renewal and rebuilding that was carried out
during the later construction phase (Charts 4
and 7, Figs. 323, 4 and 6) as all the bent sections
and protrusions of the wall were eliminated. The
fortification wall thus ran in a continuous, slight-
ly curved stretch from the northern corner
towards the southern one. Only gate in the south
was preserved in this construction phase, which
consequently remained in function during the
entire period of the settlement occupancy. In
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
533
diamento. Dalia parte opposta, l’accesso setten-
trionale venne completamente eliminato. Al suo
posto venne innalzato un muro affatto nuovo,
compatto, a cassetta; le cassette riempite di pietre
servirono a rinsaldarlo ulteriormente (fig. 234).
Un simile rinforzo o raddrizzamento murario si
può osservare pure a sud della porta meridiona-
le, in quel tempo in uso (fig. 218, 219). È eviden-
te che l’appianamento dei contorni esterni sul
lato ovest delle mura dell’acropoli rappresenta,
analogamente agli interventi alla porta occiden-
tale sulla muraglia principale, un’opera concet-
tualmente concepita. A quanto sembra fu davve-
ro necessario ideare nuove strategie dì difesa (fig.
323). Con ciò la posizione dell’unico accesso
rimasto nella parte meridionale del muro era
diventata pressoché inavvertita. Una volta porta-
to a termine il riordinamento, il lungo lato ester-
no del muro si presentava tanto unito e compatto
da sembrare insormontabile. Da ogni punto in
cima al muro sì poteva controllare tutta l’area
occidentale e perciò nel contempo anche proteg-
gere e difendere l’abitato. Ciò non toglie che
neanche questo provvedimento riuscì a evitare
all’area dell’acropoli una distruzione violenta.
Come nel caso delle porte esterne, anche le
entrate nelle mura dell’acropoli erano larghe
appena un metro circa e scalari (fig. 200, 228,
239, 322). Nessun carro poteva passarvi. Poteva-
no farlo solo i pedoni e gli animali da soma. Gli
abitanti si spostavano esclusivamente a piedi, ma
non si può comunque escludere che, esternamen-
te alle mura, trasporti e traini di carichi pesanti
avvenissero con l’aiuto di buoi.
La porta non investigata sul lato est dell’acro-
poli e invasa dalla vegetazione, la cui esistenza è
supposta solo in base alle prospezioni geofisiche,
ci è dunque ignota. Si può tuttavia supporre che
fosse di simile costruzione come l’entrata all’abi-
tato di Roca Vecchia nell’Apulia meridionale.
Sembra che il lungo passaggio fosse similmente
formato da nicchie laterali (fig. 324).3
Sull’esempio dei settore ovest del muro
dell’acropoli si sono potute trarre delle conclusio-
ni sui destino di tutto l’insediamento. Nei grandi
cumuli di materiale crollato, che suggeriscono
quali potessero essere le invidiabili dimensioni
delie mura di un tempo, sono state trovate tracce
di una conquista violenta. Nel settore settentrio-
nale è stata scoperta un’ascia di bronzo, conficca-
ta nel muro e coperta dalle pietre crollate (fig.
240, 241 ). Nella parte sud, sotto i blocchi dei
3 Starano 2012, 52, fig. 2.22-2.23; 9.3, fig. 3.71; 112, fig.
3.127.
contrast, the northern gate was completely negat-
ed and walled up. A newly constructed, solid for-
tification wall was built in its place, displaying
exactly in this area additional reinforcements in
the form of cassette constructions, filled with
stones (Fig. 234). Similar reinforcements and lev-
elling of the wall facade were established also to
the south of the southern gate (Figs. 218 and
219). The examples such as straight course of the
whole outer front of the western acropolis wall or
the similar remodelling of the main fortification
wall by the western gates clearly represent a con-
ceptual undertaking that was thoroughly consid-
ered. It actually seems that new strategies for
efficient defence were needed (Fig. 323). In this
remodelled facade the position of the only
remaining gate in the south had become much
more inconspicuous than before. After the reno-
vation the front of the western wall gave the
impression of one compact, solid and above all
insurmountable fortification. From every point
on top of the defensive wall there was now an
unhindered view of the entire western side of the
acropolis fortification, which means that its
defence was easier. This, however, did not pre-
vent the subsequent violent destruction of the
acropolis area.
Similar as on the main fortification wall, the
gates were wide just slightly more than one meter
and contained stepped passageway (Figs. 200,
228, 239, 322). This means that carts could not
pass through them, and that they were meant to
be traversed only by walking persons and pack
animals. The inhabitants were moving around
the settlement exclusively on foot, although it
must be assumed that outside the walls, the
transportation of heavier loads was done with
the help of oxen.
The gate in the eastern part of acropolis, over-
grown with vegetation, has not been excavated,
but only detected through geophysical prospec-
tion. In spite of this, we could presume that it
was constructed in a similar way as the entrance
to the settlement of Roca Vecchia in southern
Puglia. Both entrances namely show a long pas-
sageway, partitioned with side niches (Fig. 324).3
Observations made on the western wall of the
acropolis helped us also to understand the desti-
ny of the settlement of Monkodonja. Under the
large piles of debris, which point to the imposing
dimensions of the fortification walls, we uncov-
ered traces of a violent conquest and destruction.
3 Scarano 2012, 52, figs. 2.22-2.23; 93, fig. 3.71; 112, fig.
3.127.
534
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
muro franato, è stata trovata pure la punta di una
lancia (fig. 242, 267), mentre nell’area circostante
la porta è stata constatata una notevole concen-
trazione di punte ossee di frecce e di ciottoli
rotondi per le fionde (fig. 94). Questi reperti
lasciano dedurre che la fine deU’insediamento sia
strettamente connessa a eventi bellici. Una situa-
zione simile è stata osservata nelFinsediamento
di Roca Vecchia nell’Apulia meridionale, nel cui
accesso diroccato sono stati trovati addirittura
guerrieri caduti.4 Per ora non si può dire se in
questi eventi si sia trattato solo di scontri locali
oppure se vadano inseriti in un contesto più
ampio. È presumibile che nell’Adriatico l’epoca
attorno e dopo l’anno 1500 a. C. sia stata segnata
da tumulti.5
Fra le mura di Moncodogno, e specialmente
nelle complesse strutture delle sue entrate con
passaggi d’accesso, e il coevo abitato fortificato di
Egina, sullomonima isola situata nelle immediate
vicinanze di Atene (fig. 122, 123),6 si possono
constatare delle sorprendenti somiglianze. A
Egina la datazione dell’inizio della costruzione
della muraglia e delle strutture d’accesso è prece-
dente, mentre l’esistenza dell’insediamento come
tale si protrasse per tutta la durata di Moncodo-
gno. Nonostante la grande distanza geografica, le
edificazioni del periodo Medio Elladico in Gre-
cia, di tipo simile a quelle di Egina, avrebbero
potuto servire da modello agli insediamenti
istriani. Quasi certamente fra i numerosi insedia-
menti fortificati d’altura non esplorati nel territo-
rio che va dalla costa albanese a Caput Adriae vi
sono costruzioni simili, che potrebbero colmare
e collegare lo spazio vuoto tra Moncodogno e la
Grecia. Mancano tuttavia, in detti siti, ricerche e
risultati delle stesse, sebbene costruzioni simili si
possano trovare almeno in Puglia nelle località di
Coppa Nevigata7 e Roca8.
Le costruzioni sull’acropoli
Gli scavi e le successive prospezioni geofisiche
hanno dimostrato che tutta l’area dell’insedia-
mento di Moncodogno fu interessata da un’in-
tensa attività edile. Numerose abitazioni varie
hanno potuto venir individuate anche senza l’au-
silio di strati sedimentari né di corposi resti di
materiale crollato, grazie alla distribuzione sul
terreno roccioso delle buche di pali che serviva-
no come sostegno per l’edilizia. Nella maggior
4 Scarano 2012, 83-90, fig. 3.54-3.60; 105, con la fig. 3.100.
5 Jung 2013.
6 Walter/Felten 1981.
7 Cazzella/Moscoloni 1987, 109-190; 1999 e 2004.
8 Scarano 2012.
In the north we found a bronze winged axe that
was jammed in the wall and subsequently cov-
ered with collapsed stones (Figs. 240 and 241). In
the south we unearthed a bronze spearhead
(Figs. 242 and 267), lying under large blocks of
the collapsed wall, while in the area around the
gate we discovered a concentration of bone
arrowheads and rounded pebbles for sling (Fig.
94). All these objects point towards the fact that
the end of the settlement is closely connected
with warfare. A similar situation can be observed
also at the more or less contemporary, fortified
settlement of Roca Vecchia in southern Puglia,
where in the crumbled entrance passageway even
the fallen warriors have been uncovered.4
Whether these discoveries represent only local
conflicts, or whether they should be seen as a
part of wider events, cannot be yet answered.
However, it can be assumed that the time around
and after 1500 BC is characterised with unrest in
the Adriatic region.5
Surprising similarities with the fortification
walls of Monkodonja, especially with the com-
plexly structured gates and their passageways,
exist in the contemporaneous fortified settlement
of Aegina, placed on the island of the same
name, in the vicinity of Athens (Figs. 122 and
123).6 The erection of comparable walls and gates
there started earlier than at Monkodonja, while
the settlement existed through the entire time-
span of the latter settlement. The Middle Hellad-
ic structures in Greece of similar type as in Aegi-
na may have therefore served as a model for the
Istrian hillforts in spite of the large distance
between them. Amongst the many unexplored
hillforts on the coast of Albania and all the way
to the Caput Adriae region most probably similar
constructions can be found, with which the gap
between Greece and Monkodonja could be
bridged. But till now, the excavation results for
the period and region here considered are still
missing. Nevertheless, similar constructions of
fortifications can be found in Puglia at the sites
Coppa Nevigata7 and Roca Vecchia8.
The structures in the acropolis
The excavations and subsequent geophysical
prospection showed that the entire acropolis area
together with other parts of Monkodonja settle-
ment was densely covered with buildings. Due to
4 Scarano 2012, 83-90, figs. 3.54-3.60; 105, Fig. 3.100.
5 Jung 2013.
6 Walter/Felten 1981.
7 Cazzella/Moscoloni 1987, 109-190; 1999; 2004.
8 Scarano 2012.
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
535
parte dei casi le buche di palo, formate con colpi
inferti alla roccia per scavarla e tagliarla, si sono
potute distinguere benissimo dalle fenditure pro-
vocate invece dai processi naturali alluvionali su!
terreno roccioso (allegato 5, fig. 32). Assieme alle
numerose tracce lasciate dai colpi inferti con
scalpelli o strumenti simili, sono state trovate
anche delle pietre di rincalzo che servivano a fis-
sare verticalmente i pali incastrati. Siccome le
buche di palo erano abbastanza profonde, grazie
all’impiego di una fitta rete di punti fissi e di vari
metodi di prospezione geofisica, a B. Mušič è riu-
scito a mappare, in un’area dell’acropoli in cui
non si era scavato, un gran numero delle buche
(fig. 297-317). In tal modo si è riuscito a com-
porre un quadro completo delle opere edificato-
rie. Dettagli in merito e un particolareggiato
resoconto dei metodi all’uopo impiegati sono
riportati in un capitolo a parte dedicato alle rico-
gnizioni geofisiche.
Assieme alle buche di palo, in tutti i posti in
cui ì sedimenti sono meglio conservati, sono stati
rinvenuti resti di fondamenta e/o parti inferiori
degli zoccoli di costruzioni dell’epoca, costruiti
nella tecnica di muro a secco (fig. 244, 246).
Peraltro i margini delle terrazze erano anche
delimitati dalle determinate aree spianate, che si
possono mettere in relazione con spazi di edifici.
Grazie a un tanto si sono potuti individuare, ad
esempio, le viuzze tra le singole case (allegato 3).
Considerando che l’insediamento nel suo
complesso esistette per 300-400 anni, c’era da
aspettarsi che in diversi punti dell’area abitativa
fossero avvenute continuamente nuove edifica-
zioni. Le parti bruciate di pareti spalmate di
argilla indicano chiaramente che ci fu almeno un
incendio catastrofico (fig. 90). Sulla durata delle
singole case non si possono esibire dati certi,
comunque nelle condizioni climatiche locali le
abitazioni di legno avrebbero potuto conservarsi
abbastanza a lungo. Con una buona manutenzio-
ne le case di legno a Moncodogno avrebbero
potuto durare un intero secolo e, con periodiche
riparazioni, forse anche di più (fig. 328). Ciò
nonostante tutti i tentativi di giungere a un qua-
dro completo delle edificazioni secondo le diver-
se fasi cronologiche rivelano una sorprendente
costante nella suddivisione dello spazio interno
all’acropoli. NeH’insediamento le più importanti
vie di comunicazione sono rimaste, per tutta Sa
durata della sua esistenza, sgombre, senza alcuna
sovrastruttura edilizia, mentre invece i siti in cui
sorgevano gli edifici furono evidentemente più
volte riattati e tramezzati. Un buon esempio di
frequenti ricostruzioni è la grande concentrazio-
the postholes carved in the bedrock, a large
number of various ground-plans of houses was
detected even without stratified layers or larger
amounts of rubble. In most cases the postholes
hewn out of the bedrock could be clearly distin-
guished from the natural gaps or holes that were
the result of weathering processes (Chart 5, Fig.
32). Besides the numerous traces of chisels or
other similar tools, we noticed also stone wedges,
which guaranteed the stability of the vertical
beams. Since most of the postholes were carved
rather deeply into the rock, B. Music succeeded,
by employing a dense network of measurement
points and various methods of geophysical
prospection, in identifying a very large number
of postholes in the area of the acropolis that was
not excavated (Figs. 297-317). In this way a com-
plete image of the structures across the settle-
ment was obtained. Particularities of this plan
and a detailed description of the methods used
are described in a separate chapter, dealing with
the geophysical prospection.
In addition to the postholes in the bedrock, on
some places where the sediments were preserved
we also discovered wall remains belonging to
foundations and/or stone socles of houses, con-
structed in the drywall technique (Figs. 244 and
246). Edges of the terraces were also delimiting
flat areas which could be connected with the
built-up space. Through this it was possible to
recognize the passages between individual hous-
es (Chart 3).
If we take into consideration a time-span of
300 to 400 years during which the entire settle-
ment was in use, one would expect that it was
repeatedly rebuilt either only in some areas or
completely. The burnt remains of the house
walls, made of wattle and daub clearly testify to
at least one, if not more, conflagration catastro-
phes (Fig. 90). The duration of individual houses
cannot be estimated, although the local climatic
conditions allow for their rather long lifespan.
With adequate maintenance wooden houses at
Monkodonja could survive for 100 years, and
with occasional repairs maybe even more (Fig.
328). In addition, all attempts to gain a complete
picture of structures according to construction
phases showed that the territorial division of the
acropolis area remained surprisingly constant.
The main communication routes remained
mostly unoccupied and without any construction
through the entire time-span of the settlement,
while the areas containing structures were rebuilt
several times. The constant renewal and rebuild-
ing can best be seen in the concentration of post-
536
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
ne delle buche di palo nel settore nord-occiden-
tale dell’acropoli (allegati 5-7).
Solo minimi cambiamenti, per tutto il periodo
di esistenza delFinsediamento, furono apportati
pure ai lotti edificati con le relative abitazioni. In
parecchi posti alfinterno dell’acropoli è stata
riscontrata una tale concentrazione delle buche
di palo per cui solo un certo numero ha potuto
venir ragionevolmente assegnato al percorso di
un muro о di qualche altra parte dell’edificio. Le
buche più fittamente concentrate si trovavano
quasi sempre allo stesso livello della base roccio-
sa. A causa della mancanza di strati sedimentari,
non sempre si è potuto distinguere sul posto,
quali siano più antichi rispetto agli altri. Per lo
stesso motivo è stato difficile stabilire quante
volte una determinata parcella sia stata riedifica-
ta. Solamente in pochi posti, dove le buche di
palo si intersecano, si è potuto constatare, quale
palo fosse appartenuto a un edificio più tardo e
quale a uno più antico. Tuttavia, alcune buche
sono state usate più volte. Sarà possibile giungere
alla successione temporale, secondo la quale
furono edificate le diverse costruzioni, con le
loro specificità tecniche, solo dopo una completa
disamina delle piante. È stato però possibile sta-
bilire, per tutta la superficie esplorata e ricorren-
do all’applicazione combinata di dieci criteri pre-
fissati, gli assai probabili contorni delle case,
come pure differenziare cronologicamente le sin-
gole abitazioni. Le conoscenze cui si è giunti
sull’uso degli spazi abitati derivano dalla somma
di tante piccole osservazioni particolareggiate.
Per la parte dell’acropoli in cui si è scavato, sono
state messe a punto, forti di determinati argo-
menti, due probabili piante, che rappresentano
due successivi periodi temporali, indicati come
«periodo antico» e «periodo tardo» (allegati 6-7).
Qui gli autori si rendono benissimo conto che
le due piante proposte rappresentano solo un
intervallo di tempo e di strutturazione edilizia
proiettato su due livelli. Tra il periodo antico e
quello tardo potrebbero esserci state delle varie
fasi intermedie e alcune abitazioni avrebbero
potuto venir erette, secondo ritmi diversi. Siamo
tuttavia convinti, senza pretendere di proporre
conclusioni definitive, che le piante forniscano
un possibile quadro della situazione sul campo.
Ancorché non sia stato possibile ragionevolmen-
te assegnare tutte le buche di palo che sono state
scoperte a una о all’altra delle due piante, non si
è neanche riusciti a separare e fissare un terzo о
eventualmente quarto livello di proiezione.
Grazie al fatto che per tutto il periodo di 300֊
400 anni di esistenza delFinsediamento la suddi-
holes in the north-western section of the acropo-
lis (Charts 5-7).
The plots of land on which individual houses
were constructed, have likewise undergone only
minimal changes during the entire period of set-
tlement use. In many places on the acropolis, the
concentration of postholes is such that it was not
always possible to bring all of them into logical
correlation or sensible structure plans. Besides,
all these numerous postholes appeared on the
same level of bedrock as the sediment layers were
practically absent. Consequently, it was not
always possible to decide during the excavation
which postholes or wall lines were earlier and
which were later or even how many construction
phases took place on a single building plot. Only
in rare cases when postholes overlapped was it
possible to determine which were used earlier
and which later. However, some of the postholes
could be used over and over again. Only after an
evaluation of the original drawn plans was it pos-
sible to identify a temporal sequence of building
structures with specific characteristics of their
construction. The combined use of ten different
criteria made it possible to identify with consid-
erable certainty the ground-plans of structures as
well as the chronological differentiation of the
building sequences in the entire excavation area
of the acropolis. Only the sum of smaller,
detailed observations allowed us to get the
insights into the use of settlement space. Two
plausible and reasoned settlement ground-plans
were produced, which represent two separate
time periods, named as the “early” and “late”
phase (Charts 6-7).
The authors are fully aware that the two
phase-plans represent a number of time periods
and construction processes projected only on
two layers. There may have been other phases
between the earlier and later one, single house
sites could have been built in a different rhythm
with respect to their neighbouring buildings. We
are nevertheless of the opinion that these plans
reflect a possible picture of the situation, without
reaching any final conclusions. The attempt to
isolate or define a third or eventually even fourth
projection layer did not succeed, although it was
by no means possible to ascribe all the postholes
to the two submitted phase-plans in a way that
they would make sense. We can state that the two
charts, 6 and 7, basically represent the correct
positions of single- or multi-room houses with
the necessary pathways located between them,
mainly due to the fact that the positioning of the
plots did not fundamentally change during the
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
537
visione delie parcelle edificate non è sostanzial-
mente cambiata, possiamo dire che le due piante,
rappresentate negli allegati 6 e 7, dove sono
segnate le ubicazioni delle case a singoli o più
vani con le reciproci indispensabili viuzze, sono
fondamentalmente corrette. Lo schema divisorio
dello spazio fra le parcelle, le vie e le ubicazioni
dei cortili rimase stabile durante tutta la durata
della vita nell’abitato sull’acropoli (allegati 6, 7),
mentre le differenze tra i due periodi, antico e
tardo, sono evidenti. Uno dei cambiamenti più
vistosi, durante il perìodo tardo, fu la riduzione
dello spazio insediativo per cedere posto allallar-
gamento interno delle mura dell’acropoli (fig.
204).
Sulla scorta dei risultati ottenuti all’interno
delle superfici esplorate, si possono formulare
delle constatazioni in merito alle tecniche edilizie
praticate nell’acropoli. È evidente che tutta l’area
in questione venne edificata secondo un progetto
e che vi furono innalzati edifici tutti orientati
nella stessa direzione. Le dimensioni delle
costruzioni erano diverse, il che si può spiegare
con le necessità individuali dei primi abitanti.
Nell’affermarlo si presuppone che il processo del
primo stanziamento durasse poco. Cerano pure
spazi per i cortili, per viuzze e vie di diverse
dimensioni, irregolarmente distribuiti fra le case.
Un’area particolarmente larga venne lasciata libe-
ra lungo il lato occidentale delle mura, molto
probabilmente per motivi di sicurezza. Di regola
le vie erano larghe un metro circa. In base alla
loro orientazione le costruzioni scoperte si pos-
sono dividere in due gruppi, con minime devia-
zioni fra loro. Le due direzioni seguivano i due
diversi percorsi del lato interno delle mura
(prima e dopo il rifacimento). Le due differenti
orientazioni delle case sono pertanto servite da
argomento essenziale nella differenziazione dei
due periodi. Un altro importante punto d’appog-
gio nella ripartizione cronologica in due periodi
lo hanno rappresentato le differenze stratigrafi-
che riscontrate nelle abitazioni con zoccolo in
pietra, situate all’estremo nord-ovest dell’acropoli
(allegati 6-7, fig. 244, 246-247, 252).
Durante ambedue i periodi suddetti, le case
presentavano dimensioni differenti. Anche se la
loro orientazione era uniforme, le loro forme
durante uno dei periodi erano diverse. Le dimen-
sioni variavano attorno a una media di 5x8 m,
ma con parecchie deviazioni individuali. Al cen-
tro di quasi tutti gli edifici cera un ordine di pali
o pali isolati, indicanti che le case avevano il tetto
a due spioventi (fig. 327). La pavimentazione
della maggior parte era spianata e inoltre dotata
entire period of the settlement occupation, which
lasted approximately 300, or at most 400 years.
The basic division of area into plots, pathways,
squares or courtyards remained more or less the
same from the beginning to the end of the acrop-
olis occupation (Charts 6-7), although some dif-
ferences between the earlier and later phase were
noticed. Particularly striking is the reduction of
the settlement area on the acropolis in the later
phase, which was the result of fortification rein-
forcements on the inner side (Fig. 204).
On the basis of excavations we can offer also
some statements regarding the ways of the con-
struction on the acropolis. The entire area was
evidently prepared according to the plan with all
buildings oriented in the same direction. How-
ever, houses differed between each other in size,
according to the individual needs of the first set-
tlers. The entire area of the acropolis was built
over, and there was little free space, if we assume
that it was settled in a short period of time. How-
ever, between the houses were courtyards, alleys
and paths of various sizes, which were not always
laid out in a regular manner. These were espe-
cially large along the western front of the fortifi-
cation, probably due to defence concerns. Other-
wise they were approximately one meter wide.
The discovered structures can be divided into
two slightly divergent orientations. These two
main directions that are oriented in accordance
with the differing courses of the inner side of the
fortification provided one of the major argu-
ments to separate chronologically the two con-
struction phases from one another. The second
major argument for separating the discovered
houses into two chronological periods are the
stratigraphically divergent buildings with stone
bases, located in the northwest of the acropolis
(Figs. 244, 246-247 and 252, Charts 6-7).
In both time periods there were houses of dif-
ferent sizes, and while they were all almost iden-
tically oriented, the shapes of individual houses
within one period differed from each other. The
sizes could considerably deviate from an average
that measured 5x8 meters. Almost every struc-
ture featured either a row of postholes, or at least
a few isolated central postholes for support, what
points to the fact that they had gabled roofs (Fig.
