Ţările Române şi Veneţia în secolul al XVII-lea: din relaţiile politico-diplomatice, comerciale şi culturale ale Ţării Româneşti şi Moldovei cu Serenissima
Gespeichert in:
1. Verfasser: | |
---|---|
Format: | Buch |
Sprache: | Romanian |
Veröffentlicht: |
Bucureşti
Ed. Enciclopedică
2007
|
Schlagworte: | |
Online-Zugang: | Inhaltsverzeichnis Abstract |
Beschreibung: | Zsfassung in ital. Sprache |
Beschreibung: | 486 S. Ill., graph. Darst. |
ISBN: | 9789734505555 |
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SUMAR
Introducere
. 7
I.
Raporturile
politico-diplomatice
româno-veneţiene în contextul relaţiilor
internaţionale din secolul al XVII-lea
. 33
I.
1.
Relaţii diplomatice şi contacte bilaterale româno-veneţiene cu
caracter formal
. 61
I.
2.
Proiecte de alianţă antiotomană şi tratative directe în vederea
colaborării
politico-militare
. 156
II.
Comerţul Ţărilor Române cu Veneţia în cadrai evoluţiei economiei-
univers europene din veacul al XVII-lea
. 209
II.
1.
Rutele comerţului româno-veneţian în secolul al XVII-lea
. 220
II.
2.
Categorii de produse şi volumul schimburilor
. 233
II.
2. 1.
Mărfuri exportate din Ţările Române la Veneţia
. 234
Ceara
. 244
Pieile
. 258
Peştele şi caviarul
. 262
Vitele
. 270
II.
2. 2.
Produse veneţiene importate în Ţările Române
. 272
Textilele
. 272
Sticlăria
. 276
Hârtia
. 277
Articole mărunte de port, cosmetice şi bijuterii, preparate
medicinale
etc
. 277
II.
2. 3.
Taxe vamale şi diverse alte taxe percepute pentru ceară,
piei şi peşte/caviar importate la Veneţia
. 281
II.
3.
Aspecte monetare ale comerţului româno-veneţian în secolul
al XVII-lea
. 285
II.
4.
Depozite ale domnilor, boierilor şi negustorilor din Ţările Române
la Zecea Veneţiei
. 297
III, Relaţiile culturale româno-veneţiene în veacul al XVII-lea
. 335
III.
1.
Influenţa veneţiană în cultura românească a secolului
al XVII-lea
. 336
III.
2.
Imaginea Veneţiei în cultura românească a veacului
al XVII-lea
. 354
III.
3.
Aspecte ale istoriei românilor reflectate în istoriografia
veneţiană a secolului al XVII-lea
. 372
Concluzii
. 403
Riassunto
. 409
Bibliografie
. 423
Indice
. 455
Anexe
. 469
RIASSUNTO
Introduzione
L'autore espone
і
motivi che lo hanno spinto ad affrontare l'argomento dei
rapporti politici, commerciali e culturali fra
і
Principati Romeni e la Repubblica
di Venezia durante il
XVII
secolo. Fra questi motivi vi è soprattutto la necessità
di analizzare la bibliografia sull'argomento
-
poco consistente e limitata alle
pubblicazioni romene
-
mettendola in relazione con le nuove informazioni tratte
dalle fonti veneziane inedite che l'autore ha scoperto e studiato durante gli anni
delle sue ricerche presso l'Archivio di Stato di Venezia.
Nella storiografia europea in genere, e più precisamente in quella italiana, non
si riscontra un indirizzo di ricerca che segua l'evoluzione delle relazioni
italo-romene durante il
XVII
secolo. Nella storiografia romena, soltanto nel periodo
fra le due guerre si nota un interesse manifesto per lo studio dei rapporti
commerciali italo-romeni nel Seicento;
і
saggi e
і
libri di Nicolae Iorga,
Valériu
Papahagi, Al.
Doboşi
e
Alexandru
Ciorănescu
sono gli unici a fare uso, prima del
1990,
di documenti inediti conservati nell'Archivio di Stato di Venezia, per cui in
seguito sono stati citati continuamente dagli storiografi romeni. Per quanto
riguarda il nostro contributo, abbiamo identificato nuove e cospicue fonti in alcuni
fondi archivistici veneziani inediti
о
meno noti alla storiografia romena (elencati
nella bibliografia finale della tesi). La collezione di fonti Hurmuzaki (apparsa nel
periodo interbellico e seguita più tardi da una nuova serie di cui sono pubblicati
pochi volumi di fonti ottocentesche), ha avuto come modello
і
Monumenta
Germaniae Historica,
oppure
і
Rerum Italicarum Scriptores, e raccoglie, per quanto
riguarda
і
rapporti romeno-veneziani, atti provenienti dai fondi archivistici
Dispacci Costantinopoli, Deliberazioni Costantinopoli, Dispacci Germania,
Senato Corti, Esposizioni Principi, vale a dire soltanto
і
carteggi principali del
Senato con
і
rappresentanti diplomatici veneti accreditati a Costantinopoli e presso
la Casa di Austria. Questi volumi, per
і
ricercatori romeni, hanno costituito, nel
lungo periodo del regime totalitario tra
1945
e
1989,
le
uniche
fonti veneziane da
utilizzare per le loro ricerche sui rapporti romeno-veneziani intercorsi attraverso
ι
secoli, poiché il divieto di viaggiare liberamente, al di furori del paese e del blocco
comunista, limitarono la possibilità degli studiosi romeni di identificare nuove fonti
veneziane inedite. Di conseguenza, le ricerche sui rapporti romeno-veneziani non
si sono sviluppate per quasi cinque decenni, tranne alcuni saggi di Andrei Pippidi
e
Ştefan
Andreescu. Il
Prof.
Pippidi, infatti, studioso di spessore internazionale che
si occupa di argomenti di storia tardomedievale e moderna, è stato uno dei
Pochissimi storici romeni che, pur non facendo compromessi con il regime totalitario
e grazie alla sua illustre discendenza, essendo nipote di Nicolae Iorga, ha potuto
409
viaggiare liberamente all'estero, riuscendo a condurre le sue ricerche anche negli
archivi e nelle biblioteche veneziane e italiane. In conclusione, la bibliografia
riguardante prettamente
і
rapporti politici, commerciali e culturali romeno-veneziani
nel
XVII
secolo è, dal nostro punto di vista, poco consistente, e chiarisce soltanto
pochi aspetti della questione. Le fonti veneziane pubblicate in Romania, in un arco
di tempo che va dal
1878
al
1915,
riguardano maggiormente
і
rapporti politici
romeno-veneziani, mai analizzati fino ad allora in un libro specialistico, ma tali
pubblicazioni devono essere completate con le nuove informazioni tratte da altri
fondi archivistici inediti
о
poco noti nella storiografia romena, vale a dire dalle carte
delle magistrature degli Inquisituri di Stato, del Consiglio deiX, dei Cinque Savi
alla Mercanzia e del bailaggio di Costantinopoli. In conclusione, il nostro lavoro
si propone di utilizzare tutte queste nuove fonti, di sintetizzare e confrontare le
informazioni e di offrire, in base alla bibliografia e ai documenti editi e inediti,
un'immagine la più completa possibile dei rapporti politici, commerciali e
culturali romeno-veneziani durante il
XVII
secolo.
I. I
rapporti politico-diplomatici fra
і
Principati Romeni e Venezia
nell'ambito delle relazioni internazionali del
XVII
secolo
L'autore colloca
і
rapporti politici romeno-veneziani nell'ambito delle relazioni
internazionali, rilevando che l'interesse della Repubblica di Venezia ad una fattiva
collaborazione con
і
Principati Romeni si manifestò soltanto durante il lungo periodo
di conflittualità tra la Serenissima e l'Impero Ottomano, vale a dire nel periodo della
Guerra di
Cândia.
I
romeni, che aspiravano a liberarsi dall'egemonia della Porta,
cercarono in Occidente quel sostegno politico-militare che permettesse loro di
realizzare quell'obiettivo.
I
principi romeni Matteo
Bassarab,
Basilio
Lupu
e
Mihnea
III Radu,
compresero che Venezia sarebbe stata in grado di sostenere, soltanto da
un punto di vista logistico e materiale, le campagne
antiottomane
intraprese da una
auspicabile coalizione cristiana, giacché erano consapevoli del fatto che la
Serenissima era, nel
XVII
secolo, una potenza di secondo piano nel panorama
europeo. A causa delle esitazioni di Venezia, che non prese mai impegni precisi di
collaborazione bilaterale in chiave antiottomana,
і
Principati Romeni si rivolsero,
nella seconda metà del Seicento, a quelle potenze che puntavano al controllo dei
tenitori europei della Porta, vale a dire l'Impero degli Asburgo, la Russia e la Polonia.
1.
1.
Rapporti diplomatici e contatti politici a carattere formale
I
rapporti politico-diplomatici abituali, che, per la parte veneziana, erano gestiti
dal
bailo
di Costantinopoli, furono per lo più formali e spesse volte senza esiti e
obiettivi precisi. Fra gli obiettivi perseguiti dai veneziani vi furono il reclutamento
di
mercenari
e l'acquisto di cavalli nei Principati Romeni, che tuttavia andarono
410
incontro al fallimento a causa del mancato assenso degli Ottomani e per lo scarso
impegno dei principi romeni. Comunque,
і
tentativi dei veneziani dettero inizio,
negli anni venti e trenta del
XVII
secolo, ai negoziati con
і
principi
Radu Mihnea,'
Alessandro
Iliaş,
Matteo
Bassarab,
per
і
quali il
bailo
si avvalse della collaborazione'
di alcuni sudditi della Serenissima: il mercante cretese Costantino Battista Vevelli,
il bergamasco Bartolomeo Locadello e alcuni personaggi
originari
di Ragusa.
Radu
Mihnea, più volte principe di Valacchia
(1601-1602, 1611-1616, 1620-1623)
e di
Moldavia
(1616-1619,1623-1626),
e suo figlio Alessandro il Giovane, che regnò
in Valacchia
(1623-1626)
e in
Moldavia
(1629-1630),
furono tra
і
principi romeni
che ebbero
і
più ampi e duraturi rapporti con Venezia, più per l'amicizia che
coltivarono con
i baili
della famiglia Nani che per la rilevanza della loro politica
estera. Nella sua infanzia,
Radu
Mihnea
(1586-1626)
abitò prima del
1594
a
Murano, nell'abitazione della zia Màrioara, e a Venezia in casa del patrizio Silvano
Cappello. Anche il principe di
Moldavia Basilio
Lupu
(1634-1653)
e il principe
valacco Matteo
Bassarab
(1632-1654)
ebbero rapporti cordiali con il rappresentante
diplomatico veneziano a Costantinopoli.
Basilio
Lupu
fece regolarmente da
intermediario nella spedizione della corrispondenza del
bailo
all'ambasciatore
véneto
a Vienna e a Varsavia. Anche Costantino
Brâncoveanu,
principe di Valacchia
(1688-1714),
assicurò la spedizione della corrispondenza del bailaggio di
Costantinopoli all'ambasciatore veneziano a Vienna. Oltre a questi, si riscontrano,
nella storia dei rapporti diplomatici romeno-veneziani, assai più episodi di pura
convenzionalità, consistenti in scambi di messaggi protocollari, corrispondenza
intenta a mantenere 'Viva l'affezione e la buona volontà" delle parti, visite di cortesia
di vari inviati e messaggeri dei principi di
Moldavia o
di Valacchia al bailaggio
véneto,
con il solo fine di presentare
і
loro saluti e omaggi al
bailo
e "la sincera
devozione" per la Serenissima Repubblica. Nel Seicento vi
m
anche un ex principe
di Valacchia ricevuto con tutti gli onori nella città lagunare; si tratta di
Gregorio
Ghica
(1660-1664,1672-1673),
che soggiornò nella città di S. Marco dal settembre
al novembre
1671,
e che poi si recò a Costantinopoli per riprendere il trono valacco,
nientre la sua famiglia rimase ancora per un certo tempo ospite a Venezia.