327). The majority of houses had a levelled floor
and often there were step-like differences in ele-
vation along their wall fronts. The earlier phase
(Chart 6) featured multi-room houses, grouped
together so as to form connected complexes, as
was the case in the north-western part of the
acropolis. There, five structures form a single
538
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
di passaggi gradinati, seguenti le linee delle fac-
ciate, che si poggiavano sulle fondamenta. Nella
fase antica (allegato 6) esistevano certamente abi-
tazioni con più locali. Inoltre, le case venivano
raggruppate in complessi, come nell’angolo nord-
occidentale dell’acropoli. In quel posto, cinque
vani singoli formano un insieme unico, disposto
attorno a un cortile comune. Nel periodo tardo la
pertinenza e il collegamento degli spazi attorno a
un cortile diventano ancora più evidenti (allegato
7). Nei quadranti P-U/6-19, accosti alle mura, si
trova, infatti, un vano rettangolare e, a est e a
ovest del stesso, si colloca un ambiente o edificio
più grande. L’area del cortile, che presenta qui e
là gradini, è situata tra cinque edifici che in tal
modo essa collega. Evidentemente, in questo
complesso gli ambienti diversi rivestivano fun-
zioni diverse. In quello posto proprio a ridosso
delle mura è stato trovato un grande numero di
recipienti per l’approvvigionamento.
Esistevano dunque vani e gruppi di vani, di
dimensioni non uguali, i quali rispecchiavano
probabilmente le possibili differenze nelle rela-
zioni sociali all’interno dell’acropoli stessa.
A est di questo complesso è stata scoperta una
grande cisterna per l’acqua, che non ha potuto
venir assegnata ad alcun edifìcio in particolare.
Verosimilmente era a disposizione di tutta la
comunità insediata nell’acropoli.
Le prospezioni geofisiche
Quanto appreso con gli scavi archeologici e gli
esiti così ottenuti sono stati completati dalle
misurazioni geofisiche, effettuate praticamente in
tutta l’area dell’acropoli, e dalle sonde di controllo
collocate proprio in base alle risultanze dei rilievi
geofisici. A est del muro recente, collocato nel
mezzo del colle, sono stati eseguiti quattro son-
daggi di differenti dimensioni (sonde XI, 1-2 e
XII, 1-2, allegato 1). Il loro scopo era addivenire
a una migliore interpretazione della planimetria
geofisica di tutta l’area dell’acropoli (eccezion
fatta per i posti della stessa in cui era stato depo-
sto il materiale scavato) e nello stesso tempo al
controllo reciproco dei risultati ottenuti con le
misurazioni geofisiche, da una parte, e i metodi
archeologici, dall’altra. La planimetria è opera di
B. Mušič e di I. Medaric.
Tramite il sondaggio XI, I hanno potuto venir
esaminate alcune parti di due case nelle quali
cerano delle fosse o cavità simili (fig. 258-260).
Le fosse e un certo numero di buche di palo,
sono state evidenziate, grazie all’applicazione di
vari metodi e calcoli, anche nelle misurazioni
geofisiche, nonostante che nel corso degli scavi
unit around the shared courtyard in the manner
of a residence. This arrangement appears even
more closely related in the later phase (Chart 7).
Located in quadrants P-U/6-19, alongside the
fortification wall, is a square room, to which two
large rooms or houses were assigned on each
side, on the east and the west. A courtyard with
step-like passage is located between the five
structures and so connects them. Thus the area
formed a residential unit, but consisted of several
different parts whose functions seem to differ.
Namely, the structure located along the fortifica-
tion wall contained an unusually high amount of
large jars for the storage of provisions.
So there are more or less closely connected
areas with differently sized structures that form
units, all of which seem to indicate a distinction
in the social relations within the acropolis.
To the east of this unit we unearthed a large
cistern that could not be associated with any of
the individual houses. Most probably it was used
by a larger community of the acropolis popula-
tion.
Geophysical prospection
The insights and results obtained from the
excavated areas were further supplemented with
geophysical prospection that covered almost the
entire area of the acropolis, and also with control
trenches, positioned according to the results of
the latter. East of the modern dry stone boundary
wall that crosses acropolis area we excavated four
trenches of varying size (Sonda XI, 1-2 and XII,
1-2; Chart 1). The excavations were conducted
with the intention to reach better understanding
of the geophysical record on plans compiled by B.
Music and I. Medaric, which covered the entire
acropolis with the exception of the area where
there were piles of rubble and earth from the
excavations. At the same time excavations also
facilitated a reciprocal check between the meas-
ured values and the excavated records.
The trench XI, 1 gave us an insight into parts of
two houses, in which pits or cavities of some kind
were located (Figs. 258-260). These pits as well as
a certain amount of discovered postholes were
seen, with the use of different methods and calcu-
lations, also on the results from geophysical
measurements, although it should be mentioned
that some postholes that were uncovered in exca-
vations were not detected with the geophysical
prospection (Fig. 308). The two methods, excava-
tion and geophysical measurements, comple-
mented each other extremely well, with excava-
tions obviously providing a more detailed picture.
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
539
siano stati trovati pure dei buchi non rilevati
dalle prospezioni geofisiche (fig. 308). Scavi e
misurazioni geofisiche si sono completati a
vicenda molto bene, anche se lo scavo archeolo-
gico ha comprensibilmente fornito informazioni
e fatti notevolmente più dettagliati. Un contribu-
to ancora più significativo alla ricostruzione degli
edifici, posti fuori della zona di scavi archeologi-
ci, a ovest del [acropoli, è stato fornito dalla
sonda XII, 1 (fig. 255-257). Su indicazione dei
geofisici, in quel posto la sonda venne posiziona-
ta in modo da comprendere completamente una
struttura di 10,50 x 5 m, che forse era l’ambiente
di un edificio più grande (fig. 307). Grazie alla
regolare distribuzione delle buche di palo, la
costruzione ha potuto venir individuata sia dalle
ricognizioni geofisiche sia dalle ricerche archeo-
logiche. Benché non tutte le buche siano state
registrate dalla ricognizione, i geofisici sono riu-
sciti comunque a definire la forma della costru-
zione suddetta. In tutti e quattro i suoi angoli
erano visibili fosse o cavità, che si sono potute
circoscrivere abbastanza esattamente. È chiaro
che le cavità in questione di regola dovevano
appartenere alle case oppure a loro angoli. In
questo modo, dunque, anche le cavità riscontrate
con ricognizioni geofisiche possono essere d’aiu-
to per stabilire la forma e posizione delle case,
persino nei casi in cui il numero accertato delle
buche di palo non sia sufficiente a determinare la
pianta dellédifìcio.
Dopo 12 anni di esperienze acquisite negli
scavi gli archeologi hanno cercato di ricostruire,
prescindendo dalle interpretazioni geofisiche ma
tenendo comunque conto dei loro risultati, le
costruzioni che si estendevano su tutta l’area del
settore orientale dell’acropoli. E dopo più di dieci
varianti pianimetriche e lunghe discussioni, si è
deciso di presentare la pianta qui proposta (fig.
326). Non servirebbe nemmeno sottolineare che
anch’essa non è altro che, appunto, una proposta,
tuttora in alcuni punti, modificabile. Comunque,
la maggior parte dei nostri tentativi di ricostru-
zione, hanno portato nella medesima direzione,
cosicché la rappresentazione che appare nelle
illustrazioni 326-327 può essere giudicata come
essenzialmente verosimile o - detto più modesta-
mente ֊ non del tutto errata. Si tratta, in fondo,
solo di una rappresentazione generale delle
costruzioni nell’acropoli.
È chiaro che senza scavi archeologici non è
possibile distinguere la successione delle singole
fasi di un processo edilizio. Per questo la nostra
pianta comprende una proiezione delle costru-
zioni nell’acropoli probabilmente tra di loro col-
Important information for the reconstruction
of the building density outside of the excavation
area to the west of the acropolis was offered by
the results from the trench XII, 1 (Figs. 255-257).
Here, the excavation trench was positioned
according to the geophysical results, which were
indicating a possible structure measuring 10,5 x
5 meters and representing a building or even part
of a larger complex (Fig. 307). On the basis of the
regular layout of postholes the structure was
clearly detected both through geophysical
prospection as well as through archaeological
excavation. Although the geophysical measure-
ments did not detect all the postholes, they clear-
ly managed to identify the basic form of the
structure. All four corners of the house were rep-
resented by pits or cavities, which could be pre-
cisely located. Evidently these cavities can be reg-
ularly connected with structures or their corners.
In this way such cavities noticed on the geo-
physical record can help to identify the form and
position of buildings even in cases when the
number of identified postholes for piles is not
sufficient for the reconstruction of their exact
layout.
In regard to the twelve-year-long excavation
experience on the site and independent of the
geophysical interpretation, though certainly
based on the obtained results, the authors tried
to reconstruct the building arrangement in the
entire eastern part of the acropolis. After more
than ten different reconstruction attempts and
after long discussions we decided to adopt the
plan presented here (Fig. 326). It goes without
saying that this is only a broadly defined propos-
al that for sure could be modified in some places.
However, the majority of our reconstruction
attempts tended towards one and the same direc-
tion, which means that the proposal in Fig. 326֊
327 can be estimated as basically plausible, or to
say it more modestly, not entirely wrong. Still, it
represents only a general representation of the
structures within the acropolis.
Without excavations being carried out, there is
certainly no possibility to actually differentiate
single construction phases of the successively
built structures. So we should take into account
that our reconstruction shows a projection of
probably related buildings, which ultimately
might not be contemporaneous. Surely there
were several settlement activities, which were not
taken into consideration. Nevertheless, we got an
impression that structures from the later con-
struction phase predominate, what can be seen
also on our proposed plan.
540
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
legate, ma che alla fine non sono necessariamen -
te simultanee. Esistevano certamente molte atti -
vità edili che non abbiamo potuto prendere in
considerazione. Comunque l’impressione genera-
le è che gli edifici di fase più tarda predominino,
come si vede anche nella nostra pianta.
La rappresentazione, nella pianta proposta, del
grado di densità edilizia all’interno dell’acropoli
si basa logicamente sui risultati degli scavi, il che
va riferito in particolare alle dimensioni delle
abitazioni, alla disposizione delle vie, quindi
all’eventuale specificità o particolarità di un vano
o di un edificio, ai tetti e alla raccolta delle acque
nei complessi più grandi con più spazi, all’uso
delle aree insediative, alla costruzione di case-
matte e alla progettazione dello spazio circostan-
te le cisterne (allegati 6 e 7), Tuttavia, a prescin-
dere dalle costruzioni scoperte nelle aree esplora-
te, per alcune situazioni specifiche presentatesi
sull’acropoli si è ricorsi alla libera interpretazio-
ne.
A una prima occhiata sembrerebbe che
sull’acropoli il settore occidentale indagato e la
ricognizione geofisica di quello orientale concor-
dino nella disposizione e direzione delle vie. Le
vie si sono potute distinguere abbastanza bene
nelle misurazioni geofìsiche, perché anomalie,
riscontrate con le fosse e le buche di palo, non
erano rilevate in queste zone. Da est a ovest attra-
versava dunque l’acropoli, una via ampia e
indubbiamente importante. Nell’area occidentale
la via si biforcava in due rami che conducevano
simmetricamente verso le due entrate sul lato
ovest delle mura dell’acropoli. Questo presuppo-
sto vale tuttavia solo per il periodo antico, visto
che successivamente la porta settentrionale nelle
mura occidentali dell’acropoli è stata chiusa, cioè
murata. Tuttavia sembra che la via venisse prati-
cata comunque. La seconda via di questa impor-
tante direzione portava dal complesso residenzia-
le più grande, nell’area non esplorata, diretta-
mente, attraverso la porta situata nel settore
meridionale delle mura occidentali dell’acropoli,
nella città alta. Una terza via di comunicazione
seguiva, praticamente per tutta la loro lunghezza,
le mura dell’acropoli nell’interno e fu interrotta
solo in alcuni punti dall’erezione di altri edifìci.
Quel che desta interesse è il fatto, che la via che
segue le mura sui lati più lunghi della fortifica-
zione passa accanto alle casematte, mentre sul
lato ovest più rappresentativo non succede altret-
tanto. Bisogna qui rilevare che a queste cono-
scenze si è giunti nonostante il fatto che la mag-
gior parte della superficie fra il muro recente, che
divide i possedimenti, e la zona scavata nella
The overall plan of the arrangement of struc-
tures within the acropolis is of course relying on
the results of archaeological excavation (Charts 6
and 7), especially as regards the size of buildings
and the layout of pathways, also whether we
could interpret the structures as private dwellings
or as special buildings, as well as considerations
about roof shapes and their drainage at larger
building complexes containing more rooms, fur-
ther also concerning the use of settlement space,
construction of casemates and conceptions of the
zone, surrounding the larger cisterns. Some spe-
cific situations in the acropolis area were inter-
preted more freely and irrespective of the pat-
terns ascertained through excavation.
The excavation results in the west part and the
geophysical measurements in the east part of the
acropolis area combine well together at first sight
as regards the way in which pathways had been
laid out. The pathways were relatively easy to dis-
cern in geophysical record as they were mostly
free of anomalies, expected for features such as
pits and postholes. Thus, a broad and undoubt-
edly important way led from the supposed, east-
ern gate towards west through the acropolis. In
the western part this way bifurcates and the two
routes lead in a symmetrical manner towards the
two gates on the western wall of the acropolis.
However, this applies only to the earlier phase, as
the north gate has been later eliminated and built
over. Nevertheless it seems that the northern
route remained in use even after the gate was
cancelled. A second southern route of this way
led from the largest residence complex in the
non-excavated area in a straight line and past the
southern gate to the upper town. The third road
was running along the inner side of the acropolis
wall and was only exceptionally interrupted with
structures. While the road on both longer sides
of the acropolis fortification ran alongside case-
mates constructions, it passed directly beside the
inner front on the western part of fortification.
We should stress that this observations were
made regardless of the fact that the area between
the modern limiting wall and the excavated
north-western section of the acropolis still
remains unexplored.
The arrangement of the structures in the cen-
tral part of the acropolis, where we would sup-
pose the nucleus of the entire settlement, makes
it dear that the construction of the entire acro-
polis was carried out according to the plan. Inde-
pendently of the proposed arrangement of struc-
tures on the plan of the centre of the settlement,
topographically disposed somewhat towards the
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
541
parte nord-ovest dell’acropoli, sia rimasta ine-
splorata.
La disposizione degli edifici situati nella parte
centrale dell’acropoli, supposto centro di tutto
l’abitato, conferma in maniera convincente che
nell’area dell’acropoli le opere edili erano state
progettate. Dato l'eccezionale numero di buche di
palo per sostegno e di fosse nella base rocciosa
(tig. 310-312), è evidente, a prescindere dalla
disposizione degli edifici proposta nella pianta di
detta parte centrale, topograficamente un tantino
spostato verso sud, che il centro doveva trovarsi
proprio qui (fig. 326-327). Con tutta probabilità
vi doveva sorgere un grande edificio con molti
vani di varia grandezza e con più accessi. Gli
scavi della sonda XI, 2, sul fronte orientale di
questo complesso, hanno interessato anche il
passaggio scalare che conduceva dalla zona infe-
riore verso quella rialzata, ai margini dell’edificio.
Li si trovavano anche vani più piccoli, probabil-
mente magazzini o dispense, e un certo cortile-
atrio rettangolare, che doveva essere senza coper-
tura, perché altrimenti l’acqua piovana si sarebbe
inevitabilmente riversata negli ambienti adiacen-
ti. Sul lato meridionale dei cortile-atrio cera una
grande sala con un ordine centrale di buche di
palo, mentre verso ovest proseguiva un tratto un
po’ più angusto, suddiviso in più vani minori.
Tutte le costruzioni, circostanti l’edificio centrale,
sono considerevolmente più piccole. Non rischia-
mo quindi di incorrere in un grosso errore affer-
mando che l’edifìcio grande doveva essere il cen-
tro sociale, politico ed economico dell’insedia-
mento. Questo è inoltre il primo caso in cui si
possa supporre, nell’area allargata dell’Europa
centrale e nel periodo del Bronzo Antico e l’ini-
zio del Bronzo Medio, fuori della Grecia, resi-
stenza di edifici attribuibili a un ceto dominante
non solo all’interno dell’abitato ma anche all’in-
terno dell’acropoli. È possibile, nel caso, parlare
di un vero e proprio palazzo?
È inoltre significativo il fatto che a nord del
testé descritto edificio centrale ce ne fosse ancora
uno, con diversi vani, che si elevava sugli altri.
Sebbene fosse grande, era tuttavia più piccolo di
quello centrale ma, nel contempo, maggiore di
tutte le altre case sull’acropoli. Sarebbe troppo
supporre che questo edificio rappresenti la sede
di un gruppo o di una famìglia, che nella presup-
posta gerarchia sociale avrebbe ricoperto una
posizione altrettanto preminente per quanto non
dirigente? Va qui sottolineato che tutte queste
riflessioni sulla gerarchia sociale all’interno
dell’acropoli si basano in primo luogo sulla plani-
metria geofìsica in cui sono stati delineati i con-
south, it is evident, due to the exceptionally large
number of postholes and pits cut into bedrock
(Figs. 310-312), that exactly in this place the set-
tlement centre had to be located (Fig. 326-327).
A very large structure must have been located
here, which was composed of many rooms of
varying sizes and several entrances. The excava-
tions in the trench XI, 2, positioned in the east-
ern part of this complex, uncovered also a step-
like passage leading from lower area toward an
elevated peripheral part of the building. There,
several smaller rooms were located, probably
storage rooms and a bit further there was a
square courtyard that had to be without a roof, as
this would otherwise present an unsolvable
drainage problems for the rooms surrounding it.
In the south of this atrium-like courtyard a larger
hall was placed with central line of postholes,
while to the west a somewhat narrower wing
continued, which was divided in several smaller
rooms. All these structures surrounding the cen-
tral residence are considerably smaller. Hence we
would not be much mistaken if we define this
large residential structure as a social, political
and economic centre of the settlement. This is at
the same time also the first occurrence in the
period of the Early and the beginning of the
Middle Bronze Age on the wider Central Euro-
pean territory, Greece excluded, where we can
postulate the existence of a structure which can
be attributed to the ruling class not only in the
settlement interior, but also inside the acropolis
area. Could we in this regard speak actually of
the palace?
Furthermore, noteworthy is the fact that to the
north of the just presented residence there is yet
another prominent building with several rooms.
Although it represents a rather large structure, it
is still smaller than the aforementioned central
residence, but at the same time larger than other
houses in the acropolis. Would it be too much if
we presume that this structure was a dwelling of
a particular group or an extended family, which
in our postulated social hierarchy assumed a
similar prominent role although not the leading
one? However, here we should emphasize again
that all the considerations about the social hier-
archy within the acropolis area are founded pri-
marily on the presented plan of the geophysical
record with delineated outlines of the individual
structures. Even if control archaeological excava-
tions that have been carried out in four places
confirmed the correctness of the interpretation
of geophysical measurements, we nevertheless
still lack the insights from excavating a larger
542
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
torni delle singole costruzioni. Sebbene scavi di
controllo siano stati effettuati in quattro aree,
confermando la fondatezza delle interpretazioni
desunte dai rilevamenti geofisici, si avverte tutta-
via la mancanza dei risultati che avrebbero potu-
to venir forniti dalTescavazione dello spazio più
ampio dell’acropoli. La tesi sulla differenziazione
sociale fra gli abitanti dell’acropoli, desunta dalle
differenti dimensioni delle abitazioni, è stata, in
effetti, formulata anche senza la necessaria consi-
derazione della distribuzione dei reperti archeo-
logici. Lo stesso, dicasi per le stime del numero
di abitanti, anche queste inevitabili quando si
dibatte sulle condizioni sociali aH’interno di un
insediamento. Se supponiamo che qui abitasse il
ceto dominante o un gruppo di persone social-
mente privilegiate assieme alle loro famiglie e la
servitù, allora possiamo ritenere che in tutti gli
edifici, sia dentro come fuori le zone scavate
dell’acropoli, vivessero circa 180 abitanti. Tuttavìa
su questo ritorneremo più ampiamente in segui-
to.
Città alta e città bassa
Al confronto con quelli dellacropoli, gli esiti
cui si è approdati nell’area della città alta non
sono neanche lontanamente così concreti. La
maggior parte dello spazio accosto all’acropoli,
era ricoperto di mucchi di pietre e accumuli di
materiale terroso, motivo per cui neanche le
ricognizioni geofisiche poterono venir effettuate
nella misura desiderata. Resti di case o costruzio-
ni di pietra sono stati rinvenuti nelle immediate
vicinanze delle mura dellacropoli, sotto le parti
crollate, in un tratto mediamente largo 5 m. La
situazione non è comunque per niente chiara. È
senz’altro insolito che case siano state costruite
accanto alle mura dellacropoli; perciò è più pro-
babile che questi edifici siano stati innalzati in
una fase più recente dell’insediamento, perché le
fortificazioni degli inizi, ben progettate, prevede-
vano davanti alle mura, onde migliorarne il
potenziale difensivo, dello spazio lìbero (allegato
7).
Nonostante i vari impedimenti incontrati nello
spazio semiovale della città alta, le ricognizioni
geofisiche hanno dimostrato che è giustificato
supporre una fìtta edificazione su tutta l’area (fig.
313, 314). Le tracce di abitazioni, più piccole di
quelle dell’acropoli, indicano che le case erano
orientate in maniera differente Luna dall’altra.
Per quanto si tratti unicamente di parti minori e
incompleti, che neanche lontanamente permetto-
no lelaborazione di una pianta ideale come nel
caso dellacropoli, nella città alta si possono
area of the acropolis. The thesis of social differ-
entiation within the community from acropolis,
perceivable on the basis of varied sizes of the
buildings has been actually advanced without
taking into consideration the distribution of
small finds. The same applies also as regards the
estimations of the number of inhabitants, which
are indispensable as well when discussing the
social relations within the settlement. Assuming
that in the acropolis area a ruling class or a group
of socially privileged inhabitants was dwelling
together with their families and attendants, then
we could suggest that in all the structures on the
acropolis within and outside the excavated areas
approximately 180 people were living, an estima-
tion that we will address once more below.
The upper and lower town
Compared to the area of the acropolis, the
upper town, however, does not provide us with
such far-reaching results. Unfortunately, large
parts of the area near the acropolis have become
inaccessible due to the piles of rock and heaps of
earth and as a result, the geophysical measure-
ments have not been conducted to the desired
extent. The remains of the houses or stone struc-
tures were discovered in the immediate vicinity
of the acropolis wall, under the collapsed rubble
on the relatively narrow section with the average
width of 5 meters. The excavated situation is not
at all clear and it is certainly unusual that the
structures were erected so close to the fortifica-
tion wall. In this connection, it is more likely that
the structures were constructed only in some
later phase of the settlement (Chart 7), as surely
the well-planned fortification in the early phase
offered a more efficient protection with the space
in front of it devoid of any buildings.
Despite considerable disadvantages on the
whole semi-oval area of the upper town, the geo-
physical prospection demonstrated that the area
was densely built-up (Figs. 313, 314). Traces of
discovered buildings that were often smaller in
comparison with the ones on the acropolis indi-
cated different orientation of the structures.
Albeit we are talking of limited and incomplete
parts of these buildings, which are far from pro-
viding information needed to make an idealised
plan as was possible for the acropolis area, it can
still be discerned that in the area of upper town
there were several construction phases with
diverse interior arrangement of the structures.
Not a single larger section of the upper town
area, where the geophysical prospection had
been carried out, was noticed that would bear no
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
543
comunque distinguere più fasi edili con diversa
distribuzione degli edifici tra di loro. Su tutta
l’area della città alta compresa dalla prospezione
geofisica, non è stata rilevata nemmeno una più
ampia zona che non presentasse tracce di edifica-
zioni. Bisogna qui rimarcare che le tracce rilevate
appartengono a costruzioni risalenti a più fasi
cronologiche. Sul lato interno delle mura confi-
narie della città alta sono state rilevate numerose
case di dimensioni diverse e fittamente disposte,
mentre in alcuni punti le case erano ordinate
addirittura in due linee, lungo una delle vie.
All’interno della città alta gli edifici erano distri-
buiti a maggiori distanze l’uno dall’altro e senza
alcun ordine apparente. Oltre che nelle vicinanze
delle mura dell’acropoli, i settori marginali della
città alta sono stati esplorati solo in alcune aree.
Hanno trovato conferma le supposizioni, desunte
da ricognizioni fatte in superficie, per cui tutta
l’area della città alta era delimitata da un muro di
pietra, non tanto massiccio (fig. 272, 282). E per
quanto riguarda la questione se il muro in parola,
composto da pietre relativamente piccole, fosse o
meno interrotto da porte e quante eventualmente
fossero, potrà essere risolta solo dalle future
ricerche.