L
2.
Progetti di alleanza antiottomana e trattative di collaborazione
Politico-militare
Due sono gli episodi che ebbero come obiettivo l'aggregazione di una larga
coalizione cristiana antiottomana, con la partecipazione comune dei Principati
Romeni e di Venezia.
Nel periodo
1645-1647,
l'ambasciatore straordinario Giovanni Tiepolo si
Prodigò, durante la sua missione diplomatica a Varsavia, per ottenere la
Partecipazione dei polacchi alla coalizione antiottomana che doveva riunire, oltre
alla Polonia, anche Valacchia,
Moldavia
e
Transilvania,
con
і
sussidi finanziari offerti
dalla Serenissima. Il re di Polonia,
Ladislao
IV
Wasa,
abbracciò il progetto
411
veneziano e avviò trattative con il principe moldavo
Basilio
Lupu,
con quello
valacco Matteo
Bassarab
e con il transilvano Giorgio
Rákóczi
I,
concordando con
l'ambasciatore Tiepolo il piano militare in vista di una campagna offensiva in
territorio ottomano a sud del Danubio. Il Tiepolo era informato dal re, e da alcuni
dignitari di corte polacchi, circa l'andamento delle trattative con
і
principi romeni
ed ebbe personalmente contatti con gli inviati del principe moldavo. L'accordo
raggiunto tra l'ambasciatore
véneto
Giovanni Tiepolo e il re
Ladislao
IV
Wása -
mentre
і
principi di Valacchia,
Moldavia
e
Transilvania
si dichiaravano pronti ad
affiancare l'esercito polacco nella campagna contro la Porta
-
fu bocciato dalla
Dieta generale della nobiltà polacca, e l'agognata diversione antiottomana voluta
da Venezia nell'area del Basso Danubio andò in fumo. L'evoluzione dei negoziati
veneto-polacchi e la partecipazione degli inviati dei Principati Romeni sono
analizzate attentamente nel carteggio dell'ambasciatore Giovanni Tiepolo pubblicato
da Domenico Caccamo, mentre
і
documenti del tempo tratti dall'archivio del
bailaggio di Costantinopoli, pubblicati nella collezione Hurmuzaki, chiariscono
alcuni aspetti dell'atteggiamento dei principi
Basilio
Lupu
e Matteo
Bassarab
nei
rapporti con
і
rappresentanti diplomatici veneziani. Il fallimento del progetto della
coalizione antiottomana concluse un periodo di contatti diplomatici diretti
romeno-veneziani, che puntavano alla realizzazione di un obiettivo importante per
Venezia e per
і
Principati Romeni. Le trattative politico-diplomatiche fra
і
Paesi
Romeni e la Repubblica di Venezia puntarono nuovamente alla formazione di una
coalizione antiottomana negli anni
1658-1659.
Questa volta l'iniziativa fu presa
da
Mihnea III Radu,
principe di Valacchia
(1658-1659),
il quale cercava alleati
disposti a partecipare alla guerra contro la Porta, e Venezia, allora da più di un
decennio in conflitto con gli Ottomani, risultava direttamente interessata a
sostenere un simile progetto contro il suo nemico. Mihnea
III Radu
aveva capito,
insieme con Giorgio
Rákóczi
II,
che le possibilità dei Principati Romeni di resistere
con successo alla prepotenza della Porta dipendevano dal sostegno di alcuni stati
occidentali, quindi inviò una prima ambasceria a Vienna, a Venezia e a Roma, per
chiedere l'aiuto della Cristianità occidentale contro l'Impero Ottomano. Così,
nell'estate del
1658,
il francescano osservante Gabriele Thommasy, inviato di
Mihnea
III Radu,
consegnava le lettere ufficiali del principe di Valacchia,
contenenti le richieste di sostegno militare
о
materiale, ai consiglieri imperiali a
Vienna. Il Thommasy poi giunse a Venezia, dove fu ricevuto dal Collegio in presenza
del doge, quindi lasciò la città lagunare per conferire a Roma con il pontefice
Alessandro VII. Gli esiti della missione del Thommasy furono minimi: né
l'imperatore, né Venezia, né il papa spesero più che semplici parole di
incoraggiamento e complimenti a Mihnea
III Radu,
rassicurandolo soltanto del loro
sostegno morale. Gabriele Thommasy fu presente a Venezia, in qualità di inviato
del principe di Valacchia, nell'agosto
1658
e di nuovo alla fine di novembre e nel
dicembre dello stesso anno, di ritorno da Roma alla fine della sua missione. Una
nuova ambasceria del principe di Valacchia seguì nel
1659-1660
lo stesso
412
itinerario, passando per Vienna, Venezia e Roma, ma
і
risultati conseguiti furono
gli stessi, vale a dire parole generose e prive di sostanza e nessun sostegno militare
о
logistico. L'inviato di Mihnea
III Radu
e di Giorgio
Rákóczi
II,
il francescano
osservante
Gregorio
di
Kiprovač,
fu ricevuto dal Collegio nel novembre
1659,
quindi si recò a Roma per un'udienza col pontefice Alessandro VII. Di ritorno da
Roma,
Gregorio
di
Kiprovač
fu di nuovo ricevuto dal Collegio il
21
febbraio
1660,
ma la sua missione era ormai un fallimento. Mentre il francescano proseguiva la
sua missione, Mihnea
III Radu
avviò la rivolta antiottomana e, seguendo l'esempio
delle gloriose campagne
antiottomane
di Michele il Bravo
(1593-1601),
nel
settembre-ottobre
1659
il suo esercito combattè con successo contro le truppe
ottomane. Ma la resistenza di Mihnea
III Radu
non durò a lungo, a petto della
schiacciante superiorità militare della Porta, e il principe abbandonò il trono,
ritirandosi in
Transilvania
nel novembre
1659.
Questi due episodi, che incisero notevolmente sui rapporti politico-diplomatici
fra
і
Principati Romeni e la Repubblica di Venezia, sono gli unici a oltrepassare
il limite delle consuete relazioni formali tra
і
rappresentanti diplomatici della
Serenissima e
і
principi di Valacchia e
Moldavia,
poiché l'obiettivo della
partecipazione comune ad un'alleanza antiottomana rese questi rapporti di una certa
rilevanza nel quadro generale della politica estera di ambedue le parti. Le
cosiddette "missioni" diplomatiche del francescano
Petar Parčević,
il quale nel
1650
e nel
1673-1674
si recò a Venezia e a Roma in nome di alcuni rappresentanti dei
cattolici bulgari e, a sua dire, anche in qualità di inviato dei principi di Valacchia
e
Moldavia,
furono in verità iniziative personali e non ebbero alcuna rilevanza per
le relazioni tra Venezia e
і
Principati Romeni. La compianta studiosa romena Maria
Holban ha dimostrato in modo convincente, contro la tesi sostenuta dallo studioso
bulgaro
Ivan Dujčev,
che le lettere ufficiali presentate dal religioso a Venezia e a
Roma, per giustificare il suo presunto incarico diplomatico, sono falsi stilati
probabilmente da lui stesso. Dunque, le iniziative private di
Petar Parčević,
anche
se in apparenza assumono una certa importanza per la storia dell'Europa Orientale
nel Seicento, non riguardano
і
rapporti politici e diplomatici romeno-veneziani.
И.
I
rapporti commerciali tra
і
Principati Romeni e Venezia in merito
all'evoluzione dell'economia-mondo in Europa durante il
XVII
secolo
Nell'Europa del
XVII
secolo, Venezia affrontò la dura concorrenza di alcune
Potenze commerciali e marittime quali Inghilterra e Olanda, che contendevano
ai mercanti veneziani il vasto mercato del Levante ottomano.
I
Principati Romeni
rappresentavano un mercato secondario per le merci occidentali, ma esportavano
cospicui quantitativi di materie prime. Venezia era interessata a conservare la sua
Posizione preminente su questi mercati dell'Europa Orientale, e la partecipazione
dei mercanti veneziani alla gestione dei rapporti commerciali tra la città lagunare
413
e le terre romene aumentò per tutto il Seicento, registrando uno sviluppo
notevole negli ultimi decenni del
XVII
secolo e all'inizio del
XVIII.
Si può
affermare, dunque, che
і
rapporti commerciali romeno-veneziani funzionarono,
nell'ambito dell'economia-mondo europea, secondo
і
parametri definiti dal
sociologo
Immanuel
Wallerstein:
gli scambi di merci tra Valacchia e
Moldavia,
da una parte, e Venezia dall'altra, si definiscono come rapporti commerciali tra
lo spazio romeno, alla periferia dell'economia-mondo europea, e quello veneziano
che, col tempo, scivolò dal cuore verso una zona semiperiferica. Le caratteristiche
di questi rapporti commerciali risultano perciò evidenti: mentre dai Principati
Romeni si esportavano materie prime, frutto di un'economia tipicamente
agro-pastorale, da Venezia si importavano nelle terre romene soprattutto merci
di lusso: prodotti tessili, vetreria, gioielli ecc.
II.
1.
Le vie del commercio fra
і
Principati Romeni e Venezia nel
XVII
secolo
Le reti viarie che collegavano
і
Principati Romeni alla città lagunare furono in
primo luogo quelle balcaniche, seguite come frequenza da quelle centro-europee.
Furono meno utilizzate dai mercanti le reti marittime, che collegavano il mercato
rialtino ai porti romeni sul
Mar
Nero e sul Danubio. La Porta controllava
saldamente nel
XVII
secolo il bacino
pontico,
per cui l'acceso dei vascelli
occidentali al
Mar
Nero era permesso saltuariamente e in condizioni precise dettate
dagli Ottomani, dunque la mancanza di sicurezza nei traffici marittimi indusse
і
mercanti a raggiungere l'area nord-danubiana tramite le strade balcaniche.
Comunque,
і
vascelli veneziani
о
stranieri che trasportavano merci caricate a Venezia
giungevano abitualmente a Costantinopoli, ma dal porto della capitale ottomana
si proseguiva verso
і
porti del
Mar
Nero e del Danubio, nella maggior parte dei
casi, con navi commerciali degli Ottomani
о
dei sudditi della Porta. Come ha
dimostrato Renzo Paci, nel suo saggio sul ruolo del porto di Spalato nelle
relazioni commerciali tra Venezia e
і
Balcani, lo scalo spalatino fu il centro di
transito principale per le merci che dal Levante e dalle terre romene venivano portate
a Venezia. Durante la Guerra di
Cândia,
il ruolo di Spalato diminuì notevolmente
e gli scali dell'Albania ottomana, soprattutto Durazzo, si sostituirono allo scalo
spalatino e la maggior parte del transito delle merci dirette al mercato rialtino passò
per questi porti controllati dalla Porta. Utilizzando le vie terrestri, la maggior parte
dei mercanti impegnati in traffici di merci tra Venezia e
і
Principati Romeni
ricorrevano al trasporto carovaniero molto
difíuso
nell'Europa Orientale e Centrale
(per le rotte che collegavano Venezia alle terre romene si vedano le
pp.
218-231).
414
II.
2.
Categorie
di merci e volume degli scambi
Le categorie delle merci e il volume degli scambi si desume dai documenti
del tempo. Il numero delle testimonianze e la frequenza con cui le varie merci
vengono menzionate permettono di stabilire una graduatoria dei prodotti più
richiesti sui rispettivi mercati, romeno (Valacchia e
Moldavia)
e veneziano. Inoltre,
le statistiche stilate all'epoca presso l'ufficio dei magistrati veneziani (i Cinque
Savi alla Mercanzia), alcune delle quali vengono utilizzate in questo lavoro per
la prima volta, consentono all'autore di stabilire
і
quantitativi globali annui di cera
importati dal Levante, ivi compresi, s'intende, anche quelli provenienti dalle terre
romene. In generale, l'uso critico e l'analisi comparativa delle fonti tratte
dall'archivio dei Cinque Savi, materiale finora poco noto
о
totalmente sconosciuto
alla storiografia romena e parzialmente anche a quella italiana, evidenzia aspetti
inaspettati nell'evoluzione degli scambi commerciali tra
і
Principati Romeni e
Venezia nel Seicento.