Una situazione simile si può constatare sulle
terrazze circostanti la parte centrale dell’insedia-
mento, che abbiamo indicato come città bassa.
Nei due sondaggi (sonda I e XIII) sono state sco-
perte le case più piccole di forme varie, ma orien-
tate nella stessa direzione. Per la loro costruzione
fu sfruttata al meglio la situazione topografica
riscontrata, nel senso che poggiavano con la
parte retrostante sui gradini scalpellati, sottostan-
ti il muro lìmìnare della città alta (fig. 328). Tutte
le costruzioni esplorate si trovavano dunque
accanto al lato esterno delle mura circondanti la
città alta ed erano orientate perpendicolarmente,
così rispetto al muro arcuato della città alta,
come anche rispetto all’orientamento delle terraz-
ze. I resti delle case finivano a una distanza un
po’ maggiore di un metro dal passaggio alla ter-
razza inferiore. Lungo il margine della terrazza
correva probabilmente una viuzza o una via, sup-
posizione suffragata dalla mancanza delle buche
di paio per sostegno. Le case non molto grandi
della città bassa spesso constavano di un solo
vano, una parte di essi disponeva anche di un
altro vano in cui cera il focolare, e qualcun’altra
ancora di una sorta di anticamera. Le case sorge-
vano una a ridosso dell’altra, separate solo da
stretti corridoi (fig. 282-285). Una, nei pressi
della porta occidentale, si è presentata in uno
stato di conservazione piuttosto buono (fig. 276֊
traces of construction. There are densely packed
houses of varying size located on the inner side
of the semi-oval wall and in certain parts even
two rows of buildings run along both sides of a
pathway. In the more inner parts of the upper
town the structures were standing more apart
from each other or even without a discernible
order. Besides the zones in the vicinity of the
acropolis wall, the bordering areas of the upper
town were investigated only in a few places. The
presumptions, reached on the basis of the surface
observations, were mostly confirmed, namely
that the semi-oval wall was encircling the entire
area of the upper town, while its structure was
made of smaller and not so large and impressive
stones as was the case with the other two encir-
cling walls of the settlement (Figs. 272 and 282).
Whether there were any gates that interrupted
this wall or what was their eventual number, are
questions that future excavations will have to
answer.
A similar situation can be encountered on the
terraces surrounding the centre of the settlement,
which we designated as the lower town. In the
two trenches (Sonda I and XIII), differently
shaped and relatively small houses were discov-
ered, that showed same orientation. They made
optimal use of the topography conditions, as
their rear sides were leaning on the bedrock step,
formed through quarrying and positioned right
under the limiting wall of the upper town (Fig.
328). All the investigated houses were therefore
placed beside the outer front of the upper town
wall and had the same orientation that was trans-
versal in relation to the semi-oval course of the
upper town wall, as well as to the general orien-
tation of the terraces. The building remains
ended at a distance of somewhat more than one
meter from the next carved step to the lower ter-
race. Along the edge of the terrace most probably
led a pathway or a road. This is confirmed also
with the absence of postholes on the discussed
section. The not particularly large buildings in
the lower town frequently demonstrated single-
room ground plan, some consisted of two rooms,
the second containing a hearth, while still others
demonstrated an additional anteroom space. The
buildings were arranged very close to each other
and were separated only by narrow corridor-like
ways (Figs. 282-285). Here we should mention a
particularly well-preserved example of a house
near the main western gate (Figs. 276-277, 279֊
281). It had an anteroom with a cistern, followed
by a central room divided by a step-like passage
into two parts with a hearth and traces of a stand
544
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
277, 279-281). Era dotata di anticamera con
cisterna, di un vano centrale suddiviso in due
parti da un passaggio gradinato con relativo
focolare e tracce della collocazione del pìthos, e
ancora di gradini che conducevano di lato al
piano superiore dello spazio abitativo.
L’impressione che si ricava è che tutte le ter-
razze attorno all’acropoli e alla città alta fossero
adibite ad area insediativa. Già le fotografìe aeree
(fig. 270) come le ricognizioni geofisiche (fig.
306, 313) avevano permesso di osservare dapper-
tutto tracce di costruzioni di forma diversa.
Eventuali parti non insediate della città bassa
avrebbero potuto trovarsi esclusivamente nella
parte est del colle.
Il numero degli abitanti
I risultati ottenuti con gli scavi archeologici e
le prospezioni geofisiche, ma anche le ricognizio-
ni della superfìcie insediativa, hanno dimostrato
chiaramente che tutta l’area dell’insediamento era
stata interessata da un’edilizia intensiva e che in
un’area lunga quasi 300 m e larga oltre 150 m
viveva un numero piuttosto elevato di individui
(fig. 328). Cercheremo qui di stimare il loro
numero. Sono diversi i modi о parametri per cal-
colare il numero di abitanti di un insediamento.
Nel caso di Moncodogno hanno rappresentato
un vantaggio, le nozioni sulla planimetria presso-
ché completa di tutte le costruzioni, un tempo
abitate, e della loro distribuzione e, grazie a oltre
40 datazioni radiocarboniche, anche la compren-
sione della durata dell’insediamento e delle sue
determinate fasi.
Per calcolare il numero degli abitanti si è par-
titi da alcuni presupposti. Si è prima di tutto sup-
posto che il grado di intensità edilizia fosse rima-
sto più о meno lo stesso per tutti i 300 anni di
esistenza deH’insediamento, come viene rappre-
sentato sulla pianta generale e su quelle delle sin-
gole aree esplorate. Un’altra supposizione ha con-
siderato che, durante tutto quel periodo, il nume-
ro delle case abitate sia rimasto aU’incirca lo stes-
so. Si tratta di un’approssimazione inevitabile,
ancorché in un periodo di 300 anni ci saranno
state senza dubbio delle oscillazioni. Il numero
complessivo delle case può essere valutato con
un’approssimazione abbastanza credibile. A ogni
singola abitazione si può assegnare un determi-
nato numero ipotetico di abitatori. Per le case о i
vani di dimensioni simili va definito un valore
medio del numero di possibili abitanti. Vanno
invece separati i calcoli per l’acropoli, la città alta
e la città bassa.
Il compito più difficile è stato calcolare il
for pithos. At the side there were stairs leading to
the upper floor of the building.
It seems that all the terraces around the acro-
polis and upper town were used as a dwelling
place for the inhabitants. Already from the aerial
photographs (Fig. 270) as well as from the geo-
physical prospection (Figs. 306 and 313), there
were discernible traces of structures with diverse
shapes all over the area. The uninhabited areas of
the lower town could possibly be located only in
the eastern part of the hill.
The number of inhabitants
The excavations and geophysical measure-
ments, but also observations of the settlement
surface have made it clear that on a densely built-
up area of nearly 300 meters in length and over
150 meters in width, a relatively large number of
people must have lived together (Fig. 328). Here
we will make an attempt to estimate their
number. There exist several methods or models
to determine the number of inhabitants in a set-
tlement, founded on ground-plans or other fac-
tual evidence. An important advantage in the
case of the Monkodonja settlement is definitely
the rather concrete plan and arrangement of the
once inhabited structures as well as the clear
knowledge of duration of the settlement and
length of separate construction phases based on
more than 40 radiocarbon dates.
Several assumptions were taken into consider-
ation for calculating the population numbers.
Firstly it was presumed that during the main
occupation period, lasting for more than 300
years, the intensity of construction in the settle-
ment area was more or less the same as is sug-
gested by the overall plan. Further we suppose
that the same number of houses was inhabited
through all the settlement phases. These pre-
sumptions cannot be avoided even though there
must have been variations in this number in the
course of over 300 years. The approximate
number of houses can be calculated with a rela-
tively high accuracy. To each of these houses we
can assign a certain hypothetical number of resi-
dents, reached also with the evaluation of a
medium value of possible inhabitants for build-
ings or spaces of similar size. The calculations
had to be done separately for each of the settle-
ment areas, that is, for the acropolis, the upper as
well as for the lower town.
The most difficult was the assessment of the
number of inhabitants for the acropolis area,
because the houses varied both in size and in
number of rooms, which in turn could have dif-
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
545
numero di abitanti dell’acropoli, perché vi sorge-
vano case di dimensioni differenti e con vari
numeri di vani, di cui poi la maggior parte aveva
una funzione in generale o in particolare diversa.
E poi, tutti quegli spazi erano davvero usati solo
a scopo di governo e amministrazione? O forse
vi si conservavano gli approvvigionamenti per
tutta la comunità? Vi abitava solamente l’élite e
quanti ne facevano parte? Indicano forse edifici
fra loro diversi una divisione e un differente
bisogno di spazio anche nello stesso ceto domi-
nante, per cui solo, appunto, un ristretto numero
di privilegiati dimorava nella parte centrale
dellacropoli? E dove era sistemata la servitù?
Prendendo in considerazione esclusivamente
la superficie delle costruzioni scoperte e appli-
cando una ripartizione analoga, cioè inferiore,
degli abitanti come nelle altre zone dell’insedia-
mento, si può grossomodo supporre che nell’area
dell'acropoli siano vissuti all’incirca dai 180 ai
200 appartenenti all’élite sociale dell’epoca.
Per quanto attiene alla città alta, dove tenden-
zialmente le case erano più piccole, si può partire
da un numero complessivo di 40 costruzioni,
anche se la stima è viziata da parecchie difficoltà.
Dalla planimetria geofisica risulta che le case
erano orientate in varie direzioni, il che suggeri-
sce che non tutte erano simultanee. Si succedette-
ro indubbiamente varie fasi, e certamente non
andiamo troppo errati supponendo che nella
città alta le case abitate contemporaneamente fos-
sero circa 40.
Stime meno approssimative si possono dedur-
re per gli edifici sulle terrazze, poiché, data la
configurazione del terreno, céra un numero limi-
tato di possibilità di posizionarli. Se si prendono
in considerazione anche le aree abbastanza estese
e non comprese dalle prospezioni, sempre pre-
supponendo che la densità edilizia sìa stata simile
a quella nell’area esplorata della città bassa, arri-
viamo a una cifra di circa 90 case che potevano
sorgere oppure essere abitate contemporanea-
mente sulle terrazze della città bassa. Anche fuori
dell’insediamento murato si trovavano qua e là
delle abitazioni, come stato nel caso del versante
settentrionale, davanti alla porta settentrionale.
Tuttavia è quasi impossibile calcolarne léntità,
cosicché il numero complessivo degli abitanti di
Moncodogno può venir aumentato per un nume-
ro «x», indicante gli abitanti, stanziati fuori del
muro principale.
Supponendo che in ogni casa di dimensioni
simili della città alta (40 case circa) e delle terraz-
ze (90 circa) abitassero, al minimo, 5 persone e
moltiplicando questo numero di 130 case com-
ferent specific or general function. Were these
premises used only for the purposes of ruling
and government? Was this a place to stock sup-
plies for the entire community? Do the diverse
structures point to the division and different use
of space also in the acropolis area itself, wherein
only the restricted upper social class inhabited
the centre of the acropolis area? Where did the
people being in attendance or service live? If we
are to judge solely by the holding capacity of the
buildings and we apply a similar but lower values
of the possible inhabitants that were already used
for other parts of the settlement, we end with a
presumption of approximately 180 to 200 perma-
nent residents living on the acropolis area and
representing members of the social elite.
As regards the upper town, with hypothetically
smaller dwellings, we should advance from the
approximate number of 40 buildings, although
the numerous difficulties make the estimation
less reliable. The geophysical record features dif-
ferent wall orientations, suggesting a temporal
divergence in their construction. There were
surely several construction phases also in this
part of the settlement. Probably we wont be far
from the truth if we assume that in a certain
period there were at least 40 inhabited houses in
the upper town.
Somewhat more secure estimations can be
given for the buildings on the terraces of the
lower town as due to the terrain configurations
there were only a limited number of possibilities
to position the houses. If we are to include the
relatively large areas that were not geophysically
prospected, and assuming that the intensity of
construction was similar to the excavated areas
of the lower town, we can suggest a figure of
about 90 houses, which could stand, or better, be
inhabited simultaneously.
Outside of the main fortification wall there
were also dwellings in places as is assumed in the
example of northern slopes in front of the north
gate. These structures certainly cannot be includ-
ed in the final calculations, so we should take
into the account that the total sum of inhabitants
could rise for an unidentified “x” number, repre-
senting the population, dwelling outside the
main fortification walls.
Now, if we assume an average minimum of
five residents per house in the upper town
(approximately 40) and on the terraces of the
lower town (approximately 90), we end up with a
total of 130 buildings of more or less similar
dimensions. Taking the thus obtained value of
650 and adding another 200 for the residents of
546
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
plessive per cinque abitanti, con l’aggiunta del
numero di 200 abitanti dell’acropoli, otteniamo la
cifra di 850 abitanti insediati a Moncodogno. Se
supponiamo invece sei persone per casa, arrivia-
mo a un totale di 980 residenti. Calcolando otto
abitanti per edificio, il totale ammonta a 1240,
che è il massimo numero approssimativo ipotiz-
zabile degli abitanti. Al quale va aggiunto pure il
numero sconosciuto di popolazione stanziata
davanti alla muraglia principale.
In generale si può ipotizzare che il castelliere
fosse abitato da un invidiabile numero di circa
1000 persone, numero che, assieme ad altri argo-
menti, giustifica dunque l’epiteto «protourbano»
conferito airinsediamento di Moncodogno.
Condizioni e rapporti sociali
Quali condizioni sociali possiamo immaginare
all’interno del castelliere? Gli esiti raggiunti da
tanti anni di ricerche archeologiche consentono
alcuni presupposti e chiavi di lettura, basati
esclusivamente sulla situazione sul campo. Nella
circostanza ci prenderemo la libertà di formulare
alcune ipotesi, che a qualche lettore potranno
forse sembrare eccessivamente rischiose. Ma,
inesorabilmente, la lunga frequentazione ed
esplorazione di un posto stimola giocoforza delle
riflessioni sul modo di vivere dei suoi abitanti,
riflessioni che saranno perciò di seguito esposte.
Il carattere spiccatamente ipotetico di alcune
affermazioni sfiora certamente «la fantasia creati-
va», che nell’archeologia ha un ruolo importante.
Le ipotesi non si basano sulle argomentazioni
del dibattito teorico contenuto nei classici
dell’ »archeologia sociale», come «Chiefdoms:
Economy and Ideology» di T. K. Earle del 1981,
poi «Chiefdoms to City-States in thè Greek
Experience» , firmato da M. Ferguson, sempre
del 1981, oppure «Approches to Social Archaeo-
logy» di C. Renfrew, pubblicato nel 1984, o su
quelle dei loro numerosi seguaci. Per questo
motivo non verrà enfatizzata l’annosa questione
se si possa parlare nel caso di Moncodogno
dell’esistenza di un sistema sociale del «big man»
o di una società con un capo oppure di una
società più complessa. Non si cercherà di spiega-
re la situazione di Moncodogno con un modello
preesistente o propizio allo sviluppo di una socie-
tà preistorica. Il nostro unico scopo è stato riesa-
minare le possibilità di lettura delle condizioni
sociali esistenti nel castelliere istriano nel perio-
do fra il 1800 e il 1500 a. C, vale a dire al tempo
di passaggio dal periodo del Bronzo Antico a
quello del Bronzo Medio, solo e unicamente sulla
scorta dei risultati di ricerche sistematiche. Evite-
the acropolis area, brings us to an overall number
of 850 residents, inhabiting the settlement of
Monkodonja. If, however, we presume that six
people lived in each house, we get a figure of 980
inhabitants. The calculation with eight residents
per house gives a result of 1240 inhabitants,
which is, according to our opinion, also an
approximate maximum of the people dwelling in
the settlement. To these estimations we should
add also the unknown number of dwellers from
outside the settlement.
Speaking in general terms, we could state that
approximately as many as 1,000 inhabitants
resided in the settlement. This admirable number
itself, beside other arguments, should account for
the decision to describe the hillfort of Monko-
donja as “proto-urban” settlement.
Social circumstances and relations
How can we imagine the social circumstances
within the settlement? The results acquired from
long-term excavations at Monkodonja allow us
to make some hypotheses and interpretations
that are with every intention based exclusively on
the archaeological record from the terrain. In so
doing, we also took the liberty to advance some
hypotheses here, formulations of which will per-
haps seem to some of our readers as far-fetched.
Yet, the long-term excavations by itself necessari-
ly bring about also a reflection on the way of life
within the community of the settlement. The
highly hypothetical character of some of the
explanations that are going to be mentioned, cer-
tainly borders already on the field of “creative
imagination”, which in the archaeological
research should not be quite absent.
On the other hand, our hypotheses won’t be
based on the arguments of theoretical discus-
sions present in the classic studies of “social
archaeology”, such as “Chiefdoms: Economy and
Ideology” by T.K. Earle and “Chiefdoms to City-
States in the Greek experience” by M. Ferguson,
both from 1981, or the work “Approaches to
Social Archaeology” by C. Renfrew from 1984,
and their numerous followers. In this regard, also
the frequently posed questions of the existence of
a “Big-Man” system, chiefdom society or of an
even more evolved social complexity will not be
put in the foreground in the case of Monkodonja.
We will not attempt to explain the detected situa-
tion at Monkodonja in terms of some pre-exist-
ing or favoured model for the evolution of pre-
historic society. Our sole concern here will be the
questioning of possibilities to interpret the social
relations in a particular Istrian hillfort in the
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
547
remo le generalizzazioni sul tempo e sullo spazio,
ma cercheremo comunque di dare un contributo
al dibattito generale.
Già diverse volte abbiamo menzionato la sud-
divisione deU’insediamento in tre parti. Tutte e
tre queste zone erano cinte da mura, dunque
espressamente separate le une dalle altre, benché
si trattasse di un abitato unico (fig. 329). La
situazione di cui è parola non può venir spiegata
unicamente con motivi strategici, nonostante che
- beninteso - l’aspetto della «difesa» sia stato,
come dappertutto, un motivo determinante. Si
impone dunque l’ipotesi che tra la popolazione
dell’epoca esistessero comunque delle differenzia-
zioni e che la divisione deH’insediamento tramite
mura e la separazione di zone particolari, in cui
ognuno viveva la propria vita, siano state senz’al-
tro coscienti. Insorge la domanda se le differenze
tra i diversi gruppi siano state condizionate dalla
ricchezza, da specifiche attività, dalle loro origini,
dalla dipendenza economica o forse dalla religio-
ne. Considerando il notevole numero di 1000
abitanti, appare poco probabile, che la suddivi-
sione in tre settori principali sia stata imposta
forzatamente oppure ad hoc, durante la fondazio-
ne dell’abitato. È verosimile che il concetto gene-
rale della stratificazione sociale degli abitanti era
già portato dai primi residenti, che lo hanno
adattato sul posto, coordinandosi tra di loro. Se
non esisteva un consenso generale già prima, nel
caso di violenze ognuno dei tre gruppi avrebbe
avuto, data la parità numerica, analoghe possibi-
lità di sopraffazione nelle agitazioni interne.
È anche difficile immaginare che l’edificazione
di un grande insediamento, che richiese vasti
lavori di scavo e l’erezione di mura sin dall’inizio
dello stanziamento, attraverso una o due genera-
zioni, avrebbe potuto venir compiuta senza il
sussistere di un ordine sociale ben stabilizzato. La
ideazione e la direzione dei lavori, ma anche la
concreta esecuzione e rifornimento, potevano
venir organizzati solo se tutte le parti della socie-
tà accettavano l’esistenza di un ceto dominante,
cui era demandata la ripartizione di specifiche
attività in base alle necessità contingenti.
Si può presupporre che la descritta suddivisio-
ne tripartita di Moncodogno, che con tutta pro-
babilità rispecchiava i rapporti sociali del perio-
do compreso tra il 1800 e il 1500 a. C., vigesse
anche negli altri castellieri istriani. Resta da sta-
bilire se rapporti simili fossero istituiti pure nelle
altre regioni dell’Europa centrale e sud-orientale,
questione che potrà eventualmente venir risolta
dalle future ricerche.
Tuttavia la differenziazione sociale all’interno
time between 18th and 15th century BC or in the
period during the transition from the Early to
Middle Bronze Age, only and exclusively on the
basis of the systematic excavations results. Avoid-
ing the generalizations in the sense of time and
space, we nevertheless hope to contribute to the
general discussion on the subject.
There have been already many references
made to the tripartite division of the settlement
(Fig. 329). The three parts of the settlement are
all enclosed by walls, meaning that they are
strictly separated from each other, while basically
the inhabitants of Monkodonja still lived togeth-
er. This situation cannot be explained merely
with the strategic arguments, even if “defence” in
general is always and everywhere a chief motive
for the construction of fortifications. Such parti-
tion of the settlement indicates that the popula-
tion was segmented and deliberately separated,
as single groups dwelled in a separate town dis-
tricts, surrounded by walls. The question arises if
we are to understand these groups as differing on
the grounds of property, specific activities, ori-
gin, economic dependency or even religion.
Given the relatively large population of about
1,000 inhabitants, one can hardly presume that
the tripartite division was formed hastily or ad
hoc, during the foundation of the settlement. At
the very least, the residents must have brought
with them the idea of such division with which
they were already familiar and so came to terms
with it. Otherwise the constraints imposed on
the single parts of the society would be too
severe and the conflicts among them too destruc-
tive as the groups were relatively similar in
number and so equally capable to defend or
rebel. It is also hard to imagine that such a huge
construction project as was this settlement
together with all the fortifications, which took
one or two generations to complete, could have
been possible without an already established
social order. Within it the activities such as plan-
ning, management of works, digging in the quar-
ry, wall construction and supply issues, were all
controlled by an acknowledged leadership that
organized undertakings and assigned duties on
the basis of a stratified society.
Thus, the tripartite settlement might have
reflected the social conditions during the period
from 1800 to 1500 BC in Monkodonja. As it
seems, the latter were similar also in other relat-
ed sites in Istria. Future excavations will have to
answer whether similar circumstances were also
common on a broader scale, in Central and
South-eastern Europe.
548
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
di Moncodogno è dimostrabile solo attraverso la
diversità dell edificazione oppure vi sono altri cri-
teri in merito? Differenze nella distribuzione dei
reperti sono difficilmente percettibili, il che
dipende comunque dal diverso grado di conser-
vazione degli stessi e dalle differenze nella confi-
gurazione del terreno. Tuttavia la posizione dei
grandi contenitori per l’approvvigionamento
rivela una loro spiccata concentrazione nel setto-
re nord-ovest dell’acropoli e in parte nei magaz-
zini lungo la sezione settentrionale della mura-
glia principale, ma anche sta a indicare diverse
caratteristiche dell’immagazzinamento nella città
bassa rispetto all’acropoli.9 10 11 Anche per quel che
riguarda gli oggetti metallici, si intravede una
loro maggiore concentrazione sull’acropoli
rispetto alle altre zone dell’abitato. Però, in questa
fase della ricerca dei reperti, gli esempi in parola
sono tuttavia insufficienti per conclusioni sulle
differenze interne di ricchezza, il che non signifi-
ca che non ci fossero.
Le varie attività artigianali avvenivano certa-
mente in posti particolari all’uopo adibiti. Nel
settore sud-orientale della città alta si possono
distinguere, secondo la planimetria geofisica, due
o tre case più grandi (fig. 306). Nelle loro vici-
nanze, su una superficie di 20 x 20 m, avveniva,
come è stato accertato, la lavorazione del bronzo.
Con un detector per metalli sono state scoperte
numerosissime gocce di metallo, assieme ad altri
resti simili e ad alcuni frammenti di lingotti, resi-
dui della fusione del rame (fig. 268, 269). Lanalisi
archeometallurgica fatta da N. Trampuz-Orel ha
dimostrato che singole gocce si differenziano per
composizione chimica delle tracce d’elementi tro-
vati. Un tanto potrebbe essere indice di una ripe-
tuta attività di fusione di metalli di composizione
diversa, ovvero potrebbe verosimilmente trattarsi
di un ambiente in cui cera una officina metallur-
gica. In genere si può osservare che comunque il
metallo era estremamente prezioso e non sempre
disponibile. Infatti, gli strumenti venuti alla luce
sono per lo più di piccole dimensioni e del tutto
logorati dall’uso. In tutta l’area insediativa sono
stati trovati solo due frammenti di matrici di
fusione, di cui uno venne scoperto dal Bacie
alFinterno della casa J ,1!) Insolito è invece il
numero relativamente elevato di piccoli pezzi di
piombo amorfi e completamente fusi,11 anch’essi
indicanti l’attività metallurgica.