II·
2.1.
Merci esportate dai Principati Romeni a Venezia
Dalle fonti inedite elencate nella Bibliografia finale, le cui informazioni sono
confrontate soprattutto con
і
saggi di
N.
Iorga,
V.
Papahagi, AI.
Doboşi
e R. Paci,
risulta che le principali merci esportate dalle terre romene a Venezia furono le
seguenti:
Cera. Materia prima che giungeva in grossi quantitativi a Venezia, commerciata
in special modo da mercanti greci dell'Epuro,
о
della confraternita ellenica di S.
Giorgio a Venezia, e dai macedoromeni (aromeni) di Moscopoli (città dell'Albania
ottomana). Questa materia prima, acquistata dalla Valacchia e dalla
Moldavia, era
apprezzata a Venezia per la sua qualità e per la sua purezza. La cera grezza veniva
raffinata oppure, come si dice nelle fonti seicentesche, "biancheggiata" nelle
botteghe della città lagunare. Si può affermare, senz'ombra di dubbio, che le terre
romene erano tra
і
maggiori fornitori di cera grezza per la Repubblica veneziana
nella seconda metà del Seicento e nei primi decenni del
XVIII
secolo.
Pellami. Mercé che, al pari della cera, abbondava nei Principati Romeni ed
era richiesta sul mercato veneziano per la qualità superiore, unanimemente
riconosciuta all'epoca, così che circolava l'espressione: "pellami
bogdani",
vale
a dire moldavi. Lo spessore e la grandezza delle pelli che si ricavavano dalla
macellazione dei bovini romeni erano particolarmente adatti alla lavorazione dei
Prodotti che uscivano dalle botteghe della città lagunare.
Pesce e caviale. Formavano la terza categoria di merci provenienti dai
Principati Romeni e importate a Venezia grazie agli instancabili mercanti greci
e aromeni, ma anche per opera di cittadini veneziani
о
sudditi veneti. Si
^portavano soltanto storioni, pescati in abbondanza lungo il tratto romeno del
Danubio
о
alle foci del fiume, e caviale. La mercé, conservata in salamoia e caricata
415
in botti che rendevano possibile sia il trasporto marittimo, sia quello carovaniero,
veniva acquistata ad un prezzo conveniente nei Principati Romeni e si vendeva
con ottimo profitto a Venezia, come mercé di lusso destinata alle famiglie più
facoltose della città.
Bovini. Come mercé importata a Venezia dalle terre romene,
і
bovini vengono
menzionati soltanto in alcune fonti seicentesche, vale a dire nei resoconti di viaggio
о
negli scritti di alcuni personaggi che transitarono oppure soggiornarono, per vari
periodi, in Valacchia e in
Moldavia. Per
quanto il mercante bergamasco
Bartolomeo Locadello e il segretario fiorentino Antonio Maria del Chiaro
alludano all'invio di mandrie di bovini dalla Valacchia nella città lagunare, non
si trova alcun riscontro in merito alla veridicità di queste importazioni. Al contrario
і
documenti del tempo, conservati tra le carte dei Cinque Savi e negli archivi di
altre magistrature venete, menzionano l'importazione di bovini prevalentemente
dall'Ungheria, dal
Tirólo
e dalla Carinzia, e non vi è traccia di un commercio di
animali provenienti dalla terre romene. È comunque possibile che, saltuariamente,
si acquistassero bovini anche dalla
Moldavia
e dalla Valacchia, ma la meta
principale nell'esportazione dei bovini dalle terre romene erano
і
mercati della
Germania e anche il mercato di Costantinopoli.
IL
2. 2.
Prodotti veneziani importati nei Principati Romeni
Dalle fonti del
XVII
secolo, risulta che
і
mercanti impegnati nel commercio
di materie prime acquistate nei Principati Romeni importavano, nelle città
romene, alcune merci veneziane tipiche.
Tessile. Si trattava in genere di broccato, di velluto, di seta e di raso: merci di
lusso apprezzate dai principi, dalla loro corte e dalle facoltose famiglie della nobiltà
locale e dei mercanti più abbienti.
Basilio
Lupu
e Costantino
Brâncoveanu
mandavano appositamente
і
loro mercanti di fiducia ad acquistare, per loro conto
e per la corte principesca, stoffe pregiate e altri prodotti veneziani.
Vetrerìa. Categoria di prodotti importati nei Principati Romeni per accontentare
le necessità di una clientela particolarmente esigente. Si commerciavano prodotti
di uso comune, come lastre, bicchieri e tazze, oppure merci costose come specchi
e bicchieri dorati, lavorati nelle botteghe di Murano. Questi prodotti giungevano
nelle terre romene probabilmente su precisa richiesta dei clienti.
Carta. Si trattava di carta comune, ad uso dei mercanti e delle persone abituate
a comunicare per iscritto, ma soprattutto della cosiddetta "carta reale", destinata
alla cancelleria dei principi. Questi due tipi di carta erano importati dalla città
lagunare grazie ai soliti mercanti greci, aromeni e balcanici in generale,
probabilmente su richiesta precisa dei potenziali acquirenti.
Cosmetici, gioielli, medicinali e merci varie. Prodotti che trovavano un mercato
di acquirenti soprattutto fra le donne della corte e della nobiltà locale.
I
cosmetici
formavano la maggioranza delle cosiddette "merci minute veneziane", mentre
і
416
gioielli realizzati nelle botteghe della città lagunare erano particolarmente
apprezzati per la loro fattura, che li rendeva superiori, anche per il prezzo, ai
prodotti consimili, levantini e
transilvani.