Attività artigianali sono state documentate in
almeno un posto all’interno della città alta, da
9 Hellmuth 2012,19-46, in particolare fig. 2.
10 Bursic Matiiasic 1998, T. 39, 554.
11 Mihovilic/Terian/Hansel/Becker 2001, 53 e fig.
Does social differentiation within Monkodon-
ja reflects only in the different characteristics of
houses, or are there other distinctions that could
point towards the division? The distribution of
small finds does not prove this, which is mainly
due to the different levels of preservation and
also variations in the terrain configuration. Nev-
ertheless, the distribution of large storage vessels
or pithoi, used for keeping various products,
shows a substantial concentration in the north-
western part of the acropolis, while the concen-
tration in the storage facilities along the northern
section of the main fortification wall is not so
prominent. This indicates in an even stronger
way, the various characteristics of the provision
storage in the lower town as opposed to the stor-
age at the acropolis.9 Similarly, for the metal
finds we can once again notice somewhat more
intense concentration in the acropolis district
than in the other parts of the settlement. These
above-stated examples are nevertheless insuffi-
cient, in this phase of the small-finds research,
for making any kind of conclusions about the
occurrences of internal differences in wealth,
what says nothing about whether the latter actu-
ally existed or not.
Various craft-related activities were most
probably conducted in specific and appropriate
parts of the settlement. In the south-eastern part
of the upper town, we could recognize, due to
the geophysical measurements, two or three larg-
er houses (Fig. 306). In their immediate vicinity,
in an area measuring about 20 x 20 meters,
bronze processing activities were ascertained.
With the help of metal detector we discovered
here several fragments of ingots, numerous
bronze drops and other small similar remains all
of which are the result of bronze metallurgy
(Figs. 268 and 269). Archaeometallurgical analy-
sis conducted by N. Trampuz-Orel revealed that
single bronze drops differ according to the chem-
ical composition of trace elements. This can be
interpreted as an indicator that here repeated
bronze melting was done with different raw
materials, that is, that here in all probability a
metal workshop was positioned. Generally
speaking, however, we can note that metal was
extremely precious and was not always available.
In this regard also the discovered objects are
mostly of smaller dimensions and completely
worn out from use. Likewise, only two fragments
of moulds were uncovered at the site and one of
9 Hellmuth 2012,19-46, especially fig. 2,
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
549
cui si può presumere che questa parte dell’inse-
diamento fosse molto probabilmente una zona
artigianale. Un tanto è suffragato dal grande
numero di piccoli scalpelli di bronzo e di oggetti
dosso semilavorati, scoperti proprio nellesplorata
parte marginale della città alta. Anche l’irregolare
distribuzione delle abitazioni potrebbe venir
adotta ad argomento a favore della concentrazio-
ne di attività artigianali all’interno della città alta,
perché ogni artigianato richiedeva un suo spazio
specifico, sia all’esterno che all’interno delle case.
Alla fin fine è difficile immaginare la vita quoti-
diana di un insediamento urbano con 1000 abi-
tanti senza una specializzata produzione artigia-
nale in grado di sopperire alle loro necessità.
Possiamo fare supposizioni pure sul traffico e
lo scambio dei beni. Che Moncodogno abbia
fatto parte della rete economica estesa fra l’Italia
settentrionale, l’Europa centrale a nord delle Alpi
lino al basso bacino fluviale del Danubio, lo pro-
vano i tratti distintivi delle ceramiche, ma prima
di tutto gli oggetti delle cosiddette tavolette enig-
matiche (Brotlaibidole), in quanto sintomi di una
prima rudimentale alfabetizzazione.’2 L’aspetto
interessante è che un numero non indifferente di
tavolette enigmatiche, tutte senza eccezione con
antiche tracce di fratture, è stato trovato in posti
diversi all’interno dell’abitato, ma la maggior
parte comunque nell’area dell’acropoli (fig. 330).
Le posizioni in cui sono state ritrovate, non rivela
niente per spiegare la loro finalità, ma l’ampia
diffusione indica in ogni caso un loro ruolo nei
traffici. Traffico e scambi con terre lontane, fino
al Mediterraneo orientale, sono attestati dal rin -
venimento di reperti di murici (Murex) comuni
nella tomba B, presso la porta ovest, e di alcuni
ossi di daino, il cui habitat era all’epoca ben
distante dalla penisola istriana.15 Il notevole
numero di vaghi d’ambra potrebbe indicare un
ruolo essenziale da parte di Moncodogno come
snodo nel commercio del prodotto tra il Baltico e
l’Oriente. I vaghi d’ambra facevano anche parte
dei corredi rinvenuti nelle tombe accanto alla
porta ovest, nei tumuli di Monsego e in altri siti
istriani.
Oltre agli scambi con le terre lontane si mante-
neva il traffico, parallelo e indipendente dal pre-
cedente, con i dintorni, che serviva a soddisfare i
fabbisogni quotidiani della popolazione, come è
riuscita a dimostrare C. Becker sull’esempio delle
dimensioni dei resti animali.141 resti di animali
12 Mihovilič/Teržan/Hansel/Matoševic/Becker 2001, 52;
Mihovilič/Hansel/Teržan 2011; Hellmuth 2012.
13 Becker 2001.
14 Becker 1997; 1999; 2001.
them was excavated by Bade in House l.10 11
Undoubtedly unusual appears a relatively large
number of small and completely amorphous
melted lumps of lead,11 pointing towards further
melting activities.
Craft-related activities have been detected at
least in one place of the upper town and we
could subsequently assume that this part of the
settlement was used as a workshop area. This is
corroborated with the high number of small
bronze chisels made of bronze and the semi-fin-
ished bone objects, discovered exactly in the
excavated margin parts of the upper town. The
irregular distribution and orientation of houses
could be a further indication for the concentra-
tion of artisanal activities, as each craft required
a specific place, both outside and inside the
building. A town-like settlement such as Monko-
donja, with its 1,000 inhabitants is hard to imag-
ine without a specialized craft production for
basic needs of the community.
The existence of trade and exchange of goods
can also be postulated. Here it should be men-
tioned that Monkodonja participated in the traf-
fic of goods between the northern Italy and Cen-
tral Europe north of the Alps and all the way to
the lower Danube river basin. This traffic is
reflected in general characteristics of ceramic,
but above all in the findings of the so-called
“Brotlaibidole” or loaf-shaped idols, that is, clay
plaques impressed with stamped signs of initial,
rudimentary literacy.12 Interestingly, the discov-
ered loaf-shaped idols, all of which were already
broken, were found scattered all over the settle-
ment, although the majority was found in the
acropolis area (Fig. 330). Their find-spots in the
settlement do not reveal in any way their func-
tion, although their wide spatial extent within
the region of Europe points to the fact that they
were undoubtedly part of a long-distance trade
activities. The involvement in trade and exchange
with distant regions all the way to the eastern
Mediterranean can also be surmised from the
finds of murex snails unearthed in the grave B at
the western gate, as well as from the bones of fal-
low deer, whose native range was at that time far
from the Istrian peninsula.13 Relatively large
numbers of amber beads could indicate the
important role of Monkodonja in the amber
10 Buršič Matijašič 1998, Tab. 39,554.
11 Mihovilič/ Teržan/ Hansel/ Matoševič/ Becker 2001, 53
with Fig.
12 Mihovilič/Teržan/Hansel/Matoševič/Becker 2001, 52
with Fig.; Mihovilič/Hansel/Teržan 2011; Hellmuth 2012.
13 Becker 2001.
550
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
domestici e di pesci rivelano, infatti, che la carne
veniva porzionata. Gli esemplari più grandi,
destinati in primo luogo agli scambi e traffico,
erano tagliati in pezzi e preparati per il consumo
giornaliero evidentemente al di fuori dell’abitato.
Qui merita citare quanto già scritto nelle prece֊
denti relazioni sulla funzione speciale, verosimil-
mente premonetaria, che potevano rivestire le
parti, intenzionalmente spezzate, di asce di bron-
zo.15
Restano aperte le questioni se le attività com-
merciali siano state forse direttamente collegate a
quelle artigianali e se si svolgessero principal-
mente nella città alta. Siamo consci del fatto che
gli argomenti a favore della città alta, come luogo
delle attività artigianali e produzione locale,
richiedano prove più consistenti, tuttavia qui
abbiamo voluto proporli come tesi.
Le terrazze nella città bassa deU’insediamento
formano la superficie più estesa delle tre aree
summenzionate. Nella città bassa le case erano
poste in modo compatto, una a ridosso dell’altra,
e rappresentavano perciò una zona caratteristica
della comunità dentro l’insediamento. Si può
supporre che i suoi abitanti svolgessero attività
particolari, tra loro simili, per cui potrebbero
venir considerati come un ceto sociale omoge-
neo. Insediati proprio ai margini dell’abitato, non
rivestivano ruoli significativi nelle strutture
dominanti; si trattava dunque, con molta proba-
bilità, del ceto sociale inferiore dell’epoca.
Indubbiamente le necessità della popolazione
non potevano venir soddisfatte solo con la prati-
ca degli scambi e traffico con i dintorni. Bisogna
presumere che esistesse uno strato sociale incari-
cato di occuparsi primariamente degli approvvi-
gionamenti dell’insed¡amento con i prodotti agri-
coli necessari ai fabbisogni essenziali. Questi abi-
tanti di gran numero, che con il proprio lavoro
nei campi circostanti rifornivano la città, doveva-
no risiedere da qualche parte. Insediamenti nelle
pianure attorno a Moncodogno, sono conosciuti
in modo insufficiente, e lo stesso vale anche per
gli altri grandi castellieri istriani: una situazione
che non può essere solo casuale, date le numero-
se prospezioni e l’alto numero di esplorazioni e
conoscenza dei monumenti culturali nell’Istria.
Non potrebbe essere che proprio i numerosi abi-
tanti della città bassa appartenessero al ceto dei
coltivatori, il quale produceva approvvigiona-
menti per tutto l’insediamento? I campi che gra-
vitano attorno al castelliere sono situati nelle sue
immediate vicinanze (fig. 1): dunque potevano
15 Hànsei/Mihovilic/Terzan 2010 e 2012.
trade route between the Baltic and the Near East.
Amber beads have been found in graves at the
western gate of Monkodonja and in the nearby
tumuli at Musego as well as elsewhere in Istria.
Besides the long distance trade also parallel
and from the latter independent trade relations
with the more immediate vicinity existed,
through which the daily needs of the community
were met. This was proved by C. Becker with the
analysis of the sizes of bone remains.14 15 Remains
of domestic animals and fish are namely por-
tioned, that is to say that larger pieces, intended
primarily for trade and exchange, were obviously
cut into pieces and prepared for every-day con-
sumption outside the settlement. Here we should
mention also what has already been shown in
preliminary reports, namely that the parts of the
intentionally broken bronze axes could have had
a premonetary function.15 The question is wheth-
er these commercial activities could have been in
direct connection with crafts and if they primari-
ly took place in the area of the upper town? We
are well aware that arguments in favour of view-
ing the upper town as a place of local craft-based
activities and production require more solid evi-
dence, nevertheless we wanted to propose this
view here as a thesis.
Terraces in the lower town account for the
largest of the three parts of the settlement, here
the houses are packed together and represent a
characteristic section within community of the
settlement. It can be assumed that its residents
performed particular, mutually similar tasks and
consequently should be regarded as a uniform
social class. Settled on the margin parts of the
settlement, they had no significant role in the
leading positions and possibly represented a
group of low social position.
The food requirements of settlement inhabit-
ants could not be satisfied only with the
undoubtedly practiced exchange or trade with
the closer vicinity. It should be assumed that the
basic supply of agricultural products was provid-
ed by a certain social class, which occupied itself
with provisioning of the settlement. This large
population group that worked the fields in order
to supply the town with food must have dwelt
somewhere. Lowland settlements in the vicinity
of Monkodonja were not identified yet and the
situation is similar also for other major hillforts
in Istria. Due to the numerous prospections and
a high degree of cultural monuments researched
14 Becker 1997; 1999 and 2001.
15 Hansel/ Mihovilic/ Terzan 2010 and 2012.
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
551
venir lavorati senza difficoltà durante il giorno.
Tuttavia per quale motivo avvenne la divisione
dell’area insediamentale tra i singoli gruppi dei
circa 1000 abitanti che operavano aH’interno e
nelle immediate vicinanze deH’insediamento? È
difficile trovare una spiegazione logica senza
prendere in considerazione l’autorità determi-
nante di un’élite, ossia di un ceto sociale superio-
re, sullorganizzazione e condizioni sociali. Va da
sé che gli appartenenti al ceto superiore abitava-
no nella parte centrale, sopraelevata e cinta dalle
possenti mura dell’acropoli, benché fosse assai
grande e troppo estesa per essere ritenuta come
sede solamente del ristretto gruppo dominante.
Le loro case erano differenti, non solo di diverse
dimensioni ma anche dotate di numerosi vani,
destinati verosimilmente a usi differenti. Tra que-
ste case spiccano due complessi edili più grandi,
che nel Mediterraneo meridionale vengono
descritti come palazzi. In quest’area insediativa lo
spazio sembra più esteso rispetto alle fitte schiere
di case della città bassa o agli edifici della città
alta. Nell’area dell’acropoli, e in parte anche nella
città alta, risultano indizi, come ad esempio delle
marcate concentrazioni di grandi recipienti nei
diversi posti, i quali indicherebbero che gli
approvvigionamenti superavano le necessità di
una ristretta cerchia di abitanti e che venivano
organizzati in maniera sistematica. AU’interno
delle singole abitazioni esistevano differenti vani,
probabilmente piccoli magazzini, poi stanze più
grandi e anche vani destinati a raggruppamenti
più rappresentativi (allegati 6, 7, fig. 326 e 327).
Se si osserva attentamente la pianta dell’acropoli,
la dimensione degli ambienti rivela che lélite non
era formata da un’unica famiglia bensì da un
numero maggiore di persone con l’appartenente
servitù. Riassumendo quanto detto, possiamo
affermare che tra gli edifici spiccano uno o due
nei quali potevano risiedere sovrani, capi, princi-
pi o monarchi locali con il loro seguito e servitù.
Tra il gran numero del ceto dominante e l’inte-
ra popolazione doveva esserci ancora un gruppo
molto piccolo di persone, per le quali esistessero
ragioni, a noi ignote, di sepoltura. Il concetto di
«élite» qui non è abbastanza precisato da poter
comprendere tutti i criteri selettivi per cui venne
istituito un rapporto speciale verso i resti mortali
dei defunti di questo gruppo, rapporto attestato
dalla scoperta delle tombe A e B, situate accanto
alla porta ovest della muraglia principale. Tanto
più che dette tombe non fanno parte di una
destinata necropoli e tante vero che l’area funera-
le della stragrande maggioranza degli abitanti di
Moncodogno è tuttora sconosciuta. Nel caso
in the territory of Istria, the above-described sit-
uation cannot be regarded as a mere coincidence.
Are hence the numerous residents of the lower
town, those who worked the fields and meadows
and had to satisfy the food requirements for the
entire settlement? The fields that gravitate
towards the hillfort are to be found in the imme-
diate vicinity (Fig. 1) so it was possible to culti-
vate them on a daily basis from Monkodonja
itself, without any difficulties.
What was the reason then for the separation of
housing and living areas among the single groups
of 1.000 inhabitants that lived and worked within
and in the immediate vicinity of the settlement?
It is hard to find some coherent explanation
without taking into consideration the deciding
influence of the elite or better the upper social
class on the organisation and social relations. To
assume that the acropolis area, located in the
middle of the town and rendered prominent by a
particularly powerful fortification, was settled by
elite seems more than obvious. Although it
should be stressed, that the acropolis area is very
large and too spacious to be seen merely as the
residential centre of the small ruling class. Its
buildings not only vary in size, but also contain
numerous rooms with various functions.
Amongst them two larger building-complexes
stand out, that would have been regarded as
palaces in the more southern areas of the Medi-
terranean. The ambient of this part of the settle-
ment seems somewhat more spacious than the
tightly packed rows of houses in the lower town
or the structures of the upper town. Further-
more, there are certain indications in the acropo-
lis as well as in the areas of the upper town, of
organized storage of supplies in storage vessels or
pithoi, concentrated in several different places
and exceeding the needs of limited group of resi-
dents. Within the dwellings are rooms of various
sizes, most probably functioning as small storage
rooms, while larger rooms were used for residen-
tial purposes, and still larger ones for gatherings
and other representative events (Charts 6-7, Figs.
326 and 327). If we look at the ground-plan of
the acropolis area it becomes clear that the elite
was not composed only of one ruling family, but
of a larger group of people together with their
attendants and servants. The house types in the
acropolis area likewise suggest, judging by the
number of residents, that relatively numerous
elite lived there, which had different competenc-
es and ranks. Among the important buildings,
one or even two are particularly conspicuous.
They could have served as residences for chief-
552
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
dianzi detto si tratta di monumenti in cui furono
deposti i resti di defunti, ma nello stesso tempo
essi funzionavano come richiamo alla memoria
per i posteri. I resti ossei di persone, sui quali si
osservano tracce di vecchie fratture e traumi,
vennero seppelliti molto dopo la morte in piccole
tombe a cassetta, nelle quali una sepoltura nor-
male, a meno di una posizione rannicchiata in
estremo, non sarebbe stata possibile. Senza alcu-
na relazione di anatomia le singole ossa femmini-
li e maschili di persone di varia età e anche di
bambini venivano deposte nelle cassette attraver-
so un lungo periodo e dopo rituali funerari a noi
sconosciuti. Nel corso degli scavi sono state tro-
vate due di queste cassette litiche, molto ben
lavorate, che per la loro specifica collocazione
rispetto all’entrata nell’insediamento, si possono
indubbiamente ritenere come luoghi di sepoltura
importanti, messi in rilievo (fig. 100, 1-2 e 102).
Accanto sono state trovate tracce anche di altre
tombe distrutte. Il fatto che si tratti dei sepolcri
di persone importanti non è convalidato da cor-
redi eccezionali, ma in primo luogo dalla posi-
zione delle cassette in seno al complesso d’entra-
ta. Rimane aperta la questione, se lo scheletro di
una giovane donna, sconvolto nella sua parte
inferiore, ma quasi completamente integro nella
sua parte superiore, rinvenuto nella tomba a cas-
setta B (fig. 169 e 170), si possa effettivamente
mettere in relazione con uno status speciale della
donna nella gerarchia sociale dell’insediamento.
Si tratta però di un ritrovamento isolato, che non
consente di generalizzare. È altresì possibile che
sì tratti della vittima di un sacrificio, compiuto
nell’occasione dell’inizio dei lavori edili.
Le cassette litiche, in cui vennero ripetutamen-
te deposti diversi resti mortali dei defunti, furono
latte segno di una particolare devozione, anche
nel periodo dopo la prima erezione delle tombe e
dopo le prime sepolture. Le tombe nelle cassette
litiche A e B risalgono all’inizio dell’insediamen-
to, ma forse sono anche precedenti. Finché l’abi-
tato esistette, esse erano luoghi di particolare
significato, onnipresenti ai viventi e poste a
vegliare sulléntrata e sull’uscita del castelliere e a
proteggerle. Le tombe erano le protettrici delfin-
sediamento e la loro venerazione è strettamente
correlata al culto degli antenati. Verosimilmente
esisteva un legame tra quelle poche tombe e la
stretta cerchia di persone dirigenti, parte della
stessa élite. È significativo che durante i lavori di
riordinamento e ampliamento della porta ovest,
la tomba a cassetta A sia stata volutamente mura-
ta, ossia intenzionalmente nascosta alla vista (fig.
142, 144). La seconda tomba a cassetta, la B, è
tains, rulers, local princes or even kings, includ-
ing their entourage and attendants.
In addition, there must have existed a very
limited group of persons among the numerically
large upper class and the rest of the population,
for which there were special reasons, unknown
to us, to be buried in the specific area. The term
“elite” here seems too general to comprise all the
selection criteria which brought about such a
preferential treatment of human remains for the
chosen deceased as the example of stone-cist
graves demonstrates. These burials are not part
of a larger burial ground, the majority of burials
of all the residents of Monkodonja has not been
found to date. They rather represent sites for the
protection of the deceased and for the presenta-
tion of funerary monuments for posterity. The
bones of a small number of individuals, which
were partially broken before, were laid down into
several stone cists long after the death of the lat-
ter. These grave cists were too small for simple
inhumations but they could have been used, at
most, for extreme crouched burials. Only few
selected bones and not complete skeletons,
belonging to men, women and children of differ-
ent age groups, were laid down without any ref-
erence to anatomically predetermined positions,
in accordance with incomprehensible actions
that lasted over longer periods of time. We dis-
covered two carefully prepared stone cists, name-
ly graves A and B, that were marked as important
burial sites in their relation to the main gate
architecture (Fig. 100, 1-2 and 102). Traces of
other destroyed graves have been likewise uncov-
ered. We came to regard them as resting places
for the remains of outstanding personalities, not
on the basis of grave goods, but rather due to
their position that was integrated in the architec-
ture of the gate. A skeleton of a young woman
was discovered in stone cist B, whose lower part
of the body was heavily damaged, while her
upper part, however, was well-preserved and dis-
covered in an anatomically correct position (Fig.
169,170). Whether this reflects a special status
held by women in the social system of the settle-
ment is difficult to say because of the uniqueness
of the find. To interpret her burial as an oblation
by the settlement foundation or renovation is
likewise a very plausible option.
It is beyond doubt that stone cists, containing
bones laid down repeatedly through longer periods,
were objects of attention, honour and veneration
even long time after their construction and initial
use. They were constructed at the very beginning of
settlement activities at Monkodonja, or even before-
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
553
rimasta invece, per tutta la durata dell’esistenza
dell’abitato, intatta nella sua posizione primaria
all’interno del bastione dell’entrata (fig. 154-155,
179). Il destino della tomba a cassetta A si
potrebbe forse spiegare come una specie di
«damnatio memoriae». Forse due o più famiglie
egemoni disponevano ognuna di un proprio
luogo per onorare i propri antenati, luogo situato
nelle immediate vicinanze della porta. Possibili
rivalità e conflitti avrebbero potuto cambiare il
rapporto verso le tombe. Evidentemente la fami-
glia la cui tomba era situata all’interno del bastio-
ne della porta ovest mantenne la propria impor-
tanza durante tutta l’esistenza dell’abitato. L’altra
tomba, precedente, che forse apparteneva ai riva-
li, venne murata da un nuovo muro e intenzio-
nalmente nascosta alla vista, senza che venisse
tuttavia distrutta. A condizione che queste spie-
gazioni siano accettabili, si potrebbe in parte
anche chiarire la religiosità degli abitanti di Mon-
codogno, religiosità in cui gli antenati, dovevano
essere oggetto di particolare devozione.
La seconda area che si può associare alla sfera
religiosa, forse anche ai culti ctoni, è la grotta sul
versante settentrionale del colle. Attorno alla sua
apertura venne livellata e ordinata una notevole
superficie, onde permettere a un consistente
numero di osservanti di partecipare alle cerimo-
nie (fig. 286, 293, 294). La scena raffigurata su
una miniatura grossomodo coeva e proveniente
da Cnosso, sull’isola di Creta, può essere parzial-
mente d’aiuto per immaginarsi gli avvenimenti
cultuali analoghi (fig. 295). Va senz’altro ricorda-
to che nella raffigurazione cretese sono proprio
le donne a condurre e celebrare i riti e che l’ulti-
ma persona, sepolta nella tomba a cassetta litica
della porta ovest, è stata pure una giovane donna.
Questo potrebbe forse indicare che anche a Mon-
codogno erano le donne a essere deputate a cele-
brare e tramandare i riti religiosi.
Vi sono naturalmente anche altre osservazioni
indicanti che la zona centrale all’interno dell’in-
sediamento era la sede del potere locale. La fine
del grande insediamento fu suggellata dalla con-
quista delle mura dell’acropoli e con questo
anche la conquista dell’abitato. Alcune indicazio-
ni sulla conquista dell’insediamento sono le armi
trovate in sita (ascia, punta di lancia, punte di
frecce e ciottoli rotondi per le fìonde). Dopo la
caduta dell’acropoli, la comunità non fu più in
grado di riprendersi né di riacquistare e ristabili-
re la grandezza e la stratificazione di una volta.
Solo in alcuni posti all’interno dell’insediamento
sono state trovate tracce di continuazione dello
stanziamento. Anche lo strato dominante, dopo
hand and remained places of special veneration,
eternally present, functioning as guardians or pro-
tectors of the settlement, placed at its entrance or
exit. They were the protectors of the site and as
such received special attention. They should be seen
in the context of ancestor worship. It is probable
that graves, very small in number, have a reference
to the top of the ruling group within the elite. It is
namely interesting to note that stone cist A was hid-
den under a wall when the main gate was rebuilt,
which means that it was hidden from view inten-
tionally (Figs. 142 and 144). The other cist B was
preserved in the privileged position at the corner of
the west gate throughout the entire period of exist-
ence of the settlement (Figs. 154,155 and 179). It is
indeed tempting to interpret the circumstances of
grave cist A as a case of the “damnatio memoriae”.
Possibly two, but maybe even more of the ruling
families within the leading class, had its place to
worship their ancestors within the tombs at the
gate. It is easy to imagine that rivalry and conflicts
existed between them, which could be reflected in
the treatment of the ancestor graves. One family
with a place for keeping the dead positioned in the
corner structure of the western gate was able to
retain its importance during the entire period of
existence of the settlement, whereas the other grave
in stone cist A, that was erected earlier, had been
overbuilt by a fortification wall, we could even say
hidden underneath and eliminated, but without
being de facto destroyed. If these hypotheses are
correct, then the graves also shed some light on the
religious dimensions of the residents of Monkodon-
ja, in which the ancestors were particularly hon-
oured.
Yet another area can be clearly connected with
the religious aspects, maybe even with chthonic
cults, namely the perpendicular cave on the
northern slopes of the settlement. A large area
surrounding it has been levelled, in order to be
able to receive a larger number of spectators dur-
ing cult-related events (Figs. 286, 293-294). A
representation on the approximately contempora-
neous miniature from Knossos on Crete can to a
certain point convey an image of how we have to
envisage such cult-oriented events (Fig. 295). We
certainly should mention that the image from
Crete displays women conducting and celebrating
the cults, and that the last interment in the stone
cist B at the western gate is also that of a woman.
This could point to the fact that also here at
Monkodonja the women were those who per-
formed and inherited a specific role in rituals.
Other observations likewise corroborate that
the acropolis area was a central seat of power
554
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
la definitiva demolizione delle mura e la distru-
zione dell’abitato, abbandonò con tutta probabili-
tà le proprie dimore. Sta di fatto che i resti di
scheletri trovati nelle tombe un po’ più recenti e
poste sotto i tumuli del colle di Monsego, distan-
te circa 1,5 km da Moncodogno, dimostrano sor-
prendenti analogie anatomiche con i defunti
delle tombe a cassetta della porta ovest. Sebbene
tra le tombe di Moncodogno e quelle di Monsego
esista un’indubbia differenza cronologica, per
quel che riguarda le proprietà genetiche, i resti
mortali formano un insieme. Interessante è
anche il fatto che le tombe di Moncodogno e di
Monsego, pur rivelando tradizioni comuni, pre-
sentino pure alcune differenze sostanziali. Dopo
il crollo dell’insediamento, i rapporti sociali cam-
biarono notevolmente. Non fu più possibile orga-
nizzare un insediamento di grandi dimensioni di
carattere urbano. E tuttavia gli individui sepolti a
Monsego erano, tutto sommato, gli eredi genetici
dei sovrani che una volta avevano governato
l’abitato fortificato. Furono tramandati la tradi-
zionale inumazione in cassette litiche, compreso
lo specifico rapporto verso i resti mortali dei
membri defunti della comunità. La novità fu che
le aree funerarie erano distanti daU’insediamento
ed erano coperte dai tumuli, fenomeno diffuso a
quel tempo attraverso tutta l’Europa centrale. Per
la loro posizione i tumuli dominavano sul pae-
saggio, invece le più antiche tombe degli antenati
avevano fatto parte del tessuto urbano.
La topografia di Moncodogno e le peculiarità
delle tombe a cassetta situate alla sua porta sug-
geriscono l’esistenza di un grande ceto dominan-
te con una propria gerarchia interna. Questo ceto
governava e gestiva tutti i rapporti all’interno
dell’insediamento. Vi sono pure altri fatti a soste-
gno di questa tesi, che procedono anzitutto dalla
storia della fondazione dell’abitato stesso. È stato
più volte rilevato che il colle venne insediato in
un solo atto: un maggiore gruppo di persone
occupò il posto e avviò i lavori di scalpellatura
per preparare il terreno del futuro insediamento.
Enormi quantità di pietre tagliate vennero usate
per innalzare le mura, che presentavano tutte la
medesima struttura, mentre le abitazioni furono
costruite nella maggioranza dei casi in legno. I
risultati delle misurazioni radiocarboniche lascia-
no 1 impressione che l’occupazione del territorio
con la costruzione della muraglia principale e poi
la delimitazione dell’area della città alta, nonché
la costruzione delle mura, circostanti la zona
centrale sopraelevata, siano avvenuti in un lasso
di tempo sorprendentemente breve. La costruzio-
ne delle mura dell’acropoli, assieme a quella della
within the town. The fate of the settlement was
sealed by the conquest of the acropolis fortifica-
tion walls with which also the settlement was
occupied. There are several signs that attest to
the conquering of the settlement. In this regard a
special mention should be made of weapons
found in their original positions or in situ, such
as an axe, a spear-head, an arrowhead and sling
stones. After the fall of the acropolis, the settle-
ment community was not able to recover as far
as its size and complexity are concerned. The
signs of further occupation are extremely meagre
and confined to several limited areas within the
settlement. After the final demolition of fortifica-
tions and the very end of the settlement also the
upper class most probably left their houses and
abandoned the settlement. The skeletal remains
from the graves under the tumuli, dated to the
somewhat later period and located on a neigh-
bouring hill Musego, around 1.5 km away from
Monkodonja can offer us additional information
on the discussed period after the end of the set-
tlement. They namely show striking anatomical
similarities with the human remains from the
graves at the western gate of the main fortifica-
tion. Even though these graves show clear time
gap between each other, in the sense of genetic
characteristics they undoubtedly belong together.
It is interesting how graves from Monkodonja as
well as those from Musego reveal one common
tradition, but also crucial differences. The social
relations changed significantly after the demise
of the settlement, as the organization of a large
proto-urban settlement could not be maintained.
Nevertheless, from the genetic point of view the
members of the elite buried at the Musego buri-
al-ground were the successors of the elite from
the fortified hillfort. The form of the grave stone-
cists and the specific treatment of the bones of
deceased was maintained as a tradition, while the
burial-ground was now located away from the
settlement and the graves were placed under the
burial mounds or tumuli, in accordance with a
widely accepted Central European custom. These
tumuli now had a position that dominated the
landscape, whereas former graves of ancestors
were an integral part of the settlement.
The topography of the Monkodonja settlement
and the specific nature of the graves at the gate indi-
cate that there has been a substantial upper class,
differentiated in itself and probably hierarchically
organised, that ruled and regulated all the relations
within the settlement. Several other facts support
this interpretation and originate from the period of
settlement foundation. It was already mentioned
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
555
muraglia principale, rientra fra le prime attività
intraprese dopo loccupazione del terreno. Il
nuovo insediamento fortificato venne creato con
un grande atto colonizzatore. E senza un’autorità
ferma e riconosciuta da tutti, come anche senza
una grande massa lavoratrice, quest’atto non
sarebbe stato possibile.
Ma donde giunse quella forza lavoro? Con l’ec-
cezione delle tombe situate nella grotta perpendi-
colare, che risalgono al periodo intorno ai 4000
a. C., in tutto il territorio non sono state trovate
tracce di un insediamento precedente. Non vi
sono dubbi che la costruzione di Moncodogno
sia incominciata su un terreno vergine, motivo
per cui i colonizzatori dovevano provenire da
qualche altra regione. Sarebbe difficile presup-
porre che Moncodogno sorga dalle comunità
locali dei dintorni, riunitesi nel senso di sineci-
smo. In Istria, il periodo prima della fase avanza-
ta del Bronzo Antico, che precedette Moncodo-
gno, non è abbastanza conosciuto. Prima della
fondazione di Moncodogno e d’insediamenti
simili la penisola istriana era, a quanto sembra,
poco popolata. Anche il grande numero di
castellieri, probabilmente fondati contemporane-
amente, non avvalora la tesi dello sviluppo autoc-
tono. Il numero di abitanti nel periodo iniziale
del Bronzo Antico era semplicemente troppo pic-
colo perché potessero venir innalzate, senza un
aiuto esterno, delle fortificazioni così possenti in
tanti nuovi insediamenti. È più logico supporre
che in Istria immigrò un grande gruppo organiz-
zato d’individui, proveniente da una o addirittura
più direzioni. Tuttora non è chiaro donde quei
nuovi abitanti potevano arrivare. Dovendo carat-
terizzare con poche parole i reperti sia ceramici
come altri, potremmo dire che sono in genere di
fattura locale con evidenti analogie e collegamen-
ti nelle regioni vicine e distanti.16 Comunque
nessuno di quegli influssi è talmente prevalente
da lasciar postulare l’eventuale regione d’origine
dei nuovi abitanti. Per quel che riguarda la
coscienza comune, quella comunità eterogenea
propendeva verso il meridione, mentre le forme
architettoniche e alcuni elementi dei rituali fune-
bri derivano indubbiamente dal Mediterraneo
orientale. Eorigine esatta dei nuovi abitanti rima-
ne comunque una delle maggiori questioni irri-
solte delle nostre ricerche. In base al carattere
dell’insediamento, alla concezione e struttura
premeditate, al veloce ritmo dei lavori, alla densi-
tà edilizia e ad alcuni altri indicatori, è quasi
16 Hellmuth 2012 e 2014; Hànsel/Mihovilic/Terzan 2010 e
2012.
that evidently the hill was settled at a single stroke
or in one act. A larger group of people took posses-
sion of the place by embarking on quarrying activi-
ties that lasted until the hill was formed in a way
that allowed the construction of the settlement.
Huge amounts of stone were used to build the very
uniformly executed walls, while the residential
houses were mostly built of wood. Radiocarbon data
results leave an impression that the settlement has
been constructed in a remarkably short period,
especially if we take into consideration that this
included the construction of the main fortification
wall, the delimitation of the Upper Town as well as
the erection of a fortification around the central,
prominent part of the settlement. The acropolis
walls and the main fortification were constructed at
the beginning, when the settlers took possession of
the whole area. A large fortified settlement was cre-
ated through a big colonization undertaking.
Where did this manpower come from? There
was no evidence found of the previous occupation
of the area before the erection of the walls, the only
exception being the graves found in the perpendic-
ular cave, which are dated to the period around
4000 BC. Unquestionably the settlement was erect-
ed on virgin ground. This is the reason why we are
of opinion that the colonizers had to come from
another region. It is very hard to imagine that they
actually came from the surrounding areas and that
the Monkodonja settlement is a product of syne-
cism aspirations in the region. Periods preceding
the advanced phase of the Early Bronze Age and the
settlement beginnings at Monkodonja in Istria are
still too poorly documented for any kind of conclu-
sions. In the mentioned period the Istrian peninsu-
la was only sparsely populated. Furthermore, the
sheer number of newly founded fortified hillforts in
Istria, which were most probably created more or
less contemporaneously with Monkodonja, speaks
in favour of a non-autochthonous development.
The population before the advanced stage of the
Early Bronze Age was simply too small to be able to
erect such massive fortification structures without
the help of the manpower from outside the penin-
sula. Therefore it is much more plausible to postu-
late that a large organized group of people migrated
here from one or even more directions. Where they
actually came from is still a matter to clarify. The
ceramics and other small finds can in short be char-
acterized as locally specific, though showing clear
analogies and connections to the regions in the
near and distant territories.16 However, these rela-
16 Cfr. Hellmuth 2012 and 2014; Hansel/ Mihovilic/ Terzan
2010 and 2012.
556
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
certo che la colonizzazione venne condotta da un
gruppo nuovo venuto dall’esterno. I reperti però
rivelano per la maggior parte caratteristiche loca-
li. Come si spiega?
Secondo la nostra ipotesi, un gruppo ben
organizzato di immigrati diresse, secondo un
piano attentamente predisposto, l’edificazione dei
nuovo grande insediamento. Per se stesso, come
luogo della propria residenza, si fece costruire
l’acropoli. Gli immigrati riuscirono a mobilitare
nell’impresa, probabilmente anche a costringere
la popolazione locale, che formava la maggior
parte della forza lavoro. Quel grande progetto
poteva riuscire solo con la collaborazione e la
coordinazione di un ceto autonomo di artigiani e
commercianti, che riforniva sia gli strati egemoni
sia la forza lavoro. Quel ceto richiedeva qualche
libertà in più per gestire gli affari in modo più
efficace. Sulla scala sociale, gli artigiani e com-
mercianti erano verosimilmente posizionati a un
grado più elevato degli operai, che potevano
essere tenuti in una sorta di schiavitù. I nuovi
padroni dovevano preoccuparsi anche del futuro,
vale a dire di far sì che il nuovo insediamento
ricevesse rifornimenti regolari. Accanto alledili-
zia andavano perciò organizzate l’agricoltura, la
pastorizia e la pesca. E se il gruppo dominante
non poteva o non voleva dedicarsi a quelle attivi-
tà, bisognava necessariamente coinvolgervi, con-
trollandoli, gli indigeni, che conoscevano la
situazione locale.
Infine, in merito alla ripartizione dell’abitato
in tre settori, possiamo riassumere le seguenti
tesi. L’acropoli rappresentava il posto in cui si
insediò un consistente gruppo egemone, assieme
al proprio seguito e servitù. Esso poteva esercita-
re il potere stabile e i rapporti di predominio
instaurati, solo mantenendo la propria coesione
interna e mettendo in atto nel frattempo limita-
zioni verso gli altri abitanti. Lo spazio dell’acro-
poli ottemperava a tutte le sue necessità e biso-
gni. Degli approvvigionamenti si preoccupavano
gli abitanti della città alta, ceto che mantenne la
propria posizione sociale, un tantino più elevata,
anche dopo la fine della costruzione delle strut-
ture insediamentali. La maggioranza della popo-
lazione era composta da operai e contadini che
abitavano nella città bassa. Da qui gli apparte-
nenti a questo gruppo si recavano ogni giorno a
lavorare nei campi tornando di sera al sicuro del
castelliere, che rappresentava una certa sicurtà.
Non serve nascondere che questa proposta di
rappresentazione della vita nel castelliere di
Moncodogno si fonda su un esempio storico
molto noto. Un simile sviluppo degli awenimen-
tions were not as intense and dominant that they
would enable to specify the region of origin of new
settlers. According to their common awareness this
new, heterogeneous community gravitates to a large
extent to the south, while the architectural forms
and certain elements of the burial rite derive
undoubtedly from the eastern Mediterranean area.
To determine from where these settlers emigrated
remains one of the main goals of future research.
The characteristics of the settlement, its planned
conception and structure, the fast construction
pace, building density and some other indications
suggest that the hill was settled by newcomers from
outside. However, the finds seem to show local
characteristics. How can all this be explained?
Our hypothesis is that a well-organized group
migrated and directed the construction of the
settlement according to the plan. This group had
the acropolis built for its own purposes as a place
of dwelling. While successfully executing this
undertaking they had furthermore succeeded in
involving the local population, most probably by
forcing them into cooperation and subsequently
using them as labour force. This big and
demanding venture could only be successful if
there was an independent class of craftsmen and
tradesmen that were willing to cooperate and
coordinate the supply of provisions for the upper
class as well as for labour force. This third group
needed certain liberties in order to operate suc-
cessfully. It enjoyed a social status that surpassed
that of the workers who held a more or less slave-
like position. The new rulers had to think fur-
ther, as it was necessary to secure supplies for the
newly founded town on a more permanent basis.
Besides, being in charge of construction activi-
ties, they had to organize also agriculture, cattle
breeding and fishing. In case in which the upper
class was not capable or willing to carry out these
activities, they of course had to depend on and
exercise control over the natives, which were
familiar with the local conditions.
This tripartite division of the settlement can
be summarised in the end as follows: the acropo-
lis was a place where a large ruling group had
settled together with its attendants and servants.
It managed to remain in permanent power only
because it was coherent within and dearly sepa-
rated from the remaining groups. The acropolis
fulfilled these necessities and needs. The resi-
dents of the upper town were responsible for the
supply of provisions, and they maintained their
somewhat higher position even after the comple-
tion of the settlement. The largest section of the
population was made up from labour force of
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
557
ti avvenne in Grecia, quasi mille anni più tardi.
Intorno all’primo millennio a. C. la Laconia
venne colonizzata dai Dori, meglio noti come gli,
infinite volte citati, Spartani.17 Essi mantennero la
propria egemonia per alcuni secoli. Anche fra
loro esisteva una certa stratificazione sociale. Gli
Spartani, in quanto appartenenti a un’élite tipica-
mente militare con specifici principi morali,
demandarono ai Perieci, insediati nei dintorni, la
realizzazione delle esigenze economiche indi-
spensabili alla sopravvivenza della città. Gli Iloti,
una popolazione locale sottomessa dagli Sparta-
ni, erano costretti a lavorare la terra e a fornire
approvvigionamenti. Nella città di Lacedemone
esisteva, infatti, un sistema sociale tripartito con
due re e diversi efori, di cui nel territorio colo-
nizzato non si riscontrano particolari modelli
analoghi in precedenza, finché pressioni interne
ed esterne non ne provocarono il crollo. È possi-
bile supporre nel caso del Moncodogno dell’età
del bronzo una struttura e un’organizzazione
simili?
La città
Di solito gli abitati preistorici maggiori nel ter-
ritorio dell’Europa centrale non si designano con
il concetto di «città». Un uso più comune di que-
sta designazione si riscontra nella regione del
Mediterraneo. Come esempio ci rifaremo nuova-
mente all’insediamento di Egina, indicata dagli
studiosi come città e che per diversi aspetti mani-
festa delle somiglianze con Moncodogno.18 Le
ragioni per cui si evita l’uso di questo termine nel
contesto dell’Europa centrale sono giustificate,
poiché le nostre idee sono strettamente correlate
aH’immagine delle città antiche e medievali più
note. D’altro lato si può anche costatare la scarsi-
tà, nel territorio in parola, di scavi più estesi con
ritrovamenti recuperati, sufficienti a fornire
conoscenze migliori sulle condizioni economi-
che, numero di abitanti, governo e localizzazione
di un insediamento nei suoi dintorni. Quando un
insediamento possiede determinate caratteristi-
che urbane, si usa un po’ più spesso léspressione
«insediamento protourbano». Per gli storici il
concetto di «città» è anzitutto una questione giu-
ridica, come risulta palese da un’occhiata fugace
alla bibliografia relativa alla storia delle città
medievali. Prenderemo come esempio l’opera «La
città medievale europea» di cui è autrice E.
Ennen19, nella quale all’apparenza della città si
dedica pochissima importanza. Del tutto contra-
17 Kiechle 1963, Gauss 1983, Baltrusch 1998.
18 Walter/Felten 1981.
19 Ennen 1973.
construction and field workers, which were kept
under the control by the ruling group and were
allowed to live in the lower parts of the settle-
ment, in the lower town and thus united as a
separate group. It was from here that they went
to work the fields in the surrounding areas,
returning in the evening within the protective
walls of the settlement.
There is no need to conceal, that this attempt to
explain the overall finds from the settlement of
Monkodonja rests on a historically better known
models. Approximately 1.000 years later, a similar
course of development can be observed in Greece.
Somewhere around the beginning of the first mil-
lennium BC the Dorians, better known as fre-
quently mentioned Spartans,17 settled in Laconia.
For several centuries they held the considerable
power in their hands and also had a clearly strati-
fied society. The Spartans as an explicit warrior-
elite with specific moral claims left the care for
economic subsistence requirements of the city to
the perioeci, settled in the immediate vicinity. The
subjugated native population, the helots, had to
work the fields and supply the Spartans with pro-
visions. A tripartite social system functioned in
Lacedaemon region, including two kings and sev-
eral ephors, without any distinctive predecessors
of such system in the newly settled area. This sys-
tem functioned until it crumbled under ever
stronger internal and external pressures. Could we
presume in the case of the Bronze Age Monko-
donja similar society structures and organisation?
The town
It is not common to use the term “town” in the
case of large prehistoric settlements of Central
Europe. A more generous attitude towards this
term, however, exists in the Mediterranean. One
example amongst the many is Ancient Aegina,
which is referred to as a town by the excavators18
and shows certain similarities with the Monko-
donja. The reasons for avoiding this term in the
context of Central Europe are well founded, as
our perceptions are closely connected with the
models of well-known ancient and medieval
towns. On the other hand, there are rather few
large-scale excavations with sufficient material
that would allow a relevant assessment of the
economy, population size, administration and
position of the settlements in their environment.
More often the term “proto-urban settlement” is
used, especially in cases when certain town-like
17 Kiechle 1963, Gauss 1983, Baltrusch 1998.
18 Walter/Felten 1981.
558
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
ria la posizione dei ricercatori della preistoria. Lo
status giuridico di una città non si può scoprire
con gli scavi archeologici, onde per cui il dibatti-
to sull’idea stessa di città è stato lasciato a un
ambito esclusivamente storico. Sta di fatto
comunque, che l’uso del concetto è senz altro
auspicabile quando consenta di distinguere la
differenziazione più perspicua, sia sul piano lin-
guistico come sul piano qualitativo, delle diverse
forme e stadi di sviluppo di quello che di solito si
indica cumulativamente come insediamento, lì
concetto potrebbe essere dunque usato, assieme
alla più cauta formulazione «protourbano», nei
casi in cui sussistano o potrebbero sussistere cri-
teri, considerati in avanti, per la definizione di
abitato urbano.
Come primo criterio il concetto di «città» si
può applicare nel caso in cui un insediamento
possieda determinate dimensioni. Come secon-
do, dovrebbe avere un certo numero di abitanti,
ammontante a circa mille quando ci si riferisca
effettivamente a una città. Terzo, una città deve
distinguersi con la sua posizione e status nel
sistema di comunicazione nell’immediato circon-
dario. Al concetto di «città» si associa inesorabil-
mente quello contrario di campagna o villaggio.
Quarto, una città deve caratterizzarsi ed essere
riconoscibile come comunità chiusa. Per i cittadi-
ni esiste sempre un certo grado di identificazione
con la propria città, si parla sempre di «noi» e
«voi». Questo supposto sentimento di apparte-
nenza può essere individuato, nel contesto arche-
ologico, dalla consapevole chiusura verso lo spa-
zio esterno e nella pianificazione mirata di uno
spazio collettivo all’interno dell’abitato, che si
manifesta nelle mura e, in casi ideali, nelle porte
d’entrata, che si possono controllare. Le mura
attorno a un abitato sono nello stesso tempo
anche un confine verso l’interno, vale a dire che
creano concretamente il comune senso di appar-
tenenza degli abitanti che vivono al loro interno.
Le mura esterne di un insediamento spesso sono
anche il limite dell’orizzonte mentale, ma al
tempo stesso garantiscono pure la sicurezza di
tutta la popolazione. Come quinto criterio si può
addurre la presenza di indizi della stratificazione
sociale all’interno di una comunità insediativa.
Le differenze sociali si rivelano, ad esempio, nelle
differenze tra ì singoli edifici, nella pianificazione
delle vie, nell’edilizia organizzata e nella distribu-
zione degli edifici all’interno dell’abitato oppure
nelle differenze qualitative tra i reperti. Lessen-
ziale è che questi criteri vengano applicati esclu-
sivamente quando si parla di insediamento pro-
tostorico. Non si possono certamente applicare
characteristics are present. As far as historians
are concerned, the term “town” is primarily a
legal question. This can be seen already when
browsing the classic literature about the history
of medieval towns. We could take into the con-
sideration the book by E. Ennen: “Die
europäische Stadt des Mittelalters” (officially
translated as “The Medieval Town”),19 where the
author shows only slight interest for the actual
appearance of the town. Quite the opposite is the
situation with archaeologists who specialize in
prehistory, as it is impossible to excavate a law or
a legal status of a settlement. Consequently, the
concept of the town is left to the historians to
discuss. However, it would be fitting as well, if
prehistorians would use this term because it
increases the possibility to differentiate, both lin-
guistically and structurally, the different forms
and stages of habitation development, otherwise
united under the general category of a settle-
ment. The term “town”, together with the more
careful formulation “proto-urban”, should there-
fore be used in cases whenever the criteria,
defined in advance, of what constitutes a town
are, or can be, established.