Tra
і
prodotti medicinali che, nel
Seicento, da Venezia venivano importati nei Principati Romeni, le scoperte
archeologiche, sulla base delle capsule di piombo che sigillavano
і
recipienti,
annoverano il ben noto "teriacum", medicinale universale preparato nelle farmacie'
veneziane: "Testa d'Oro", "Al Struzzo d'Oro", ecc.
II.
2.3.
Dazi doganali e altre tasse istituite sulla cera, il pellame, il pesce
e il caviale importati a Venezia
Riguardo ai dazi imposti sui prodotti veneziani importati nei Principati
Romeni, si conservano soltanto informazioni, a partire dalla fine del Seicento, nel
registro doganale di
Câineni,
in cui appunto sono menzionate "le merci minute
veneziane"
о
genericamente "merci veneziane", tassate con
333
monete ottomane
d'argento (asprì=ackce). Negli stessi registri doganali della Valacchia, sono
menzionate le tasse pagate per il pesce e per la cera, merci esportate sul mercato
della città lagunare. Nello scalo rialtino il sistema fiscale era meglio organizzato
e, per
і
prodotti importati dai Principati Romeni, si pagavano le tasse doganali
"d'entrata", mentre per quelli esportati in Valacchia e in
Moldavia
si pagavano
le tasse "d'uscita". Le tasse doganali per la cera e per
і
pellami subirono variazioni
dovute alla politica promossa dai Cinque Savi alla Mercanzia, per cui esse, in certi
Periodi della Guerra di
Cândia,
furono addirittura soppresse per incoraggiare
l'incremento dei commerci, crollati a causa del conflitto allora in corso. Anche
Per il pesce e per il caviale venivano pagate tasse doganali specifiche, calcolate
in base alla capacità delle botti. Per il trasporto marittimo, oltre a queste tasse, si
Percepivano la tassa d'ancoraggio. La tassa chiamata
"varea"
veniva percepita per
la quarantena e la disinfestazione delle merci che giungevano nei lazzaretti dei
Porti adriatici posti sotto il dominio veneziano. Tutte queste tasse venivano
Percepite in soldi per collo nel caso della cera, per barile nel caso di pesce
о
caviale,
Per pezzo nel caso dei pellami. Il trasferimento delle merci oltre l'Adriatico, dai
Porti della costa dalmata e albanese fino alla città lagunare, fruttava altre somme
di danaro pagate per ogni collo, botte
о
balla di mercé, mentre per
і
pellami si
contava la dozzina di pezzi.
·
3.
Aspetti
monetari
del commercio romeno-veneziano nel
XVII
secolo
1
rapporti commerciali romeno-veneziani nel
XVII
secolo si contraddistinsero,
^lle operazioni di compravendita dei prodotti destinati ai rispettivi mercati, per
uso prevalente di monete straniere, coniate mori dai territori delle parti coinvolte
417
nei traffici. Abbiamo messo in evidenza come, in ambito romeno, si manifesti una
tendenza a tesaurizzare la moneta veneziana, cioè lo zecchino d'oro unanimemente
apprezzato, per difenderne l'alto valore nei patrimoni delle famiglie abbienti, sia
di nobili, sia di facoltosi mercanti che gestivano
о
partecipavano direttamente ai
traffici. Di conseguenza, nell'area romena extracarpatica, le monete auree furono
tenute, per ragioni dettate dal risparmio, al di fuori del circuito commerciale. Oltre
alle consuete monete ottomane, chiamate aspri (turco: ackce) e utilizzate al tempo
stesso come moneta effettiva e moneta di conto, furono soprattutto
і
pezzi d'argento
ad avere circolazione diffusa in Valacchia e in
Moldavia, come
pure in
Transilvania.
Tali furono le monete d'argento coniate nelle Province Unite,
і
talleri chiamati
"olandesi", e
і
talleri imperiali, coniati in varie città della Germania e nei
possedimenti
ereditari
della Casa d'Austria. Queste erano monete con circolazione
molto alta nell'Europa Centro-Orientale e nell'area balcanica, per cui, durante il
Seicento, vi furono diverse emissioni di talleri imperiali e olandesi appositamente
destinate alle zone in cui il mercato era praticamente monopolizzato da questo
tipo di moneta. Un'altra moneta d'argento particolarmente apprezzata fu il reale
spagnolo, che quasi eguagliò
і
talleri olandese e imperiale per ampiezza della
circolazione nell'area romena e per l'utilizzo nell'ambito dei rapporti commerciali
romeno-veneziani durante il Seicento. La Repubblica veneziana approfittò della
possibilità di liberarsi delle monete straniere trattenendo il più possibile, entro
і
confini dello Stato, la circolazione della moneta aurea; incoraggiò quindi, per
і
pagamenti richiesti dai traffici di merci, l'uso del denaro d'argento e l'esportazione
massiccia di talleri e reali sul mercato ottomano, e in generale su quello Sud-Est
europeo. Di conseguenza, risulta del tutto naturale l'uso delle suddette monete
d'argento per le operazioni d'importazione ed esportazione delle merci nell'ambito
dei rapporti romeno-veneziani durante il
XVII
secolo.
II.
4.