The term “town” can be applied, firstly, when
the thus mentioned settlement covers an area that
is large enough. Secondly, if it has a considerable
number of inhabitants ֊ at least 1,000 people
should live together in order to be able to speak of
a town. Thirdly, a town must stand out in an envi-
ronment that offers excellent communication pos-
sibilities. The term “town” always comes with its
opposite - “country”. Fourthly, it is the essence of a
city, to be regarded as a closed community. Town
inhabitants identify themselves with their own
town; there is always a clear dividing designation
between “we” and “you”. As far as archaeological
records are concerned, the postulated sense of
connectedness should be sought in the delimita-
tion from the outside as well as in a planned
arrangement within the settlement. This sense can
be found trough fortifications, especially those
with gates, which can be controlled. For an enclo-
sure is at the same time also a border for the
inhabitants themselves, it symbolizes the unity of
the people behind the walls, whose horizon is
often represented only by the wall. At the same
time fortifications also guarantee that all residents
are safe, controlled and managed. Fifthly, there
should be an evidence of differentiation within
the community in the sense of a social structure.
It can be traced, for example, in the differentiation
19 Ennen 1973.
Sìntesi e conclusioni
Summary and conclusions
559
all’epoca romana e agli insediamenti romani,
dove funzionano tutt altri criteri per distinguere,
ad esempio, fra il castrimi e l’abitato civile oppure
fra il villaggio e la villa rustica. Lo stesso vale per
il Medioevo con le sue diverse forme di insedia-
menti.
Se si applicano ì criteri testé enumerati al caso
di Moncodogno, si può dire che stiamo senza
dubbio parlando di una città. L’insediamento era
abbastanza grande e il numero di abitanti
ammontava a circa mille. Si può inoltre constata-
re che nella fase finale del Bronzo Antico in Istria
esistevano insediamenti piccoli e grandi dotati di
complesse componenti di fortificazioni oppure
abitati che ne erano del tutto sprovvisti. Monco-
dogno appartiene senz’altro al gruppo degli abi-
tati maggiori ben fortificati. Lo stato della ricerca
in tutta l’Europa centrale negli insediamenti
del’età del bronzo oggi non permette di distin-
guere nettamente tra centri urbani e la vicina
campagna, sebbene le differenze si lascino intra-
vedere. Proprio sull’esempio di Moncodogno si
possono intravedere i primi concreti risultati in
questo senso. Moncodogno possiede, come pochi
altri insediamenti centro-europei, mura possenti
con entrate dalle quali si controllava tutto il traf-
fico di merci e uomini. Come descritto in prece-
denza, nell’abitato si costruì intensamente e vi fu
pure una chiara suddivisione interna. Tutti i cri-
teri suddetti, che detto per inciso sono stati for-
mulati in precedenza e senza alcun riferimento a
Moncodogno20, sono evidentemente adempiti,
tanto che in questo caso si può parlare senza
riserve di una città dell’età del bronzo.
È d’uopo dire ancora qualcosa sulla sua posi-
zione rispetto alle aree più o meno vicine della
fascia costiera centro-istriana. Nel sistema degli
insediamenti circostanti, Moncodogno dovrebbe
spiccare in quanto ii luogo più importante, ovve-
ro in quanto centro regionale ben individuabile.
Come si è ampiamente già detto in precedenza,21
nel territorio a sud del Canale di Leme si distin-
guono, tra i vari castellieri noti, alcuni insedia-
menti centrali: il colle con la chiesa della città di
Rovigno, l’imponente castelliere di M. Carasta/
Karastak, poi l’insediamento deletà del bronzo
situato sotto lodierno centro dì Valle/Bale come
anche il Castelliere nelle Isole Brioni (fig. 331).
Tutti questi posti sono circondati da piccoli abi-
tati dell’età del bronzo, riconoscìbili grazie, prima
di tutto, alla loro posizione su alture o piccoli
poggi, dei quali purtroppo solo una minima
20 Hansel 1996 e 2005.
21 Hansel/Matosevic/Mihovilic/Terzan 2007-2008, 87-90 e
2009,152-154.
of buildings, in a planned street layout, in an
organized arrangement of ground-plans, or in
qualitative differences as regards the finds within
the settlement. It is important to remember that
these criteria apply only in the context of a truly
prehistoric environment. They cannot be used
within a Roman influenced cultural area, because
other criteria must be set as to differentiate, for
example, between a castellimi and a civilian settle-
ment, or, between a rural settlement and an estate,
such as villa rustica. The same caution should also
be applied when dealing with the Middle Ages,
with its diverse forms of settlement organization.
When we apply the aforementioned criteria on
the Monkodonja, there is no question that this
settlement was in fact a town. The settlement is
large and it had a population of more or less
1,000 inhabitants. Furthermore, as far as Istria in
the late Early Bronze Age period is concerned,
we can speak with relative certainty of large and
small, more or less fortified perimeters of settle-
ments. Monkodonja is one of the largest hillforts
in Istria. The state of research in most parts of
Central Europe has not yet come to the point
where we could clearly differentiate between
town and country, although the differences are
implied. Monkodonja, in particular, offers rele-
vant signs for this distinction. In comparison
with the vast majority of sites in the broader
Central European region, here we have a clearly
formed and elaborately constructed fortification
with gates that ai low control. The settlement is
densely built and divided into sections, as was
just already described. All of the established cri-
teria20 that of course were not specifically formed
for Monkodonja are fulfilled and we can hence
speak of a Bronze Age town.
For this purpose a few more words must be
said, in order to shed some light on the integra-
tion of the town of Monkodonja, with its imme-
diate and more distant surroundings in the cen-
tral Istrian coastal region. The point is to recog-
nize and underline Monkodonja as the central
and most important site in a given settlement
system. If we try to find the centres amongst the
known hillfort settlements, in the region to the
south of Limski Kanal/Lim Canal, we should
undoubtedly place here the outstanding hill with
the church at Rovinj, the imposing hillfort of
Karastak, the Bronze Age settlement underneath
the centre of Bale, whose existence was proven
with the discovered traces, as well as the hillfort
on the Brijuni/Brioni Islands, what has been
20 Hansel 1996 and 2005.
560
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
parte è stata esplorata. La loro datazione all’età
del bronzo si fonda generalmente sui reperti
recuperati in superficie. Si nota che tra i singoli
centri con gli abitati minori che vi gravitano esi-
stono delle strette aree ben distinguibili (fig. 331,
rosso), in cui non è stato registrato alcun sito. Se
ne potrebbe concludere che i centri suddetti,
segnati nell’illustrazione allegata in azzurro, pos-
sedessero ciascuno una propria area d’influenza
o di dominio e che le aree senza siti archeologici,
indicate con il colore rosso, contrassegnino le
zone di confino tra i singoli territori. Le distanze
fra i supposti insediamenti centrali sono sorpren-
dentemente piccole e variano dai 5 ai 10 km in
linea d’aria. Una via che passasse attraverso la
macchia, i boschi e le alture sarebbe forse lunga
due volte di più. Il territorio dominato da uno di
quei centri era dunque molto piccolo. Occupava
una superficie di territorio percorribile in una
giornata di cammino.
Significa che l’intensa immigrazione e, con
l’andare del tempo, l’aumentata popolazione
ebbero per conseguenza l’insorgere di alcuni
insediamenti centrali, più o meno paritari, dai
reciproci confini ben delimitati, da cui si gover-
nava su territori relativamente modesti. Si
potrebbero fare delle congetture su eventuali
mutui rapporti gerarchici. Non è escluso che pro-
prio Moncodogno, per le sue dimensioni e la
posizione eccezionale nella regione a sud del
Canale di Leme, potrebbe aver avuto un ruolo
preminente, cioè egemone, fra gli abitati centrali
citati. Un tanto potrebbe essere forse sostenuto
dai fatti che andiamo a illustrare.
Va da sé che abitati relativamente vicini svilup-
parono forme specifiche di comunicazione reci-
proca, che erano in vigore anche in un contesto
più esteso, ovvero oltre al territorio da essi domi-
nato. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che
nella scelta dei posti da colonizzare venissero pri-
vilegiate le alture, che offrivano la miglior vista
possibile sul territorio circostante. Le semplici
linee tracciate nell’illustrazione 17 mostrano fra
quali insediamenti esisteva una comunicazione
visiva e dove invece occorreva ricorrere necessa-
riamente a segnali visivi e altri mezzi di comuni-
cazione. Si nota chiaramente che il sistema delle
comunicazioni visive era particolarmente fitta e
intrecciata. È tuttavia evidente che Moncodogno,
situato come in una posizione relativamente
bassa, in questa fitta rete è abbastanza defilato
(fig. 17, no. 1). AlFinterno del ramificato sistema
regionale di contatti visivi Moncodogno possie-
de, a differenza degli altri centri citati, una
comunicazione visiva diretta solo con gli insedia-
already described in detail elsewhere (Fig. 331).21
All of these sites are surrounded by smaller
Bronze Age settlements that are often fortified or
stand in a dominant position on a hill, making
them easier to find. Unfortunately, all of them
have been explored only slightly at best, while
mostly not at all. They were all assigned to the
period of the Bronze Age on the basis of surface
finds. It should not be overlooked that there exist
relatively narrow areas that spread over the spac-
es set in between the territories, occupied by the
supposed centres and their surrounding areas, as
is shown in the red on Fig. 331. It is tempting to
assume that the aforementioned centres, which
are marked with blue symbols on the figure, had
their spheres of influence and authority marked
off with surrounding areas containing no sites at
all. The distances between the supposed central
settlements are strikingly small, as the distance
between them varies only from 5 to 10 km in a
straight line. The corresponding land route that
bypassed forests, mountains and macchia shrub-
land is likely to have been about twice as long.
Consequently, these dominions are remarkably
small and their size is such that they can be tra-
versed on foot in a day.
Intensive settlement of the territory together
with the steadily rising populace resulted in the
formation of several centres, approximately equal
in importance that had to delimit areas between
each other. Relatively small territories were
claimed, each of which was ruled by a central
settlement. Whether there were hierarchically
structured dependencies between these central
sites, can only be suspected, but not proven. It is
not impossible that Monkodonja enjoyed a
prominent role among the aforementioned settle-
ments located between Limski Kanal and the Bri-
oni Islands, as it is particularly large and located
rather centrally in this territory.
Furthermore, it is obvious that the relatively
closely spaced sites developed specific forms of
communication, which were practiced beyond the
borders of the already mentioned dominions.
Otherwise it wouldn’t be understandable, that
when choosing settlement sites on hilltops, the
chosen ones were precisely those from where
there was unimpeded visual contact with the
greatest possible number of other sites. Simple
lines on Fig. 17 illustrate between which settle-
ments there exists a visual contact, making it pos-
sible to communicate between one another, e.g.,
21 Hãnsel/Matosevic/Mihovilic/Terzan 2007-2008,87-90
and 2009,152-154.
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
561
menti vicini più alti dei dintorni (fìg, 17: 2, 3,18,
21, 23, 24, 25). Questi insediamenti circostanti
ricevevano dunque per primi le informazioni
esterne e quindi le trasmettevano verso Monco-
dogno, che certamente non occupava per caso
quella posizione nascosta in una zona ben protet-
ta da osservatori indesiderati.
Contatti meridionali
Il notevole aumento del numero di insedia-
menti e la rapida crescita di quello degli abitanti,
subentrati nel periodo avanzato del Bronzo Anti-
co, esigono in ogni caso qualche spiegazione, che
non si può al momento offrire o, detto altrimen-
ti, che si fonda su pochi argomenti. Quel che è
certo è che l’aprirsi in senso culturale ed econo-
mico del territorio istriano è stato, fra l’altro, pro-
vocato dalle migrazioni e daH’infìltrazione di
nuove genti. Una descrizione più perspicua di
quei radicali cambiamenti richiederebbe comun-
que ricerche dettagliate su categorie di reperti, di
forme insediative e di costumi funerali, sia
neH’Istria stessa come anche di più nelle regioni
circostanti della Dalmazia, dell’Albania, della
Croazia settentrionale e della Slovenia, in quanto
potenziali partner nella comunicazione. Nella
ricerca di ulteriori connessioni è logico rivolgersi
verso meridione, al Mediterraneo sud-orientale,
un territorio meglio conosciuto e, all’epoca,
molto più sviluppato. Del resto non è stata nem-
meno ancora finalizzata, ma si spera che presto
lo sarà, un’analisi dettagliata e approfondita dei
reperti trovati a Moncodogno. Si prevede, infatti,
di pubblicare ancora due volumi con i risultati
delle ricerche. Meritano dunque attenzione alcu-
ni punti di connessioni tra il Mediterraneo meri-
dionale e l’Adriatico settentrionale, da noi accer-
tati durante le campagne di scavo, che andiamo
brevemente a presentare. Naturalmente ciò non
vuol dire che contatti venissero mantenuti solo
con il meridione. Al contrario: anche i legami
con il territorio continentale erano tanti,22 e una
loro dettagliata descrizione e analisi seguiranno
nei prossimi volumi.
All’inizio di questo libro ce una parte dedicata
al traffico marittimo lungo le coste del Mare
Adriatico (fig. 14). Le navi consentono di tra-
sportare grandi quantità di merce attraverso
grandi distanze e in una regione ricca di insena-
ture come listila rappresentavano certamente il
mezzo di trasporto principale e il più importante.
Inoltre le navi percorrono relativamente presto
22 Mihovilič/Hansel/Teržan 2011; Hansel/Teržan/Mihovilič
2010 e 2012; Zupančič et al. 2012; Hellmuth 2012 e 2014.
with smoke signals or otherwise. We succeeded in
establishing a dense net of visual contacts. It is
conspicuous, though, that Monkodonja, located
on its relatively low position, is quite hidden in
this net of visual contacts (Fig. 17, No. 1), Monko-
donja can boast direct visual contacts only with
higher situated, neighbouring settlements, located
within the limits of its dominion and shows in
this respect a sharp contrast with other central
sites included in the broad-range communication
network based on visual contacts. The immediate
neighbours of Monkodonja settlement have a par-
ticularly large number of wide-reaching visual
contacts (Fig. 17, Nos. 2, 3, 18, 21, 23, 24, 25). It
seems as if they receive information or messages
just to pass them on to the not by chance so well
hidden Monkodonja that in this way was safely
protected against foreign observation.
Southern contacts
The unprecedented, extensive increase in the set-
tlement sites and population during the advanced
Early Bronze Age demands an explanation that still
cannot be given to date or at best can be based
upon only few arguments. Surely the broadened
territorial opening of Istria in cultural and econom-
ic sense was triggered by the migrations or infiltra-
tions of the new inhabitants. More intelligible
description of this radical changes requires, howev-
er a detailed research of the particular categories of
small finds, settlement forms and burial customs,
so in Istria itself, as even more so in the neighbour-
ing regions, such as Dalmatia, Albania, northern
Croatia and Slovenia, which can be regarded as
potential communication partners. While examin-
ing the distant connections, it is reasonable to turn
the attention also to the south, that is, to the better
known and in that time far more developed region
of the eastern Mediterranean. A detailed and thor-
ough analysis of the small finds from Monkodonja
settlement is still not finished, but hopefully it will
be completed soon. Namely, we plan to publish two
other monographic volumes of research results.
Several examples of connections between the south-
ern Mediterranean and the northern Adriatic
region, which we established already during the
excavation campaigns deserve attention and will be
presented briefly here. This does not mean that the
contacts were limited only to the south, on the con-
trary, relations with continental regions are also
numerous22, but their detailed treatment will have
to await forthcoming publications.
22 Mihovilič/Hansel/Teržan 2011; Hansel/Teržan/Mihovilič
2010 and 2012; Zupančič et al. 2012; Hellmuth 2012 and
2014.
562
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
grandi distanze, mentre la quantità del carico tra-
sportato è molto maggiore che nel caso di tra-
sporto con animali da soma. Uno dei beni più
citati fra le merci di scambio che giungevano da
grandi distanze è l’ambra, che dalla regione d’ori-
gine nel mar Baltico era trasportata fino alla Gre-
cia e alla Siria.23 Non è escluso che proprio
nell’area di Caput Adriae l’ambra venisse trasferi-
ta dai mezzi di trasporto via terra a quelli marit-
timi. Lo suggeriscono i numerosi vaghi d’ambra,
trovati nelle tombe di Moncodogno, Monsego e
di altri siti istriani. Secondo un’analisi, ancora
inedita, di B. Orel (Lubiana) si tratta di ambra di
provenienza baltica. Sta di fatto che la zona
intorno a Moncodogno è l’area mediterranea più
settentrionale e la fascia costiera più accessibile
dalla direzione dell’Europa continentale. Un
posto che potrebbe essere anche il punto di
scambi di beni, uomini e idee, ragion per cui è
comprensibile che una delle vie di comunicazio-
ne con il sud portasse fino alla Grecia meridio-
nale. Si è già più volte menzionata la pronunciata
somiglianza tra Moncodogno e l’insediamento,
un pochino antecedente di Egina, nei pressi di
Atene, con riferimento al complesso sistema di
mura difensive, al modo in cui furono costruite e
alla struttura delle porte. L’assunzione di forme
architettoniche e relative tecniche costruttive,
attraverso le distanze così grandi, non può in
nessun caso essere frutto di contatti sporadici e
superficiali. I costruttori dellìstria dovettero
imparare quelle speciali tecniche edili in Grecia
oppure furono i costruttori dal Mediterraneo
orientale quelli che portarono le loro conoscenze
nella penisola istriana. La capacità di copiare e
padroneggiare le tecniche estranee non poteva
improvvisarsi, ma si spiega unicamente con rela-
zioni intense e prolungate.
Questi legami fra Egina e Moncodogno non si
denotano solo nelle analogie tecniche che risulta-
no nella costruzione delle strutture difensive, ma
anche nella posizione delle sepolture dei più illu-
stri membri della comunità, che venivano situate
accanto alle mura ovvero nel contesto insediativo
stesso.24 25 Non si tratta di semplici tombe, ma di
monumenti di ricordo, che rivelano delle somi-
glianze nel trattamento degli antenati e nella stes-
sa pratica rituale del culto dei morti. È inoltre
sbalorditivo il fatto che a Moncodogno il rappor-
to verso i resti mortali degli antenati sia molto
simile anche a quello della capitale reale di Qatna
in Siria.23 Non può essere certamente conseguen-
23 Pfàlzner 2009.
24 Kilian-Dirlmeier 1997.
25 Pfàlzner 2009.
At the beginning of this book there is a chapter
dedicated to the maritime traffic along the Adriat-
ic coast (Fig. 14). Ships offer a possibility to handle
long distances with heavy loads and certainly rep-
resent the most important means of transport in a
region such as Istria, which opens towards the sea
and has a large number of bays that can be used as
harbours. Also, ships can travel over long distances
in a relatively short period of time. They can carry
much heavier loads as compared with pack ani-
mals. There are many discussions about amber
being transported from the Baltic Sea to the coasts
of Greece and Syria.23 It is legitimate to assume
that there were several hubs for amber trade in the
Caput Adriae region, where continental routes
were switched for maritime ones. This is support-
ed also by amber found in the graves of Monko-
donja and Musego, which has been identified by B.
Orel from Ljubljana, in his not yet published anal-
ysis, as coming from the area of the Baltic Sea. The
wider area around Monkodonja together with the
Caput Adriae region represents the northernmost
part of the Mediterranean and was as such the
most accessible section of the coast from the direc-
tion of Central Europe. At the same time the
region was a place for exchanging the goods, peo-
ple and ideas. Therefore, it should not surprise us
that one of the southern communication routes of
the Monkodonja settlement leads all the way to the
southern Greece. We already mentioned several
times the exceptional similarities between Monko-
donja settlement and the somewhat earlier settle-
ment of Aegina, located on the island close to Ath-
ens, particularly as regards the complexity of the
fortification walls and their construction tech-
niques, as well as the gate architecture. Taking on
specific architectural forms and construction tech-
niques over such large distances cannot be the
result of only occasional or superficial relations.
The constructors from Istria must have learned the
special construction techniques on the actual spot
in Greece, or else, the builders with the necessary
knowledge could be the ones who came from the
Eastern Mediterranean to Istria. The competence
to reproduce or to employ unknown techniques
does not materialize in a quick or simple way. It is
only conceivable as a result of intense, long-lasting
communication.
Moreover, these connections do not reflect just
in the techniques necessary for the construction of
fortification walls, but also in the comparable
placement of tombs of prominent personalities,
which were positioned at or in the fortification
23 Pfalzner 2009.
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
563
za di un puro caso il fatto che, sia a Qatna come
a Moncodogno, le tombe eccellenti mostrano i
segni delle riaperture e seppellimenti plurimi e
che si svolgevano pratiche rituali includendo il
trattamento specifico verso le ossa dei defunti. In
qualche modo dovettero dunque esserci stati
reciproci contatti.
Nel contesto è giocoforza citare il monumento
sepolcrale situato sul poggio di Maclavun,
nellentroterra del grande castelliere di M. Cara-
sta.26 La grande costruzione circolare è costruita
nella tecnica “a falsa volta”. Vi è tuttora conserva-
ta almeno una tomba e relativo dromos, il cui
interno lato dritto e i contorni irregolari esterni
suggeriscono l’esistenza di un tumulo di pietre e
terra sopra la camera sepolcrale. Poiché simili
costruzioni del genere in Istria per ora non si
conoscono, la tomba potrebbe venir attribuita a
qualche influenza straniera. Comunque sia, la
tomba di Maclavun è una costruzione unica. La
comparazione di questa struttura con le tombe a
cupola ֊ tholoi micenei ֊ ha provocato parecchie
critiche, il cui argomento principale è di averla
appunto descritto come «micenea». Tuttavia noi
non abbiamo mai parlato, in alcuna occasione, di
una presenza di Micenei sulla costa istriana, i
quali avrebbero costruito un tholos in base alle
proprie idee. Il nostro intento era dimostrare che
persino in Istria venivano imitati lo stile e il
modo di vivere greci. La tomba di Maclavun si
differenzia per molti dettagli da quelle micenee,
ma contemporaneamente appalesa delle affinità,
le quali in ogni caso suggeriscono che la spinta a
costruire una tomba del genere potesse provenire
dalla regione d’origine delle tombe a cupola.
Siamo dunque di fronte a un ulteriore indizio
che gli abitanti delllstria si erano rivolti, persino
nella costruzione di monumenti di ricordo, al
territorio greco, ovvero alle isole greche e a
Creta. La tomba non è certamente micenea, né è
stata costruita da Micenei immigrati e neanche è
un’imitazione dei loro tholoi originali, ma rap-
presenta un monumento innalzato da costruttori
che conoscevano e apprezzavano il modo di vive-
re miceneo trasferendolo e inserendolo, a modo
loro, nel loro territorio. Comunque, senza una
presenza perlomeno temporanea di Greci in
Istria, la costruzione del monumento in questio-
ne sarebbe difficilmente immaginabile.
Inoltre, quanto alle affinità e ai punti di con-
tatto delle rappresentazioni religiose e loro
assunzione, non vanno dimenticati i presunti riti
cultuali che avvenivano attorno all’apertura della
26 Hänsel/Terzan 1999 e 2000; Terzan/Hänsel 2011,
walls and as such integrated into the context of the
settlement both in Aegina24 and Monkodonja.
These cannot be treated only as mere tombs, but
as memorial monuments that point to similarities
in the relation towards ancestors, but also in the
ritual practices connected with the cult of the
dead. Even more astonishing is the fact that the
bone remains of deceased ancestors at Monkodon-
ja were treated in much the same way as in the
royal city of Qatna in Syria.25 26 The repeated exca-
vating and opening of prominent graves and the
ritual acts including specific treatment of laid
bones in Qatna as well as in Monkodonja surely
cannot be the result of mere coincidence. Mutual
communication therefore must have existed in a
certain way.
Within this context we should also mention the
sepulchral monument at Maklavun, located on a
hill near the large fortified settlement of Karas-
tak.26 The large, circular structure originally had a
vault, constructed in the corbelled arch technique.
Still preserved today are at least one grave place
and a dromos whose smooth inner side and the
irregular contours on the outside indicate that the
grave chamber was covered with a mound of earth
and stones. As similar constructions are unknown
in Istria to date, the tomb should be regarded as
built under foreign influences. Be as it may the
tomb at Maklavun is a unique edifice. The com-
parison of this tomb with Mycenaean vaulted
tombs or tholoi provoked however much criticism.
The critique main line of argument was that we
described this tomb as “Mycenaean”. About the
presence of Mycenaeans themselves on the Istrian
coast, which according to their own conceptions
erected the grave monument, in fact we never
spoke of. Our only intention was to show that even
in Istria a Greek style and way of living was imitat-
ed. The grave tomb at Maklavun differentiates in
many details from the Mycenaean tholoi, but at
the same time there are certain similarities, which
nevertheless indicate that the impulse for such a
tomb must have come from the region of origin of
vaulted tombs. Here, then, we have yet another
indication that the inhabitants of Istria oriented
towards the territory of Greece or Greek islands
and Crete even as regards the construction of
grave monuments. The tomb at Maklavun is cer-
tainly not Mycenaean nor was it built by incoming
Mycenaeans and nor is it the imitation of the orig-
inal tholoi, yet it represents a monument, erected
by the constructors who knew and appreciated the
24 Kilian-Dirlmeier 1997.
25 Pfälzer 2009.
26 Hänsel/Terzan 1999 and 2000; Terzan/Hänsel 2011.
564
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
grotta perpendicolare sul versante settentrionale
di Moncodogno, che rimandano a Creta. Men-
zioneremo pure le riflessioni riportate nell’ultimo
capitolo di questo libro intitolato «Epilogo», che
trattano delle possibili relazioni tra lodierno
nome del castelliere Moncodogno e la città crete-
se di Kydonia (oggi Chania).
È difficilmente spiegabile però la mancanza a
Moncodogno di ceramica della fase tarda del
periodo Medio Elladico e dell’inizio del periodo
Miceneo oppure Tardo Elladico. Poiché gli arche-
ologi si occupano molto di ceramica, quest’assen-
za balza subito agli occhi ed è al tempo stesso
sconcertante. Ma bisogna per prima cosa costata-
re che l’insediamento di Moncodogno cessò di
esistere prima della massima produzione cerami-
ca micenea nell’epoca del primo periodo parzia-
le. Non è stata trovata tuttavia nemmeno cerami-
ca importata del periodo precedente all’inizio del
periodo palaziale, sebbene vi siano alcuni fram-
menti di provenienza straniera, la cui regione
d’origine, per quanto non si possa localizzare con
precisione, viene in ogni caso situata a sud di
Moncodogno. Peraltro i numerosi piatti tripodi,
trovati nel castelliere27 e negli altri siti delFIstria
e Quarnaro28, che venivano posti sui fuochi aper-
ti, dimostrano influenze degli usi nella prepara-
zione del cibo, provenienti dal Mediterraneo
meridionale, con analogie ben note da Cnosso e
Cipro.29 Reperti simili sono per ora sconosciuti
in altri siti dell’Adriatico e dello spazio continen-
tale.
Del gruppo degli oggetti di bronzo vanno cita-
ti i coltelli, le cui analogie migliori si trovano
pure a sud e a sud-est dellTstria. Qui li menzio-
niamo in quanto sono già pubblicati.30 La mag-
gior parte degli oggetti bronzei di Moncodogno
presenta comunque delle analogie con i reperti
provenienti dall’Europa continentale.31 Come la
ceramica, anche i reperti di bronzo saranno pre-
sentati in uno studio a parte.
Un gruppo speciale di reperti, che suggerisco-
no legami con il meridione, è poi rappresentato
dalle ossa di daino,32 animale il cui habitat natu-
rale nell età del bronzo non si riscontra così a
nord. Significa forse che a Moncodogno furono
portati dal meridione pelle oppure persino un
27 Idem, 1999, 95-96, con la fig. 21-22; 2000,177, con la fig.
20.
28 Mihovilic 1995.
29 Evans 1964; Taramides 1999.
30 Hansel/Terzan 1999, 87-94, con la fig. 17-20; 2000,172-
178, con le fig. 17-19.
31 Hansel/Terzan/Mihovilic 2010; 2012.
32 Becker in: Mihovilic/Terzan/Hànsel/Matosevic/Becker
2001, 54-55 con la fig.; e 1997 e 1999.
Mycenaean way of life, which they tried to trans-
mit and incorporate in their own way and to their
own region. But the fact remains that without at
least occasional presence of Greeks in Istria the
construction of such a monument can hardly be
imagined.
As far as regards the similarities and connec-
tions in the sphere of religious ideas and their
employment, we should not forget the presumed
cultic practices around the cave at the northern
slope of Monkodonja, associations of which point
towards Crete. Furthermore, we would like to
mention the considerations expressed at the last
chapter of the present book under the heading
“Epilogue”, which discuss the possible relations
between the present name of the settlement, that
is, Monkodonja, and the Cretan city of Kydonia
(today Chania).
On the other hand it is hard to explain the
absence of Late Middle Helladic and Early Myce-
naean pottery in Monkodonja. As archaeologists
are intensively ever engaged with pottery, this
absence is made at once evident and stirs up at the
same time. Firstly, it has to be stated that the town
of Monkodonja ceased to exist before the mass
production of pottery during the Mycenaean pala-
tial period. But then again, there is also no import-
ed ware from the pre-palatial period present, even
if there are some ceramic fragments of foreign
provenance, origin of which should be searched to
the south of Monkodonja, although a more precise
localization cannot be defined. Ceramic tripod
plates,27 which were used over an open fire and
were so often used at Monkodonja as well as else-
where in Istria and Kvarner,28 testify to the influ-
ence of the south Mediterranean kitchen practices
connected with food preparation. Such plates are
known at Knossos as well as on Cyprus,29 whereas
they are completely unknown in other places along
the Adriatic or in its continental hinterland.
At least one type from the group of bronze finds
should be mentioned here, namely the knives that
have their counterparts only to the south and
southeast of Istria. They are mentioned here
because a study about them has already been pub-
lished.30 However, the majority of bronze objects
from Monkodonja clearly connect with the finds
from continental part of Europe.31 A separate
27 Hansel/Teržan 1999, 95-96 with Figs. 21-22; Hansel/
Teržan 2000,177 with Fig.20.
28 Mihovilic 1995.
29 Evans 1964; Taramides 1999.
30 Hansel/Teržan 1999, 87-94 with Figs. 17-20; 2000,172-
178 with Figs.17-19.
31 Hansel/Teržan/Mihovilič 2010 and 2012.
•Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
565
esemplare vivo di quest’animale?
Vanno menzionati poi i murici della porpora,
trovati nella tomba a cassetta B e in alcuni altri
posti dell’insediamento.32 33 Da questi molluschi
veniva estratta la preziosa porpora, di cui eviden-
temente Moncodogno era una delle località nelle
vicinanze delle quali essa poteva venir prodotta. I
dintorni di Rovigno rappresentano, secondo
Alberti, uno delle rare regioni dell’Adriatico con
una presenza sufficiente di murici per la produ-
zione di questo raro colore.34 Siccome le conchi-
glie dei murici sono state trovate al di fuori del
loro habitat, ovverossia aU’interno del castelliere,
se ne potrebbe arguire che Moncodogno potesse
avere un qualche ruolo nella produzione e distri-
buzione del prezioso colore. In ogni caso i murici
avevano un valore spiccato, come testimoniano
anche i reperti nella tomba a cassetta B. Secondo
Alberti, i loro principali acquirenti erano le
regioni del Mediterraneo orientale. Maggiori
prove sulla partecipazione di Moncodogno ai
corsi e percorsi della civiltà mediterranea della
prima metà del secondo millennio a. C. si otter-
ranno certamente da una minuziosa analisi dei
suoi reperti.
L’inclusione dell’lstria nelle correnti culturali
del Mediterraneo orientale divenne possibile per-
ché in quelle regioni, poco prima della fondazio-
ne di Moncodogno, ci fu un decisivo migliora-
mento tecnologico nell’esecuzione di navi e quin-
di nella navigazione marittima. L’uso della vela è
stato per la prima volta dimostrato dai sigilli
della seconda fase del periodo Medio Minoico
(1875-1750 a. C.).35 Le navi dotate di vele erano
più veloci e agili, potevano essere più grandi di
quelle a remi, disponevano di maggiore spazio
per il carico e potevano percorrere distanze più
lunghe. Con questo miglioramento, nel Mediter-
raneo ci fu un significativo aumento ֊ già
descritto - del traffico marittimo, connesso al
commercio. Può essere un caso che la fondazione
di Moncodogno sia avvenuta solo poco tempo
dopo l’apparizione delle imbarcazioni a vela? La
nostra supposizione è: no. Infatti, solo con le navi
a vela era possibile attraversare distanze tanto
grandi, come quella fra Creta e l’Istria. Prima, ai
tempi delle imbarcazioni a remi, era stato possi-
bile farlo solo saltuariamente e con grandi sforzi.
La datazione
Rimane infine il compito di confrontare e
introdurre nel quadro generale degli avvenimenti
33 Becker 2001.
34 Alberti 2008.
35 Inseln der Winde 2012,103, con un’ampia bibliografia.
study dealing with these finds is being prepared, as
is the case with the one dealing with ceramics.
Included among the special group of finds
stemming from the south are also fallow deer
bones,32 as this species is not regarded as being
native so far to the north in the Bronze Age. Could
this mean that someone brought from the south a
deerskin or even a living specimen of the animal
to Monkodonja?
Further, we have to pay attention to the murex
snails that have been found in stone cist B at the
western gate of the main fortification and in some
other places in the settlement as well.33 They were
used to prepare a very precious purple dye that
was probably produced also at Monkodonja or in
places located directly on the coast. According to
Alberti,34 the sea around Rovinj is one of the rare
places in Adriatic where there are enough murex
snails for the production of the purple. The dis-
covery of the murexes in the hillfort of Monko-
donja, outside their natural marine habitat, might
mean that the settlement had a certain role in the
preparation and distribution of the purple dye. In
each case, the snails were highly valued, to what
testifies also their use as a grave offering. The
main purchasers of this purple dye according to
Alberti were mostly countries from the eastern
Mediterranean. A thorough analysis of finds from
Monkodonja will certainly bring to light additional
evidence for the participation of this Istrian coast-
al town in the currents and streams of the Medi-
terranean civilization of the first half of the second
millennium BC.
The participation of Istria in the cultural flows
of the eastern Mediterranean was possible also
because right in the period prior or approximately
around the founding of Monkodonja, a substantial
technological improvement in the construction of
ships or shipbuilding had been reached, namely
the invention of the sail, and with this also advanc-
es in seafaring. The introduction of the sail is
attested for the first-time on seals from the Middle
Minoan Phase II period (1875 - 1750 BC).35 Ships
with sails were more swift and agile in comparison
with the former rowing boats. They also could be
bigger, had larger storage areas and could sail over
longer distances. Thus eventually it came to a sig-
nificant increase in maritime traffic connected
with exchange on the Mediterranean Sea, a fact
32 Becker in: Mihovilic/Terzan/Hansel/Matosevic/Becker
2001,54-55 with relevant Figs, and Becker 1997 and
1999.
33 Becker 2001.
34 Alberti 2008.
35 Inseln der Winde 2012,103 (with further references).
566
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
storici nel Mediterraneo e nell’Europa centrale le
date riferite allbrigine, alla fioritura e alla fine
della città di Moncodogno (fig. 332). Le campa-
gne archeologiche attuate vanno considerate
come una sorta di progetto di prova, il che signi-
fica che le ricerche nei siti vicini non sono in
grado di fornire dati più concreti utili a una data-
zione esatta. La determinazione cronologica dei
reperti ceramici e metallici recuperati in Istria si
basa in massima parte sul confronto con i sistemi
cronologici elaborati in Italia, ancorché nella
bibliografia figurino in gran numero pareri con-
trastanti, come già rilevato nel capitolo sulla sto-
ria delle ricerche.
In base ai risultati delle nostre indagini, le fon-
dazioni di castellieri ebbero inizio al tempo del
Bronzo Antico, e in alcuni casi proseguano, senza
interruzioni di rilievo, fino a oggi. Finora la
prima ondata di fondazione di castellieri viene
datata, secondo il parere della maggior parte
degli studiosi, nel periodo del Bronzo Medio,
attorno al 1500 a. C. Tuttavia, nonostante il non
indifferente numero di studi dedicati proprio alla
ceramica dell’età del bronzo, una relativa crono-
logia dei castellieri istriani affidabile e fondata,
che si basa sulle ceramiche e altri reperti, non
esiste ancora. La cronologia è stata meglio defini-
ta e determinata solo dopo le ricerche a Monco-
dogno, e potrebbe forse servire anche per altri
insediamenti ed esserne a sua volta migliorata.
Nel caso di Moncodogno le datazioni hanno
dovuto venir fissate indipendentemente dagli
altri siti. Come base si è partiti dai cambiamenti
nella costruzione e sviluppo della città, che venne
dotata di determinati edifici e mura difensive.
Una volta ultimata lanalisi dei reperti ceramici
da parte di Anja Hellmuth sarà possibile dimo-
strare in che misura essi siano bastanti a decreta-
re che nel campo della ceramica, al tempo dei
primi castellieri, ci fu un indipendente sviluppo.
La base di questo sistema cronologico rappresen-
ta la qui descritta successione di costruzione dei
singoli edifici a Moncodogno, la cui età ha potu-
to venir determinata unicamente con le misura-
zioni radiocarboniche.
Disponiamo in tutto di 45 datazioni radiocar-
boniche, ottenute da ossa umane e animali, effet-
tuate in laboratorio di Kiel e successivamente
calibrate e conformate da B. Weninger (fig. 318-
320). Non cerano mezzi finanziari a sufficienza
per effettuare altre misurazioni e ottenere ulte-
riori datazioni. Di primacchito il numero di 45
campioni analizzati potrebbe sembrare notevole,
ma, considerando la problematica nel suo com-
plesso e il grande numero di questioni ancora
which has been already described before. Is it a
mere coincidence that Monkodonja was founded
shortly after the introduction of the sailing ship?
We suppose that it isn’t. In fact, only with the
introduction of sailing ships could such a long dis-
tance as that between Crete and Istria be over-
come. Before that, in the time of rowboats, such
ventures were possible only occasionally and with
huge efforts.
Dating of the settlement
In conclusion, we would like to discuss the dat-
ing of the foundation, prosperity and the end of
Monkodonja and their correlation as well as inser-
tion in the historical developments of the Mediter-
ranean and Central Europe (Fig. 332). The con-
ducted archaeological excavations are to be regard-
ed as a pilot project, mainly because the research
on the neighbouring sites does not provide any
concrete information as regards their dating. On
the whole, the chronological definition of metal
and ceramic finds discovered to date in Istria was
based on the elaborate chronological systems in
Italy, although in literature there are many diver-
gent views on this, as is apparent also from our
chapter dealing with research history.
According to our research, the fortified hillfort
settlements in Istria started during the Early
Bronze Age and some of them remained settled,
without any significant discontinuities, all the way
up to today. Untill recently, the first wave of the
founding of hillforts, according to the majority of
prehistorians, was placed in the Middle Bronze
Age, in the period of about 1500 BC. We still lack a
reliable and well-established relative chronological
system for Istrian hillforts, based on ceramics and
other small finds, despite the relatively numerous
studies dedicated precisely to the Bronze Age pot-
tery. The chronology was defined and established
in a more detailed way only with the excavations in
Monkodonja and therefore could be useful also for
other settlements, that is why it will be additionally
specified here.
Thus, in the case of Monkodonja, the dates had
to be appointed and assessed independently from
other sites. Changes in the construction and devel-
opment of the town with specific buildings and
fortification walls were taken as a basis. The
processing of ceramics, which is carried out by
Anja Hellmuth, will show in what measure the pot-
tery finds from Monkodonja truly suffice to estab-
lish and define an independent system for the pot-
tery from the period of the first hillfort settlements.
The framework for this chronological system is
provided by a sequence of single structures at
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
567
aperte, sarebbe stato auspicabile poter elaborare
ancora un certo numero di datazioni. Un signifi-
cativo numero di datazioni è stato verificato in
maniera indipendente, e adattato alla successione
relativa della costruzione dei singoli edifici. In
ogni caso sarebbe stato ancora più utile poter
controllare meglio le reciproche datazioni trami-
te misurazioni parallele. Un certo controllo delle
datazioni radiocarboniche è stato possibile, in
misura minore, grazie ad alcuni reperti metallici
caratteristici, di cui si conosce il periodo di uso
dagli altri siti. Questo metodo di verifica ha in
larga misura coinciso con i risultati dell analisi
radiocarbonica. Per questo motivo si è deciso di
accettare tutti i risultati delle misurazioni radio-
carboniche: non ce stato, infatti, alcun fatto
archeologico che contrastasse in maniera signifi-
cativa le datazioni. Affidabilità ed esattezza delle
datazioni concordano dunque con la qualità degli
scavi, la validità del metodo l4C e la certezza del
laboratorio. Il grado di certezza di tutte le data-
zioni ammonta ai 68 percento, che per noi arche-
ologi è da tempo accettabile.
Le misurazioni hanno dimostrato che esistono
evidenti deviazioni tra i valori ottenuti dall’anali-
si delle ossa umane e di quelle degli animali (fig.
320). Evidentemente l’effetto serbatoio ha influito
in maniera rilevante sulle ossa degli individui la
cui alimentazione conteneva parecchio pesce. A
Moncodogno il consumo di pesce è chiaramente
testimoniato dal grande numero di loro ossa, tro-
vate all’interno dell’abitato.36 Su certi dubbi e pos-
sibilità di usare le datazioni ottenute dall’analisi
delle ossa umane, ritorneremo nell’ambito della
cronologia generale del castelliere. La cronologia
della fondazione e la fine dell’insediamento, si
fonda soprattutto sulle datazioni ottenute
dall’analisi delle ossa animali. Nella maggior
parte dei casi si tratta di ossa di ruminanti. Non
escluderemo del tutto nemmeno i risultati delie
analisi delle ossa umane, sebbene queste datazio-
ni abbiano indubbiamente un ruolo secondario
nell’elaborazione dei quadro cronologico genera-
le.
Se si escludono i valori estremi, come le data-
zioni ottenute dalle ossa trovate nella grotta per-
pendicolare (V e IV millennio a. C), lo sviluppo
delFinsediamento deletà del bronzo si può deli-
neare o riassumere come diremo in avanti. Il
primo campione, ricavato dalle ossa (no. 18) tro-
vate in posizione secondaria nell’accumulo di
terra sedimentatosi in una fase più tarda delle
mura difensive attorno all’acropoli, indica una
36 Becker 2001,
Monkodonja, which we will try to describe here
and which age could be determined only by radio-
carbon measurements.
A total of 45 radiocarbon dates of animal and
human bones that were analysed in the laboratory
at Kiel, and wiggle matched by B. Weninger at
Köln, have been at our disposal (Fig. 318-320). To
obtain even higher number of dates was not possi-
ble as the financial means did not allow this. The
number 45 appears high at first, but in light of the
problems and many unanswered questions,
undoubtedly it would be desirable to make several
more radiocarbon analyses. A considerable number
of dates are independently verified and correlated
with the relative sequence of the construction of
single structures. It would be even more useful, if
we could control the dates also with parallel radio-
carbon measurements. A verification of radiocar-
bon dates was done, albeit only to a smaller extent,
with the help of the characteristic metal finds,
whose period of use is known from other sites. It
has been established that there are no significant
contradictions between the different methods of
dating. Consequently, the authors have decided to
accept all the radiocarbon measurements, because
there were no archaeological facts that would sig-
nificantly contradict the given dates. The reliability
and accuracy of the dates thus depends on the
quality of excavations, on the probability of 14C
method and on the trustworthiness of the laborato-
ries. The resulting total accuracy rate amounts to
68%, a value that has been taken by archaeologists
as completely acceptable long since.
Radiocarbon measurements have shown that the
values obtained from animal or human bones dif-
fer significantly (Fig. 320). Obviously, the so-called
reservoir effect influenced, in a relatively large
manner upon the bones of humans with stronger
participation of fish in their nutrition. In Monko-
donja the consumption of fish is clearly confirmed
with a large amount of fish-bone remains found
within the settlement.36 About the occasional
doubts in the results and about the possibilities of
use of dates obtained from human bones we will
have more to say in continuation. The presentation
of the period between the foundation and the end
of the settlement is based however primarily on the
dates obtained from animal bones, which in the
majority are ruminants. Thus human bones always
have secondary importance when the dating proc-
ess is concerned, although their radiocarbon analy-
ses won’t be entirely excluded from our present dis-
cussion.
36 Becker 2001.
568
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
presenza umana sul colle attorno al 2500 a. C. Di
valore simile era soltanto un'unica datazione di
ossa umane dalla tomba a cassetta A (no. 22)
risalente al 2400 a. C, dunque di centanni suc-
cessiva alla data più antica. Non è del tutto esclu-
so che i primi tentativi di stanziamento umano
nell’età del bronzo risalgano effettivamente al
terzo millennio a. C. Più probabile è tuttavia che
il sito fosse occupato sporadicamente e che non
venisse insediato a lungo, come questo successe
anche dopo, durante l’epoca romana. Le prime
costruzioni sulla muraglia principale vengono
datate, in base alla situazione presentata dagli
scavi e alla datazione radiocarbonica (no. 34), al
periodo attorno al 1800 a. C. Poco tempo dopo,
nel XVIII sec. a. C., l’edificazione s’intensifica su
tutte le strutture difensive, come dimostrato al
meglio nel caso del lato occidentale delle mura
dell’acropoli con la datazione fra la metà del
XVIII sec. a. C. e l’inizio del XVII sec. a. C. Allo
stesso periodo risalgono anche gli strati più anti-
chi nel lato interno della muraglia principale (no.
32, 30 e 33). Le datazioni del muro attorno
all’acropoli e della muraglia principale si concor-
dano anche per tutto il XVI sec. a. C. e in un
caso persino fino al XV sec. a. C. (no. 17). A
quell’ultimo periodo risalgono pure i campioni,
presi dal ultimo rifacimento delle mura dell’acro-
poli (no. 4, 16, 17), nonché quelli provenienti
dagli allargamenti della muraglia principale (no.
35 e 29). Undici datazioni degli strati deposti
lungo il lato interno della muraglia principale
sono distribuite nel periodo compreso tra XVIII
sec. a. C. e fino attorno a 1500 a. C. (fig. 320,
numeri dal 32 al 3). Questa sequenza cronologica
abbraccia allo stesso tempo anche il perìodo
principale di esistenza del castelliere e non è cer-
tamente una semplice coincidenza se non discen-
de nel pieno XV sec. a. C. Solo una misurazione
fatta sul campione proveniente dall’acropoli,
supera questo limite (no. 17). Se ne può conclu-
dere che il descritto atto di demolizione dell’inse-
diamento, dopo tutti i rifacimenti delle mura nei
lati interni, avvenne in un tempo non distante
dal 1500 a. C. Un frammento di cranio umano,
trovato immediatamente sotto il livello recente,
appartiene al periodo del pieno XV sec. a. C. (no.
19). Se questo reperto dovesse essere veramente
collegato agli scontri che provocarono la caduta
di Moncodogno, si potrebbe supporre che il
muro della fase tarda, con un nuovo concetto
difensivo, abbia resistito soltanto per qualche
decennio. Per il periodo dopo il 1450 a. C. (no.
19) si può presumere che il castelliere sia stato
definitivamente distrutto. In qualche punto ci fu
The following picture can be outlined for the
development of the Bronze Age town of Monko-
donja, if we leave out of consideration the two far-
thermost values, represented by samples from the
cave (Measurements 1-2: 5th-4th millennium BC).
The first indications of the human presence on the
hill date at about 2500 BC and are provided by a
bone sample (Measurement 18) discovered in a
secondary position, i.e., in an earthen deposit,
formed in one of the later phases of fortification
wall construction at the acropolis. Approximately
same value was obtained from another human
bone sample coming from the stone cist A (Meas-
urement 22) and was dated to the period around
2400 BC. Therefore it cannot be completely ruled
out that the first Bronze Age settlement attempts
on the hill actually started as early as the middle of
the third millennium BC. However, it is more
probable that the place was frequented only spo-
radically without permanent dwelling, as was also
the case in the Roman period. The first construc-
tion activities on the main fortification wall were
dated somewhere around 1800 BC (Measurement
34). Soon after, in the 18th century, began the inten-
sive construction activities on all fortification parts.