Depositi
bancari
alla Zecca di Venezia appartenenti ai principi,
boiari e mercanti dei Principati Romeni
La prassi di preservare
i propri
risparmi in depositi
bancari
presso la Zecca di
Venezia, una delle più note istituzioni finanziarie statali del
XVII
secolo, fu
inaugurata in ambito romeno da un principe che, dal punto di vista familiare e
sentimentale, era assai legato alla città lagunare, ossia il già menzionato
Radu
Mihnea. Questi ebbe un deposito di quasi
20.000
zecchini, che fece aprire nel
1623
tramite alcuni collaboratori di fiducia; il tentativo di ritirare la somma dalla Zecca
suscitò tensioni ulteriori fra gli eredi del principe, ossia fra il figlio Alessandro
il Giovane e la figlia Caterina
Movilă,
e la Serenissima. La vicenda si protrasse
per alcuni anni, durante
і
quali le autorità venete sollecitarono dai figli di
Radu
Mihnea
і
documenti che comprovassero
і
loro diritti, finché fu approvata soltanto
la restituzione parziale del deposito, quando ormai a beneficiarne rimaneva la zia
418
degli eredi legittimi. Fu così che Erini
(Irene)
Minetti, moglie di Bartolomeo
Minetti, incassò una lettera di cambio del valore di
10.000
zecchini, ma la maggior
parte della somma andò nelle mani dei creditori veneziani della donna. Anche
alcuni mercanti che trafficavano merci veneziane e romene ebbero depositi
finanziari presso la Zecca veneziana, ma le somme depositate erano più contenute;
l'epirota Leondari Ghiorma (Ghionma), gran doganiere in
Moldavia
durante alcuni
anni del principato di
Basilio
Lupu,
deteneva nel
1642
circa
20.000
ducati veneziani
d'argento presso la Zecca della Serenissima. Nel
1684
correva la voce, a
Varsavia e a Vienna, che il defunto principe di
Moldavia,
Giorgio Duca, avesse
depositato una
grossíssima
somma presso la Zecca di Venezia, ma in seguito alle
verifiche effettuate dalle magistrature veneziane, tempestivamente avvisate
dall'ambasciatore della Serenissima a Vienna, si riuscì a stabilire che si trattava
di semplici voci senza effettivo riscontro.
Pană
(Panos)
Pepano, facoltoso
mercante valacco di origine greca, ebbe un deposito presso la Zecca di Venezia,
e così anche il suo correligionario Nikos Papa e l'aromeno Giorgio Castriota.
L'ospedale del Monastero di
Colţea
a Bucarest beneficiò di una donazione
depositata presso la Zecca e qui, nei primi decenni del
XVIII
secolo, ebbe un
proprio deposito amministrato da alcuni mercanti greci che erano impegnati nel
commercio fra
і
Principati Romeni e Venezia. Il romeno che ebbe il più grande
deposito bancario presso la Zecca di Venezia fu il principe Costantino
Brâncoveanu
(1688-1714),
l'uomo allora più ricco della Valacchia, provvisto di un vero e proprio
spirito imprenditoriale, che colse la possibilità di investire capitali nel commercio
gestito dai mercanti Nicolo Caragiani e Apostolo Manu. Il
Brâncoveanu
affidò
alla Zecca l'impressionante somma di circa
210.000
zecchini, divisa in tre depositi
(aperti negli anni
1698, 1700
e
1702)
per
і
quali furono incassati regolarmente
і
dovuti interessi, pagati nelle mani del suo rappresentante, Nicolo Caragiani.
L'interesse annuo pagato inizialmente per questa somma fu tra il
3,75 %
e il
5 %,
ma in seguito venne diminuito al
2 %.
Alla morte tragica del principe e dei suoi
%li maschi, giustiziati crudelmente nel
1714
per ordine del sultano ottomano,
l'intera somma passò all'unico erede legittimamente riconosciuto, il nipote
Costantino (III)
Brâncoveanu.
Quest'ultimo, con
і
suoi eredi, fu rappresentato a
Venezia dai seguenti "procuratori": Nicolo Caragiani, nel periodo
1720-1738,
e
suo figlio Leonardo, negli anni
1738-1746;
quindi
Simon Maruzzi (1746-1747)
e un suo parente,
Pană
Maruzzi, che nel
1760
era autorizzato ad incassare gli
interessi della famiglia
Brâncoveanu
presso la Zecca di Venezia.
HI. Rapporti culturali romeno-veneziani nel
XVII
secolo
1
rapporti culturali fra
і
Principati Romeni e Repubblica di Venezia sono meno
documentati nelle fonti del tempo e le informazioni a questo proposito sono assai
scarse. Un certo influsso veneziano si nota in Valacchia all'epoca di Costantino
419
Brâncoveanu,
grazie all'attività dei medici di corte laureatesi all'Università di
Padova e al fiorentino
Anton
Maria Del Chiaro, segretario del principe. Il filone
più importante di ricerca riguarda l'analisi dell'attività di quei personaggi e
dell'influenza, nella società romena del tempo, della cultura veneziana e italiana
in generale.
IH.
1.
L'influsso veneziano nella cultura romena del
XVII
secolo
L'influenza della cultura veneziana sulla società romena del
XVII
secolo si
manifestò soprattutto a livello dell'elite politica e intellettuale della Valacchia e
della
Moldavia,
poiché fu soprattutto dalla corte e dall'entourage del principe che
si irradiò nei Principati Romeni l'influenza della cultura occidentale. Venezia, il
più importante centro tipografico anche per la cultura in lingua greca, riforniva
abitualmente
і
Principati Romeni di libri di culto, direttamente importati dalla città
lagunare oppure acquistati sul mercato costantinopolitano. L'alta qualità espressa
dalle botteghe dei tipografi greci e veneziani, come
і
fratelli Glykis
о
Antonio
Bortoli, rispondeva alle esigenze dei principi di Valacchia e
Moldavia, per
cui
alcuni libri destinati alla corte valacca furono stampati nella città lagunare su precisa
richiesta di Costantino
Brâncoveanu.
Inoltre, l'influenza della cultura veneziana
si ebbe in area romena grazie soprattutto a coloro che, pur provenendo da quelle
terre
о
trovandovisi per lavoro, avevano studiato presso l'Università di Padova.
Il più grande erudito valacco del Seicento, Costantino Cantacuzeno, studiò filosofia
all'Ateneo padovano nel periodo
1667-1669.