The best prove for this is the sample from the west-
ern section of the acropolis fortification wall, indi-
cating the erection of the later between the middle
of the 18th and the beginning of the 17th century
BC. Early layers located on the inner side of the
main fortification wall are dated into the same
period as well (Measurements 32, 30, 33). First
major renovation works on the fortification walls
are dated in the 16th century BC, while according
to one example they extend even into 15th century
BC. Samples from this period come namely from
the second inner shell of the acropolis wall (Meas-
urements 4,16,17) and from the enlargement of
the main fortification wall (Measurements 35, 29).
Eleven dates come from the layers deposited on the
inner side of the main fortification wall (Fig. 320,
Measurements between 32 and 3) and range from
the 18th century to approximately 1500 BC. This
time-sequence comprises also the main period of
occupation of the entire settlement. It is certainly
no coincidence that it doesn’t reach deep into the
15th century. Only one measurement (Measurement
17) from the acropolis area exceeds this limit.
From these dates we can conclude that the destruc-
tion of the settlement happened after the enlarge-
ment of all fortifications on their inner sides and
somewhere around 1500 BC. A fragment of human
skull, discovered just below the layers of recent age
(Measurement 19) belongs to the advanced 15th
century BC. If this find is actually connected with
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
569
certamente un ripopolamento periodico (no. 9),
come lasciano capire anche i risultati degli scavi.
Accanto alla data delle ossa «stravecchie» (no.
18), ne esiste un’altra data «stragiovane», che
risale al X sec. a. C. (no. 8). Si tratta di un cam-
pione che probabilmente non è collegato diretta-
mente con la scomparsa dellabitato, ma che è
capitato nella terra in seguito a qualche atto indi-
viduale, come il caso di ritrovamenti isolati, che
lasciano indovinare periodiche presenze nel ter-
ritorio in epoca romana e in periodi più recenti.
Nonostante i necessari ristringimenti a propo-
sito della problematica delle datazioni radiocar-
boniche della popolazione alimentatasi con
pesce, è comunque d’uopo esprimere almeno
un’opinione sulle complessive 20 datazioni otte-
nute da campioni di ossa umane (fig. 320). Tutte
le datazioni provenienti da Moncodogno sono
più antiche del 1500 a. C, mentre tutte le data-
zioni delle tombe a tumulo di Monsego sono
invece più recenti. L’unica eccezione è rappresen-
tata soltanto da una datazione non del tutto affi-
dabile a causa delle difficoltà riscontrate dal labo-
ratorio di Kiel (no. 26). Coincidenze cronologi-
che non esistono nemmeno tra le date delle ossa
animali di Moncodogno e due ossa animali pro-
venienti dalle tombe a tumulo di Monsego. A
prima vista sembrerebbe che le tombe a tumulo e
l’insediamento urbano non possano essere messi
cronologicamente in collegamento diretto. È tut-
tavia significativo che il modo di seppellire gli
individui eccezionali in cassette litiche sotto i
tumuli a Monsego si concentra generalmente nel
XIV sec. a. C., mentre le sepolture in cassette
simili, con lo stesso orientamento nord-sud,
situate accanto alla porta ovest di Moncodogno,
terminino invece già prima del 1500 a. C. Biso-
gna ancora aggiungere che i sette campioni presi
nei tumuli 7 e 9 non rappresentano le datazioni
più antiche della necropoli di Monsego. Si tratta
in effetti di sepolture centrali in piccoli tumuli
sotto ai quali si trovano tumuli più grandi e più
antichi. Le cassette litiche di questi ultimi sono
state però completamente saccheggiate, motivo
per cui non si sono potuti nemmeno datare. In
ogni caso si può ipotizzare che l’inizio della
necropoli risalga comunque prima della metà del
XIV sec. a. C. In questo modo si può pure ridur-
re la differenza cronologica tra le tombe e la fine
della città di Moncodogno, collocandolo nel
periodo attorno o dopo il 1500 a. C.
La tipica struttura dei tumuli sepolcrali è dun-
que un fenomeno caratteristico per il periodo del
Bronzo Medio, come del resto avveniva nella
maggior parte dell’Europa centrale, dove questo
the fighting which brought about the decline of the
settlement, then the newly designed concept of
defence and subsequently constructed fortifications
resisted even for several decades more. If so, the
entire settlement was destroyed after 1450 BC at
the latest. There were some limited instances of
occupation after the demise in the ruins (Measure-
ment 9), what was also noted by the excavation.
Next to the “too old” bone sample (Measurement
18), there was also a “too young” bone sample from
the 10th century BC (Measurement 8). It was in no
way associated with the end of the fortifications, as
it appeared by itself at a later date. In the same
manner, as is shown by several finds, the hill was
also occasionally visited during the Roman and
later periods.
Despite of all the reservations that have to be
expressed considering a population of fish-eaters,
at least as regards their radiocarbon age, we must
refer to the 20 dates obtained from samples of
human bones (Fig. 320). All radiocarbon measure-
ments from Monkodonja are earlier than 1500 BC,
and all of the dates from the tumuli graves at
Musego are later, with a single exception that is not
very reliable due to technical aspects of measuring
(Measurement 26). There are even no overlaps
between the measurements of animal bones from
Monkodonja and the few (two) that come from the
grave mounds located on the hill of Musego. The
grave mounds and the town are at first sight, at
least chronologically, not connected. It is worth
noting, however, that the custom of burying
important personalities in large grave mounds with
stone cists is concentrated in the 14th century BC
on Musego, while the grave cists at Monkodonja,
which are of the same type and also similarly ori-
entated in the north-south direction, but feature
another type of burial constructions, end before
1500 BC. At this point we also have to underline
that the seven bone samples from mounds 7 and 9
do not represent dates from the earliest phase of
the necropolis at Musego. These samples namely
come from the central graves of smaller tumuli,
under which larger and older tumuli are lying. The
cists of these earlier central graves were completely
robbed and consequently could not be sampled. In
every case, we can presume that the beginning of
the mound burial-ground at Musego dates some-
what before the middle of the 14th century BC. In
this way the time-gap between the burials in the
mounds at Musego and the end of the fortified set-
tlement at Monkodonja, dated around or after 1500
BC, is reduced to a certain amount.
The custom of building grave mounds is there-
fore characteristic for the Middle Bronze Age, as it
570
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
periodo viene indicato proprio come Cultura dei
tumuli (Hugelgràberkultur). Evidentemente
ristria, in virtù di questo nuovo modo di seppel-
lire i defunti, apparteneva a questa cerchia cultu-
rale. A Monsego sono dunque presenti le
influenze continentali nella costruzione dei
monumenti sepolcrali e al tempo stesso vengono
perpetuati la precedente forma delle piccole cas-
sette litiche e lo specifico trattamento dei resti
mortali. I tumuli sepolcrali appartengono a una
popolazione che era о l’erede diretta della vecchia
aristocrazia di Moncodogno, come suggeriscono
anche le caratteristiche anatomiche degli schele-
tri analizzati, о a popolazione che era immigrata,
riportando la vita in questa regione cent’anni
dopo la caduta dell’insediamento urbano. La
distruzione e il crollo del periodo tardo della
città di Moncodogno provocò evidentemente
grossi sconvolgimenti sociali, perché dovette pas-
sare molto tempo, prima che fossero ristabilite
delle regole nei rapporti e tradizioni della società
che, fra l’altro, includevano anche il ripristino dei
rituali funerari.
Le misurazioni dei campioni prelevati a Mon-
sego sono interessanti anche dall’aspetto metodo-
logico. Dal tumulo 6, tre sono le datazioni risul-
tanti. La più antica riguarda un osso umano risa-
lente al 1500 a. C. circa (no. 26). Il secondo cam-
pione di osso umano viene datato appena attorno
al 1350 a. C., dunque a 150 anni più tardi (no.
27). La terza data che emerge da questo tumulo,
proviene da un campione di osso canino (no. 25),
il cui valore corrisponde al periodo dell’altro osso
umano, quello più tardo. Non è dunque ragione-
vole sospettare che la datazione delle ossa più
antiche sia in effetti solo l’esito dell’effetto serba-
toio? La maggiore antichità di quell’individuo
sarebbe dunque il risultato di un maggiore con-
sumo di pesce nella sua alimentazione. Qui si
potrebbe naturalmente controbattere che pure i
cani si possono nutrire di pesci, ma i risultati del
tumulo 9 non sembrano avvalorarlo. Da una cas-
setta litica di quest’ultimo sono stati prelevati due
campioni di ossa umane datati al 1300 a. C. e al
1200 a. C. circa (no. 45, 44). Un terzo campione è
stato prelevato da un osso di capra, per la quale
un alimentazione intensa a base di pesce è assolu-
tamente esclusa (no. 43). Questo terzo campione
risale al 1100 a. C. circa. Nella determinazione
dell età delle ossa umane l’incertezza cronologica,
causata dal consumo di pesce, potrebbe dunque
ammontare perfino a 200 anni. Questa supposi-
zione è corretta solo a patto che tutte le persone
sepolte in una cassetta litica siano decedute
all incirca nello stesso tempo. Il che non deve
is in Central Europe where this period is denomi-
nated as the Tumulus culture. Istria evidently was a
part of this cultural circle with a new form of inter-
ment of the deceased members of the community.
At Musego burial-ground thus continental influ-
ences are present, reflected in the construction of
the monuments above the graves, i.e. tumuli, but at
the same time a tradition of small stone cists is pre-
served, as well as the particularities in the treat-
ment of the remains of deceased. The large grave
mounds belong to the population - be that they are
the descendants of the old elite, as anatomical find-
ings would have us believe, or newcomers - which
revived the territory around Monkodonja after an
approximately 100 years when the town settlement
collapsed. The destruction and downfall of the sec-
ond phase of the Monkodonja hillfort evidently
brought about such social shock that it took a long-
er period to reinstate the standard relations with
social traditions, which among other comprised
also of reestablishment of burial ritual.
The radiocarbon measurements from Musego
are interesting also from a methodological point of
view. Grave mound 6 provided three measure-
ments, among these the earliest one that is not
entirely reliable and comes from a human bone
dated around 1500 BC (Measurement 26). A sec-
ond one is dated around 1350 BC, i.e., 150 years
later (Measurement 27). The third measurement
was done on a dog bone (Measurement 25), which
is approximately equally old as the later human
bone. Consequently the question arises, whether
the earlier date of the first human bone is not only
the result of the reservoir effect. According to such
presumption, the high date for the bone of this
individual would be the result of intensified pres-
ence of fish in his nutrition. Here one could argu-
ment that also the dog could be fed with fish, how-
ever the result from the tumulus 9 do not support
such reasoning. Two human bones from one and
the same cist have been analysed in the tumulus 9
and gave the dates of 1300 BC and 1200 BC (Meas-
urements 45,44). The third measurement comes
from a sample of a goat-bone where the intensive
feeding with fish can be completely excluded
(Measurement 43). The goat-bone was dated to the
period around 1100 BC. So, the temporal devia-
tion, of the radiocarbon dated sample caused by
the nutrition with fish, could amount even up to
200 years. However, this assessment is valid only if
we assume that all persons buried in the cist of the
mound 9 died in more or less the same period. But
this is evidently not necessary the case here, as can
be showed on the example of stone cists and their
finds at the western gate of the main fortification at
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
essere necessariamente successo, come indicano
chiaramente i reperti provenienti dalle cassette
litiche trovate nella porta ovest della muraglia
principale di Moncodogno. In ogni caso le tombe
dei grandi tumuli di Monsego si possono difficil-
mente attribuire al XII o XI sec. a. C, perché in
quel periodo in Istria si era già largamente stabi-
lizzato l’uso di cremazione dei defunti e loro sep-
pellimento in urne cinerarie.
La cassetta litica B trovata nel bastione della
porta ovest di Moncodogno conteneva uno sche-
letro femminile in parte scomposto (fig. 169-
170), sepolto in questo posto elevato nel XVII
sec. a. C„ dunque al tempo della maggior fioritu-
ra deH’insediamento urbano (no. 5). La cassetta è
tuttavia molto più antica ed era stata più volte
aperta e svuotata, operazioni nel corso delle quali
non era stato evidentemente notato un piccolo
osso del dito di un bambino, che abbiamo trova-
to in una fessura della base rocciosa della tomba.
La sua datazione risale al 2000 a. C. circa (no.
20). Se questa data, nonostante le incertezze deri-
vanti dal calcolo dell’effetto serbatoio, venisse
veramente ritenuta un po’ più antica, la datazione
corrisponderebbe alla situazione incontrata sul
terreno. In effetti gli scavi archeologici hanno
dimostrato che la tomba B era stata collocata al
suo posto prima della costruzione della muraglia
principale, il che tuttavia non avvenne troppo
lontano nel passato, poiché lérezione delléntrata
venne evidentemente orientata in base alla posi-
zione della tomba (fig. 100 e 102). La prima
sepoltura, ossia il primo defunto per il quale la
cassetta era stata costruita, apparteneva alla
generazione dei fondatori del castelliere. Alla sua
tomba spettò un posto d’onore nella costruzione
delle mura, visto che la sua posizione all’interno
dello spazio murato della porta venne pensata
come dimora per il suo eterno riposo. L’antica
datazione radiocarbonica, risalente al 2000 a. C.
circa (no. 20), potrebbe, fra l’altro, indicare che la
costruzione della muraglia principale sia stata
iniziata anche prima del XVIII sec. a. C.
Anche le sepolture nella tomba a cassetta A
forniscono argomenti per cui vi sarebbero inu-
mati individui più vecchi della stessa muraglia
principale. La tomba non venne inserita successi-
vamente nella porta già eretta, bensì venne con-
cettualmente inserita nella struttura d’accesso
(fig. 100-104). La tomba A conteneva i resti par-
ziali di dieci e più individui dai quali si sono scel-
ti cinque campioni. Gli ultimi ammontano dal
XXIV sec. a. C. (no. 22) al XVII sec. a. C. (no.
24), attraversando così l’incredibile periodo cro-
nologico di quasi 700 anni. Una spiegazione pos-
Monkodonja. In any case the graves from the large
tumuli at Musego could be assigned only with great
difficulty to the period of the 12th or the 11th centu-
ry BC, because at that time - in the period of the
Urnfield culture - cremations and urn burials were
already established in Istria on a large scale.
Stone cist B from the corner tower-like structure
of the western gate of the main fortification at
Monkodonja, contained a partially destroyed
female skeleton (Fig. 169-170) that was buried in
the 17th century, in the heyday of the town, in a
representative location (Measurement 5). The stone
cist was, however, laid much earlier and was
repeatedly cleared. A small finger bone of a child
was left in one of the cracks at the bottom and was
dated to the period before or around 2000 BC
(Measurement 20). If we regard this date, irrespec-
tive of the uncertainties connected with the reser-
voir effect, as being actually a bit earlier, then the
date would correlate well with the encountered sit-
uation on the terrain. The archaeological excava-
tion did in fact show that grave B existed before or
at the very beginning of fortification wall construc-
tion by the western gate. The position of the grave
B had been, namely, used as a starting point for the
basic orientation of the fortification walls and the
positioning of the western gate (Fig. 100 and 102).
The first deceased, for whom the cist-grave was
primarily constructed, was a member of the gener-
ation that founded the town. During the construc-
tion of the fortification wall, his grave was integrat-
ed into the gate-complex and took up an honoura-
ble place destined for eternity. The high radiocar-
bon dating of around 2000 BC (Measurement 20)
could among other also indicate that the construc-
tion of the fortification wall started earlier than
around the 18th century.
Also interments in the stone cist A offer argu-
ments that some of the deceased in it could well be
earlier than the main fortification wall. The grave
was not placed in the already erected gate, but
rather was conceptually integrated into the process
of construction of the gate-complex (Fig. 100-104).
The grave A contained partial remains of 10 or
more individuals, from which we analysed five
samples to obtain radiocarbon dates. These dates
range within a time span between the 24th (Meas-
urement 22) and the 17th century BC (Measure-
ment 24), bridging thus surely an incredible 700
years long period. The one possible explanation for
such a circumstance, besides of course the reser-
voir effect, would be to take into consideration
classical literary sources such as Herodotus and
Polyaenus, who report about the transmission of
bones of distinguished ancestors from one place to
572
Sintesi e conclusioni
Summary and conclusions
sibile sarebbe, prendendo in considerazione, oltre
all’effetto serbatoio, anche le antiche tradizioni
letterarie di Erodoto e Polieno (Polyaenus) circa
la traslazione delle ossa di antenati illustri da un
posto all’altro. Essenzialmente per la cassetta liti-
ca A valgono le estimazioni appena espresse per
la cassetta B. Proprio come nel caso della tomba
B, anche nella cassetta A, le sepolture cessano nel
XVII sec. a. C. (no. 24, la misurazione no. 6 non
è affidabile). La tomba a cassetta A venne, non
molto tempo dopo l’ultima sepoltura, murata con
le mura della seconda fase di allargamento del
complesso d’entrata, rimanendo così coperta e
nascosta alla vista. È possibile che con quell’atto
venisse anche la cessazione della venerazione cul-
tuale del posto? E che in tal modo la tomba a
cassetta B diventasse l’unico luogo di un partico-
lare culto degli antenati?
Non sitanto queste domande, ma anche molte
altre, che per la prima volta si sono poste con le
nostre indagini, rimangono aperte. Nuovi scavi
sicuramente porterano anche nuove soluzioni.
another. Essentially the assessments that were put
forward above for the stone-cist B are valid as well
for the stone-cist A. As was the case in stone-cist B,
the interments into the cist A end in the 17th centu-
ry BC (Measurement 24, Measurement 6 is not rel-
evant). The stone-cist A had been, however, walled
up during the second phase of gate-complex
enlargement. This happened not long after the last
interment in the tomb, which after the wall was
erected onto it, remained covered and hidden from
views. Does this mean that with such an act also
the cult honouring of this place had to be stopped?
And does it not mean that with this act the stone-
cist B was bound to become the only place of spe-
cific cult of ancestors?
Not only these, but also many other questions
remained unanswered or have been posed for the
first time. They are the result of systematic excava-
tions and research conducted at Monkodonja.
Future should provide the answers.
Sadržaj
Inhaltsverzeichnis
Predgovori Vorworte
Darko Komšo, ravnatelj AMI Darko Komso, Direktor des AMI
Giovanni Sponza, gradonačemk Grada Rovinja Giovanni Sponza, Bürgermeister der Stadt Rovinj 7
Prolog Prolog 11
Uvodna poglavlja Einführung 25
Gradine Istre ֊ povijest istraživanja Die Gradinen in Istrien - zur Geschichte ihrer Erforschung 27
Krajolik Istre Die Landschaft Istriens ֊15
Utvrđeno naselje Monkodonja Die befestigte Siedlung von Monkodonja 51
Naselje i njegova okolica Die Siedlung Monkodonja in ihrem Umfeld 53
Naseobinsko mjesto Der Siedlungsplatz 61
Istražene površine Die Grabungsstellen 69
Tijek i izvedba iskopavanja Die Durchführung der Grabungen 75
Restauriranje Die Restaurierungsarbeiten 91
Tragovi prapovijesnih korištenih biljaka iz Monkodonje Spuren prähistorischer Nutzpflanzen in Monkodonja
- Biljni nalazi ֊ Helmut Kroll - Die Pflanzenfunde von Helmut Kroll 105
Glavni bedem Die Hauptbefestigung 109
Glavni obrambeni bedem naselja Die Hauptbefestigung 111
Zapadna vrata Das Westtor 149
Sjeverna vrata Das Nordtor 179
Grobovi kod zapadnih vrata Die Gräber am Westtor
s prilozima Barbare Tefimann i Heike Felske-Zech mit Beiträgen von Barbara Teßmann und Heike Felske-Zech 195
Lokalni stanovnici vs. doseljenici: Ortskonstanz versus Einwanderung:
Izotopske analize iz četiri ukopa ljudskih ostataka Isotopenanalyse an vier menschlichen Bestattungen
Claudia Gerling, Douglas Price von Claudia Gerling und Douglas Price 231
Prepreke na obronku („Chevaux de Frise“ Annäherungshindernisse am Hang (Chevaux-de-Frise oder
ili španjolski konjanici) Spanische Reiter) 239
Dvije ranosrednjovjekovne masovne grobnice Zwei frühmittelalterliche Massengräber vor der
pred zidinama gradine Hauptbefestigung 245
Akropola Die Akropolis 255
Akropola Die Akropolis 257
Reljef unutrašnje površine akropole Das Relief der Siedlungsfläche in der Akropolis 263
Obrambeni bedem akropole Die Befestigung der Akropolis 273
Građevine na akropoli Die Bauten in der Akropolis 309
Sonde na istočnom dijelu akropole Die Sondagen im Osteil der Akropolis 335
Gornji i donji grad Die Oberstadt und die Unterstadt 341
Gornji grad Die Oberstadt 343
Građevine na terasama donjeg grada Die Bauten auf den Terrassen der Unterstadt 355
Jama Die Schachthöhle 373
Ponor na padini naselja ֊ prva iskopavanja u ponoru Rafka Urankar Die Schachthöhle am Hang der Siedlung - erste Probeuntersuchungen in der Höhle von Rafko Urankar 375
Okolina ponora Das Umfeld der Schachthöhle 381
Geofizička istraživanja Branko Mušič, Igor Medarić Geophysikalische Untersuchungen in Monkodonja von Branko Mušič und Igor Medaric 389
Datiranje naselja Monkodonja koautor Bernhard Weninger Die Datierung der Siedlung von Monkodonja Mitautor Bernhard Weninger 423
Sažetak i zaključci Zusammenfassung und Ergebnisse 453
Epilog Epilog 511
Siniesi e condusioni Summary and conclusions 517
Literat ura Literaturverzeichnis 573
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spelling | Monkodonja istraživanje protourbanog naselja brončanog doba Istre = Die Grabung und der Baubefund Knjiga 1. Iskopavanje i nalazi građevina Bernhard Hänsel, Kristina Mihovilić, Biba Teržan ; s prilozima/mit Beiträgen von Claudia Gerling, Helmut Kroll, Damir Matošević, Igor Medarić, Branko Muśić [und 4 anderen] Pula Arheološki muzej Istre 2015 588 Seiten Illustrationen, Diagramme, Karten 7 Karten txt rdacontent n rdamedia nc rdacarrier Monografije i katalozi / Arheološki Muzej Istre 25 Monografije i katalozi / Arheološki muzej Istre Hänsel, Bernhard 1937-2017 (DE-588)119482088 aut Mihovilić, Kristina 1951- (DE-588)130825417 aut Teržan, Biba 1947- (DE-588)134199162 aut (DE-604)BV042983724 1 Arheološki Muzej Istre Monografije i katalozi 25 (DE-604)BV003460316 25 Digitalisierung BSB Muenchen 19 - ADAM Catalogue Enrichment application/pdf http://bvbr.bib-bvb.de:8991/F?func=service&doc_library=BVB01&local_base=BVB01&doc_number=028409184&sequence=000004&line_number=0001&func_code=DB_RECORDS&service_type=MEDIA Abstract Digitalisierung BSB Muenchen 19 - ADAM Catalogue Enrichment application/pdf http://bvbr.bib-bvb.de:8991/F?func=service&doc_library=BVB01&local_base=BVB01&doc_number=028409184&sequence=000006&line_number=0002&func_code=DB_RECORDS&service_type=MEDIA Inhaltsverzeichnis |
spellingShingle | Hänsel, Bernhard 1937-2017 Mihovilić, Kristina 1951- Teržan, Biba 1947- Monkodonja istraživanje protourbanog naselja brončanog doba Istre = Die Grabung und der Baubefund |
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title_full | Monkodonja istraživanje protourbanog naselja brončanog doba Istre = Die Grabung und der Baubefund Knjiga 1. Iskopavanje i nalazi građevina Bernhard Hänsel, Kristina Mihovilić, Biba Teržan ; s prilozima/mit Beiträgen von Claudia Gerling, Helmut Kroll, Damir Matošević, Igor Medarić, Branko Muśić [und 4 anderen] |
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