Com'è noto, la sua matricola fu
scoperta e pubblicata da Lucia Rossetti, ma sulla personalità del Cantacuzeno vi
è una notevole bibliografia da cui emerge che, naturalmente, il percorso di studi
compiuto a Padova dal grande erudito romeno di origine greca ebbe un'importanza
determinante per la sua formazione intellettuale. Sui nomi di vari altri laureati
all'Università di Padova, che lavorarono in Valacchia e in
Moldavia come
medici
di corte
о
come docenti presso le Accademie di Bucarest e di
Iaşi,
si sono soffermati
Giorgio Plumidis e
Corneliu Dima-Drăgan,
e vi hanno accennato brevemente
anche Mario Ruffini e Andrei Pippidi, anch'essi sottolineando l'importanza degli
studi seguiti a Padova da questi personaggi. A Jacobo Pylarino
-
greco di Cefalonia,
ma suddito veneziano, laureato in giurisprudenza e in medicina a Padova
-
e ai
medici di corte che collaborarono con lui, si deve la fondazione del primo ospedale
istituzionale nell'area romena extracarpatica, vale a dire l'Ospedale del Monastero
di
Colţea
a Bucarest, fondato con il sostegno della famiglia Cantacuzeno, che seguì
il modello dell'Ospedale di S. Lazzaro dei Mendicanti a Venezia. Tracce
dell'influsso veneziano si notano, secondo gli studiosi romeni, anche
nell'architettura civile di fine Seicento e nella sistemazione di alcuni giardini
all'italiana nei quali erano immersi
і
palazzi principeschi e le grandi residenze
della nobiltà locale.
420
III.
2.
L'immagine di Venezia nella cultura romena del
XVII
secolo
L'immagine di Venezia si propaga nella cultura romena del Seicento grazie alla
cronachistica contemporanea e ai giornali dell'epoca. Ma
і
riferimenti alla storia
veneta
e alla Venezia del tempo sono abbastanza scarsi,
о
comunque brevi, poiché
il cronachista si dimostra spesso più interessato alle vicende interne ed oscura,
oppure ignora, la situazione internazionale che avrebbe permesso agli studiosi di
oggi di farsi un'idea più chiara del modo in cui veniva percepita nel
XVII
secolo
l'immagine della Serenissima. Nella società romena del tempo prevaleva la
convinzione che Venezia esprimesse la potenza e il lusso propri della classe politica
nobiliare che gestiva il potere in un modo, per così dire, collegiale
о
"democratico".
Il fatto che tra le più apprezzate merci di lusso si trovassero le stoffe
o i
gioielli
veneziani, e che la moneta più ambita dai risparmiatori fosse lo zecchino d'oro
veneziano, rivela chiaramente quale fosse l'immagine più comune di Venezia, e
non soltanto presso
l'élite
politica e sociale dei Principati Romeni, ma anche in
strati della popolazione più vasti. Su alcuni avvenimenti della storia di Venezia
si soffermarono
і
cronachisti moldavi
Gregorio
Ureche,
Mirón
Costin, Nicolae
Costin,
Ion Neculce
e Axinte Uricariul; anche l'anonimo valacco, autore della
cronaca
Letopiseţul Cantacuzinesc,
e
Radu Popescu
fecero riferimento ad alcune
vicende riguardanti la storia di Venezia, correlandoli con gli avvenimenti della
storia romena di cui principalmente si occupano. Infine anche
і
giornali a
stampa, che verso la fine del
XVII
secolo circolavano abitualmente in Valacchia
e in
Moldavia,
contribuirono in modo minore alla diffusione dell'immagine di
Venezia nell'area romena.
Ш.
3.
Aspetti della storia dei romeni individuabili in alcune opere della
storiografia veneziana del
XVII
secolo
Π
modo in cui, in alcune opere della storiografia veneziana del Seicento, sono
trattati gli avvenimenti riguardanti la storia dei Principati Romeni desta l'attenzione
dello storico romeno, perché riflette il livello di conoscenza del presente e del
Passato della Valacchia e della
Moldavia
in un ambiente ben informato come quello
veneziano. Grazie alla sua diplomazia, la Repubblica di Venezia cercava di venire
ш
possesso di quelle informazioni che fossero necessarie alla gestione sia della
Politica estera, che degli affari commerciali dello Stato e dei suoi sudditi, e questa
Propensione si nota anche in alcune opere della storiografia del tempo. Così, per
quanto riguarda la storia dei romeni, le opere in cui l'autore ha beneficiato di
^formazioni di prima
mano,
provenienti da fonti diplomatiche
о
dalle carte delle
magistrature venete, si possono distinguere dai libri che mescolano voci e
notizie raccolte dai giornali dell'epoca, spesso propensi a sopravvalutare gli aspetti
che attiravano il lettore per la loro spettacolarità
о
per l'esotismo. Tenendo di conto
421
di queste due categorie di opere della storiografia
veneta,
attenti a
discernere
la
veridicità degli eventi storici dalle esagerazioni e dagli errori, abbiamo analizzato
alcuni libri che ritenevamo rilevanti, riproducendo abbondantemente dall'originale
і
passi che fanno riferimento alla storia dei romeni. Le opere analizzate
appartengono ai seguenti autori: Alessandro Zilioli, Maiolino Bisaccioni, Giovanni
Battista Nani, Girolamo Brusoni, Orazio Torsellini,
Andrea Valier,
Casimiro
Freschot, Nicolo Beregan e Michele Foscarini.
Conclusioni
II presente lavoro, analizzando molteplici fonti edite e inedite, e la bibliografia
aggiornata sull'argomento, si ripromette di offrire la prospettiva più completa
possibile dei molteplici rapporti politici, commerciali e culturali intercorsi tra la
Repubblica di Venezia e
і
Principati Romeni (Valacchia e
Moldavia)
nel corso
del
XVII
secolo. L'autore, per la prima volta, cerca di analizzare e di confrontare
un gran numero di fonti del tempo, tenendo di conto della bibliografia a tutt'oggi
disponibile, per offrire un'immagine coerente dei rapporti romeno-veneziani a
lungo ignorati
о
poco noti nella storiografia europea. Il presente lavoro, frutto delle
ricerche svolte principalmente negli archivi e nelle biblioteche veneziane,
chiarisce numerosi aspetti non privi di importanza per la storia delle relazioni
internazionali nel Seicento, e restituisce all'attenzione degli studiosi interessati
pagine di una storia mai scritta, quella risultante dalle informazioni finora
ignorate e tratte dalle fonti di archivio. Il lavoro rappresenta un importante passo
in avanti per la migliore conoscenza del passato comune all'Occidente e
all'Oriente europeo e degli influssi tra culture e civiltà in epoca moderna.
422 |
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